Mon Oncle di Jacques Tati torna al cinema restaurato
Jacques Tati torna al cinema con quattro capolavori senza tempo, inaugurati dal Monsieur Hulot di Mon Oncle
[quote cite=”Jacques Tati, 1957]”La risata nasce da una certa assurdità di fondo”[/quote]
Vero, oggi come alla fine degli anni 50, quando la sapiente leggerezza e ingenua anarchia del Monsieur Hulot diretto e interpretato da Jacques Tati, faceva sorridere degli automatismi della società capitalistica e dei tic della modernità, sedotta da confort inutili e ritmi incessanti.
Oggi, che salutiamo vincitori e vinti della 69ª edizione del Festival di Cannes, mentre Mon Oncle di Jacques Tati, vincitore del Gran Premio della Giuria della 11ª edizione e dell’Oscar per il miglior film in lingua straniera, si prepara a tornare in sala, 58 anni dopo la prima uscita, restaurato anche nell’approccio comicamente garbato alla poetica della lentezza e dell’incontro con l’altro, ideali a combattere ritmi alienanti e del disincanto, oggi più di ieri.
Il film è un lungimirante ed esilarante ritorno alla dicotomica contraddizione tra i ritmi del vecchio che resiste e del nuovo che avanza, agli antipodi della medesima città attraversata ‘con lentezza’ dallo zio prediletto del piccolo Gérard (Alain Becourt), pronto a salvarlo dalla solitudine di una casa ipertecnologica, i riti quotidiani della madre servizievole (Adrienne Servantie), i gesti banali del padre (Jean-Pierre Zolla) e ricco industriale Mr Arpel.
Uno zio anticonformista, incuriosito dalla tecnologia, ma capace di testare con logica la futilità di automatismi che replicano in modo ‘macchinoso’ quello che possiamo benissimo fare senza di loro, soprattutto senza dover rinunciare ad indipendenza, individualità, vitalità e poesia.
La vitalità decisamente poetica che fa cinguettare uccellini in gabbia (noi?), ogni volta che il riverbero del sole li colpisce, attraverso il riflesso della finestra aperta dallo zio, capace di orchestrare una partitura gioiosa del quotidiano solo affacciandosi dalla sua casa incastonata nel vecchio quartiere popolare e pittoresco, animato da mercati, bistrot, musica e cani randagi.
Un quartiere concepito come perfetta antitesi di quello moderno edificato da case super-macchinose, fabbriche alienanti e mode spersonalizzanti, dove anche i sentieri sono tortuosi e progettati per allontanare, mentre nei giardini non si sa dove mettere i piedi.
Il piccolo e vivace Gérard adora suo zio e il modo nel quale gli insegna ad esplorare il mondo, in bicicletta o sul carretto dell’amico rigattiere, nel quartiere antico e vitale che fa inorridire i coniugi Arpel, con le sue gambe lunghe sempre in movimento, i pantaloni abbastanza corti la lasciare in vista le estrose calze a righe, la mimica quasi muta che lo eleva dal fragore del mondo, gli concede il tempo di riflettere, con la pipa in bocca, le mani sui fianchi, continuando a distinguerlo dalla folla in cappello e impermeabile e ombrello.
Un pessimo insegnate di vita, per i genitori ricchi e moderni del piccolo, al punto da spingerli ad allontanare Hulot, dopo diversi tentativi di uniformarlo alle loro logiche e le contraddizioni di ambienti che comunicano, mentre gli esseri umani, ridotti ad ingranaggi, cominciano a perdere la capacità di farlo.
La creatura di Jacques Tati resiste con garbato umorismo alla follia del mondo, i ritmi alienanti delle catene di montaggio e quelli alienati del traffico. Zio Hulot si concede il tempo di assecondare il corso delle cose, il temperamento, l’istinto, facendo eco all’entusiasmo del nipotino e dei bambini in generale, all’istinto dei cani con il bassotto di famiglia in cappottino tartan, capace di avventurarsi tra le contraddizioni della modernità e correre con i randagi della città vecchia.
Con una mimica che rinvigorisce la tradizione del comico ai tempi del muto, il compendio audio trasformato in linguaggio capace di comunicare a mondi inconciliabili e inquadrature minuziosamente curate, la visione di Tati, seppur nostalgica rispetto ai film successivi, continua a ricordarci con profonda e forse anche un po’ tragica ironica, come tutto quello che si propone di migliorare la nostra vita, allontanandoci dai ritmi della naturalezza, può trasformarci in buffe caricature di quello che ci proponiamo di essere o diventare.
Restaurato da Les Films de Mon Oncle, sarà Mon Oncle ad inaugurare il ritorno in sala di quattro capolavori dell’indimenticabile artista francese, con la rassegna “Omaggio a Tati” di RIPLEY’S FILM e VIGGO, a partire dal prossimo 9 giugno.
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Mon Oncle (Mio zio, Francia, 1958) di Jacques Tati. Interpreti: Jacques Tati (monsieur Hulot, zio di Gerard), Alain Bécourt (Gerard Arpel), Adrienne Servantie (madame Arpel, mamma di Gerard e sorella di monsieur Hulot), Jean-Pierre Zola (Charles Arpel, papà di Gerard), Lucien Frégis (nonsieur Pichard), Betty Schneider (Betty, la figlia della proprietaria di casa), Jean-François Martial (Walter), Dominique Marie, Yvonne Arnaud, Adelaide Danieli, Régis Fontenay, Claude Badolle, Max Martel, Nicolas Bataille, André Dino, Denise Péronne, Michel Goyot, Francomme, Dominique Derly, Claire Rocca, Jean Rémoleux, Mancini, Marguerite Grillières, e gli abitanti di Saint-Maur-des-Fossés. Di nuovo in sala in versione restaurata dal 9 giugno 2016 (l’elenco delle sale che aderiscono all’iniziativa è online) .
Mon oncle (Mio zio): Curiosità
Mio zio (Mon oncle) scritto, diretto e interpretato da Jacques Tati, è il terzo lungometraggio e il primo a colori della sua filmografia, è stato girato tra il 10 settembre 1956 e il 25 febbraio 1957.
Le riprese sono state effettuate negli Studios de la Victorine (ora Studios Riviera) di Nizza (villa degli Arpel), a Saint-Maur-des-Fossés (casa di Hulot) e a Créteil (fabbrica).
Il film prodotto da Specta Films, Gray Film, Alter Films, Cady Films e Film del Centauro è stato distribuito nel 1958 da Titanus – San Paolo Audiovisivi
Il film ha vinto il Premio Speciale della Giuria all’11º Festival di Cannes nel 1958.
Nel 1958 il National Board of Review of Motion Pictures l’ha inserito nella lista dei migliori film stranieri dell’anno.
Nel 1959 ha vinto l’Oscar per il Miglior film straniero.
Dopo il successo mondiale di Mon Oncle, nel 1960 Jacques Tati, con la collaborazione di Jean-Claude Carrière, scrisse il romanzo derivato dalla sceneggiatura di Mio zio, in cui il piccolo Gerard racconta in prima persona le avventure degli Arpel e dello zio Hulot, con le illustrazioni originali di Piero Cattaneo e un finale a sorpresa.
[quote layout=”big” cite=”Jacques Tati]”Molto tempo dopo, ricordo, tornai in quei luoghi, cercai la casa dello zio, il piccolo bar e i castagni. Ma non li trovai. Ero giunto troppo tardi. Domandai perché la piazzetta fosse scomparsa. La gente non seppe darmi una spiegazione precisa.”[/quote]
“Quasi tutti i miei film preferiti sono in bianco e nero. L’unica eccezione è Mon Oncle di Jacques Tati: trovo che i colori in quel film siano straordinari. […] Ha un senso dell’umorismo unico nel suo genere. Si focalizza sull’assurdità della vita, senza perdere il suo amore verso gli esseri umani.”
David Lynch
A giugno 2016 “Mon oncle” di Jacques Tati torna nelle sale a 58 anni dalla sua prima proiezione pubblica, nella versione restaurata da Les Films de Mon Oncle che conserva le opere del regista, con il restauro dell’immagine Arane-Gulliver e quello del suono L.E. Diapason.
L’iniziativa è parte di “Omaggio a Tati” progetto di RIPLEY’S FILM in collaborazione con VIGGO che riporta sul grande schermo i quattro capolavori che collocano il grande regista e attore francese direttamente tra Charlie Chaplin e Buster Keaton: “Mon Oncle”, “Playtime”, “Les vacances de Monsieur Hulot” e “Jour de Fete”.
Con il successo riscosso da “Mon Oncle”, tale da non impedire ai tre film successivi di essere finanziati con difficoltà, le quattro commedie sono entrate a pieno titolo nella storia del cinema, creando un immaginario che ha influenzato un’intera generazione di comici come Monty Python, Peter Sellers, Maurizio Nichetti e il televisivo Mr. Bean, insieme a registi del calibro di David Lynch, Wes Anderson, Roy Andersson.
Filmografia di Jacques Tati
Jacques Tatischeff, nato a Le Pecq nel 1907, ha diretto sei film, preceduti da alcuni cortometraggi:
“Oscar, campione di tennis” 1932; “Bruto cercasi” 1934; “Allegra domenica”
1935; “Soigne ton gauche” 1936 ; “La scuola dei postini” 1947 (cui seguirà “Cours du soir” nel 1967).
Giorno di festa (Jour de fête, 1949) alla Mostra di Venezia ottiene il premio come miglior sceneggiatura
Le vacanze di monsieur Hulot (Les vacances de M. Hulot, 1953)
Mio zio (Mon Oncle, 1958) è stato premiato con l’Oscar come miglior film straniero e con il premio speciale della giuria al Festival di Cannes
Tempo di divertimento (Playtime, 1967)
Monsieur Hulot nel caos del traffico (Trafic, 1971)
Il circo di Tati (Parade, film per la TV, 1974)
Tati termina la sceneggiatura di “Confusion”, ma il 4 novembre del 1982 muore.
Sono state ritrovate di recente le bobine di un film “Forza Bastia o L’isola in festa” girato da Tati nel 1978, in occasione della finale di Coppa d’Europa di calcio, cui per la prima volta era giunta la squadra corsa.
[quote layout=”big” cite=”Jacques Tati]”Certamente c’è una parte di me in Hulot, ma c’è anche una parte di tutti voi”[/quote]
Via | RIPLEY’S FILM – L’École du regard – Kinopoisk.ru