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Ma Ma – Tutto andrà bene: recensione in anteprima

Ritratto maldestro di una martire laica, Ma ma – Tutto andrà bene si attarda su svariate tematiche, passando con troppa disinvoltura dal personale al generale, tirando fuori un pasticcio

pubblicato 13 Giugno 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 10:23

Magda (Penelope Cruz) ha appena ricevuto una pessima notizia: ha un carcinoma al seno. Tuttavia la donna rientra in quel 70% di casi per cui il cancro non è mortale, anche se la guarigione le costerà un seno, non prima di sottoporsi a dieci sedute di chemioterapia. Il giorno della notizia Magda va a guardar il figlio Dani giocare a pallone; tanto di tempo ne ha, visto che è pure un’ex-professoressa ora disoccupata a causa della crisi. Sugli spalti del campo da gioco incontra Arturo (Luis Tosar), un osservatore del Real Madrid molto interessato a Dani. Una chiamata però interrompe bruscamente la loro conversazione: moglie e figlia di Arturo hanno avuto un incidente; la prima in coma, la seconda deceduta.

Ma Ma non fa sconti e spinge a tal punto il calcolo delle probabilità da montare uno scenario oltremodo costruito, finalizzato a quel maldestro messaggio finale che ci parla di una martire quantunque laica. Tanta, troppa la carne sul fuoco messa ad arrostire da Julio Médem, capace di costruire una prima metà di film in maniera talmente forzata che la seconda parte stenta all’inverosimile nel tenervi testa. Ecco perché non è tanto il messaggio a lasciare perplessi, ché anzi è difficile trovare film che abbiano il coraggio di confrontarsi col dolore e la sofferenza prendendosi sul serio; si resta interdetti dall’artificioso precipitare di svariate situazioni, uno sviluppo reo peraltro di parodiare uno scenario in cui ad unire più persone sono una serie di disgrazie.

Manco a dirlo, infatti, Magda ed Arturo legano, con questa figura a dire il vero inquietante del ginecologo/artista che è un po’ un membro aggiunto di questa famiglia allargata, il cui discorso cede sempre di più man mano che si arriva in prossimità dell’epilogo. La Cruz, per quanto generosa ed evidentemente affezionata a questa storia (non a caso è anche produttrice), si prodiga in una recitazione a tratti talmente forzata da acuire quel senso di irrealtà, che in svariati casi sfocia addirittura in un goffo surrealismo. Non aiuta certo, in tal senso, un montaggio la cui intuizione di alternare due piani temporali distinti mantenendone la progressione nella stessa scena appare per lo più alienante.

Ma Ma è impacciato in troppe occasioni, sia che intenda toccarci per via della pesantezza della vicenda, sia che, al contrario, intenda stemperarne i toni, come quando Magda lascia al marito che la sta tradendo un messaggio in cui dice: «Un bacio anche alla tua bionda. Ad ogni modo, io non sono più mora… sono calva». La recitazione non fa che contribuire all’impossibilità di entrare in una situazione così al limite, tra silenzi, pause inopportune tra un dialogo e l’altro, così come reazioni estemporanee in cui è quasi sempre la Cruz la protagonista (non ci si spiega infatti la sua candidatura ai Goya, se non per via della già citata e, questa sì, innegabile generosità).

Quando poi il discorso si sposta dal personale al generale, Ma Ma crolla. Già a fatica regge, se regge, questa situazione in cui un uomo e una donna accomunati dalle loro disgrazie si avvicinano ed imparano ad amarsi; integrare a questo la traccia mistica/metaforica non può quindi che rappresentare il colpo di grazia, uno di quei casi in cui l’iniezione del mistero funge più da vezzo che altro. Magda infatti rimane incinta di Arturo e la nascitura diventa più che una semplice ancora di salvezza. Non si può dire di più senza evitare di raccontare troppo, ma il video-messaggio che Magda manda alla figlia per quando sarà grande è un po’ l’emblema del pasticcio al quale si assiste, e che in fondo condensa tutti i limiti del film.

Dopo essersi attardati su questioni come Dio, umanità, affetti, assecondando un tenore per lo più letterario, fatto di monologhi strappalacrime o uscite imbarazzanti, Ma Ma è ancora lì che aggiunge roba invece di anche solo provare a trarre le fila di quei discorsi che goffamente ha lasciato in sospeso. Così ecco servita, a conclusione, pure la strizzata d’occhio gay-friendly, anch’essa fabbricata sebbene con maggiore discrezione; per poi trovarsela alla fine, in maniera non meno artefatta rispetto pressoché a tutti i temi che tratta il film di Médem.

Ma Ma vuole essere troppe cose e dirne ancora di più. Un’ambizione a posteriori sconfinata, ben al di sopra delle possibilità di un ritratto così modesto, non di rado scomposto. Niente viene filtrato a dovere, ma ogni cosa ci viene sottoposta in modo rozzo, verrebbe addirittura da dire irrispettoso, se non altro per la superficialità che mostra nel maneggiare fattispecie così delicate. Dubito che una recitazione più controllata, meno teatrale per così dire, avrebbe contribuito più di tanto; così com’è però affossa ulteriormente una storia sbagliata raccontata in maniera ancor più approssimativa.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”3″ layout=”left”]

Ma Ma – Tutto andrà bene (Ma Ma, Spagna, 2015) di Julio Médem. Con Penelope Cruz, Luis Tosar, Asier Etxeandia, Teo Planell, Anna Jiménez, Elena Carranza, Nicolás De Vicente, Virginia Ávila, Javier Martos, Anabel Maurín, Silvia Abascal e Alex Brendemühl. Nelle nostre sale da giovedì 16 giugno.