Venezia 2016, La battaglia di Hacksaw Ridge: recensione del film di Mel Gibson
Festival di Venezia 2016: la storia vera di Desmond Doss, obiettore di coscienza dalla fede granitica. Ritorna così Mel Gibson dietro la macchina da presa dopo dieci anni d’assenza. La notizia è che la mano c’è ancora
Desmond Doss (Andrew Garfield) suscita un misto di scalpore e diffidenza allorché, arruolatosi volontario per fare il medico da campo nel corso della Seconda Guerra Mondiale, si rifiuta d’imbracciare un fucile. Chi è costui, che ritiene di poter fare a meno di un’arma mentre attorno a lui è il delirio, precludendosi la possibilità di difendere non solo sé stesso ma anche i suoi compagni?
Hacksaw Ridge racconta questa di storia, divenuta leggenda per più di una ragione; anzitutto Doss è a conti fatti il primo obiettore di coscienza nella storia dell’esercito americano. Ma soprattutto, e ciò gli valse il massimo riconoscimento militare, per avere salvato ben 75 vittime proprio ad Hacksaw Ridge: il tutto senza imbracciare alcuna arma. Dove sta Mel Gibson in tutto ciò? Che fine ha fatto il regista de La Passione di Cristo e Apocalypto?
Desmond Doss ha sempre dichiarato apertamente la propria fede e non si è mai preso alcun merito circa la propria impresa; quest’ultimo va riconosciuto a Dio, al quale, dopo ogni vittima tratta in salvo, chiedeva: «ancora uno Signore, lasciami salvare ancora un ultimo uomo». Gibson parte da lontano, ovverosia dall’infanzia di Desmond, segnata da un’istintiva violenza, che per poco non costò addirittura la vita del suo amato fratello; da allora il nostro non ha più smesso di pensare a quel quinto Comandamento.
Hacksaw Ridge segna quella che si spera essere essenzialmente una tappa, un modo per riprendere un discorso interrotto oramai dieci anni or sono. Un progetto, come si sarà a questo punto capito, incline al regista australiano, che però lo conduce non senza qualche compromesso. Mettendo da parte quella che da tanti verrà considerata nulla più che retorica, quando invece la fede è grossomodo quella cosa lì, follia per l’uomo, come per quei soldati e comandanti che hanno in odio Desmond per via della sua scelta radicale, equivocandola per il più becero dei motivi, cioè il presunto desiderio di sentirsi migliore di tutti loro.
No, non sono tanto le concessioni in tal senso, quanto una struttura ed un andamento che non riescono a dare appieno ragione del messaggio di fondo, come accaduto nei suoi due precedenti film, condivisibili o meno che fossero. Tale è la sproporzione tra le cruente scene di guerra, che Gibson gira a meraviglia, con un taglio classico, tipicamente hollywoodiano, e tutto il resto. Desmond incassa colpi, fisici o psicologici, ma va avanti imperterrito, alter Christus quale viene dipinto in questo film. Ci può stare. Ma non è un personaggio vivo abbastanza per dare ragione di questa sua profonda sofferenza, che emerge per lo più in maniera didascalica.
È vero che il cinema di Gibson non si è mai contraddistinto per la sua complessità narrativa, anche quando ha toccato tematiche complesse, ma in quei casi è sempre riuscito ad infondere quel quid capace di elevarli. Né contraria perciò che la prima parte sia un lungo preludio alla seconda, che, come da tradizione, è totalmente incentrata sull’azione tendenzialmente grafica ma d’effetto. Il tutto però rimane troppo patinato, sensazione che avvolge il cuore della trama, vanificandone almeno in parte i contenuti.
Certo, il cinema, noi spettatori, abbiamo tutti bisogno di parabole edificanti, di qualcuno che ci ricordi che le nostre miserie sono sempre poca cosa rispetto a quella Forza che ti rende migliore e lo fa in maniera soprannaturale. Desmond Doss, più che un eroe, è infatti questo: un supereroe. Sembrava il più pavido di tutti ed invece chi lo conobbe non ne trovò altre di persone altrettanto coraggiose in tutta la propria vita. Tutto talmente impeccabile che Hacksaw Ridge potrebbe addirittura avere qualche chance ai prossimi Oscar, salvo essere ancora vigente l’embargo ai danni di Gibson. Ma già questo dovrebbe apparire sufficiente per comprendere quanto in fondo l’ultimo suo lavoro abbia dovuto fronteggiare non pochi compromessi, alla base proprio. Nulla di male però: toccava ripartire, in un modo o nell’altro. E come “riscaldamento” Hacksaw Ridge rappresenta comunque una prova incoraggiante.
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[rating title=”Voto di Gabriele” value=”4″ layout=”left”]
Hacksaw Ridge (USA, 2016) di Mel Gibson. Con Andrew Garfield, Teresa Palmer, Luke Bracey, Sam Worthington, Hugo Weaving, Vince Vaughn, Rachel Griffiths, Richard Roxburgh, Nathaniel Buzolic, Ryan Corr, Matt Nable, Goran D. Klaut e Firass Dirani. Fuori Concorso