Roma 2016, Afterimage di Andrzej Wajda: Recensione in Anteprima
Un’indagine cinematografica sul rapporto tra dittatura ed arte, ideologia e libertà espressiva. Applausi alla Festa del Cinema di Roma per Afterimage di Andrzej Wajda.
Rimasto senza un braccio e senza una gamba sul campo di battaglia della 1° Guerra Mondiale, Strzemiński era un teorico dell’arte, un visionario che ebbe il coraggio di ribellarsi al regime comunista appena instauratosi in Polonia, difendendo con le unghie e con i denti la propria arte astratta dal ‘realismo socialista’ che il Ministero della Cultura aveva imposto. Mentre attorno a lui tutti, consapevoli dei devastanti effetti, cedono al diktat governativi di stampo staliniano, lui, stoico, rimane in piedi, sostenuto dalle stampelle del proprio credo artistico.
Inevitabili e fatali le conseguenze. Espulso dall’Accademia da lui fondata e da quell’Unione degli Artisti che l’aveva sempre visto tra gli iscritti, Strzemiński fu ridotto in povertà e in malattia, costretto ad arredare le vetrine dei negozi per poter sopravvivere. Perché se non lavoravi, nel comunismo, non mangiavi, non potendo comprare nulla in quanto privo di tessera alimentare. Sostenuto dalla matura figlioletta e dagli studenti a lui più legati che continuano a fargli visita, trascrivendo il suo libro testamento (Teoria della Visione), il pittore non accetta compromessi, morendo di stenti il 28 dicembre del 1952.
Un pugno nello stomaco più volte assestato al petto dello spettatore. Con Afterimage Wajda porta al cinema una triste pagina storica del proprio Paese, nel 1949 sovietizzato a tal punto da reprimere e censurare l’arte libera e anche solo lontanamente distante dalla realtà. Un ritratto, quello di Strzemiński, reso straordinariamente credibile da un intenso Bogusław Linda, attore feticcio del regista visto anche ne L’uomo di ferro, nominato all’Oscar® al miglior film straniero. Uomo integro, il suo Strzemiński, che preferisce la morte fisica a quella della propria arte, soffocata da un Governo che distrugge chiunque osi allontanarsi dal ‘realismo socialista’.
Un film emotivamente potente, fotografato con maestria da Paweł Edelman (c’è un’ondata di rosso staliniano da brividi in una delle prime scene) e diretto con eleganza dal regista premio Oscar alla carriera nel 2000, indagando il rapporto tra dittatura ed arte, ideologia e libertà espressiva. Struggente nella costruzione dei rapporti tra i protagonisti e storicamente fedele a quanto accaduto, Afterimage ricorda a tutti noi come sia l’arte a dover adattare la realtà alle proprie leggi, e non il contrario.
[rating title=”Voto di Federico” value=”7.5″ layout=”left”]
Afterimage (Polonia, 2016, biopic, drammatico) di Andrzej Wajda; con Boguslaw Linda, Aleksandra Justa, Bronislawa Zamachowska, Zofia Wichlacz, Krzysztof Pieczynski, Paulina Galazka, Maria Semotiuk, Mariusz Bonaszewski, Jacek Beler.