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Morgan: recensione in anteprima

Horror e distopia per Morgan, un film piccolo ma dalla confezione scintillante che però non riesce a far breccia

pubblicato 2 Novembre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 04:26

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In un laboratorio ben nascosto un gruppo di scienziati monitora i progressi di un progetto estremamente segreto: si tratta di un androide, ed in particolare di un modello ancora in via di sperimentazione. Morgan si apre con queste immagini catturate da una telecamera di sorveglianza, che registra un incidente: la ragazza inspiegabilmente sale sul tavolo ed infilza nell’occhio una delle dottoresse. L’episodio mette in discussione l’intero progetto e la multinazionale invia una persona di fiducia a verificare la situazione, una giovane, misteriosa consulente (Kate Mara).

Debutto per il figlio di Ridley Scott, qui in veste di produttore per il primo film di Luke. Morgan contempla quel tipo di fantascienza che s’interroga senza posa circa le implicazioni del cosiddetto progresso, immaginando scenari oramai sempre più verosimili. Nessun riferimento o quasi ad un possibile futuro: la vicenda si svolge in un’epoca pressoché identica alla nostra, come ci dicono le auto, i vestiti ed altri elementi abbastanza chiari in tal senso; quasi che, data la segretezza degli esperimenti, c’inducano a pensare che il domani è già oggi.

Due sono le anime di questo film d’esordio, che tenta di barcamenarsi tra l’indole da film indipendente, piccolino, e la sua confezione decisamente più blasonata. Genera una strana sensazione il tutto, poiché Morgan, salvo rari passaggi, non riesce a prendere il meglio dall’una e dall’altra vocazione. Personaggi pressoché anonimi, scritti in maniera ahinoi approssimativa, che vanno bene in un’opera che punta più al cult che al buon mainstream, cosa che di fatto è, ossia un film mainstream. Qua e là viene fuori il potenziale di questa storia, che pone dei quesiti non da poco, per quanto ampiamente dibattuti (e meglio) altrove: di cosa dobbiamo preoccuparci quando si parla della diffusione di androidi che somigliano in tutto e per tutto ad esseri umani? E se non sono umani, cosa sono? Con tutto ciò che ne consegue.

La risposta che paventa Morgan, o che comunque pare ritenere la più accettabile, è che non la forza di queste creature bensì la loro instabile coscienza li rende pericolosi. Purtroppo però il discorso tende a non approfondire tale questione, restando sempre in superficie, forse per paura di tediare lo spettatore, al quale in compenso viene consegnato un discreto quantitativo di violenza. Una violenza, è bene dirlo, per nulla fine a sé stessa e da cui anzi passa parecchio del senso di questo film; tuttavia troppo affrettati appaiono certi passaggi, che invece si prestavano ad una maggiore incisività (ripetere «terminare» in luogo di «uccidere» purtroppo non basta). Si prenda il colloquio tra Morgan ed il personaggio di Paul Giamatti: la scena cede a priori qualcosa nel suo consegnarci un personaggio evidentemente negativo, al che la chiacchierata che segue si riduce al mero preludio di ciò che, lo sappiamo, inevitabilmente accadrà. Eppure si tratta di un momento chiave, quello in cui si potrebbe finalmente capire qualcosa riguardo alla personalità di Morgan.

Poco può fare il twist finale, a dire il vero piuttosto telefonato. La logica delle multinazionali disumane non attecchisce quasi per niente, quantunque il discorso affascini ed abbia assolutamente un suo perché. Peccato, visto che, con una scrittura più attenta, Morgan avrebbe potuto offrire un contributo di diverso spessore. E no, il fatto che si punti all’intrattenimento non è limitante di per sé; solo, l’impressione è che bisognasse curare meglio la resa e le implicazioni di questo scenario, a partire da dei personaggi più interessanti, non meri comprimari in attesa di uscirsene con le proprie battute. In compenso è da tenere d’occhio Anya Taylor-Joy, già vista nell’ottimo The Witch quest’anno, anche se qui non esaltante ma non per particolari demeriti personali.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]

Morgan (USA, 2016) di Luke Scott. Con Rose Leslie, Kate Mara, Anya Taylor-Joy, Paul Giamatti, Boyd Holbrook, Toby Jones, Sam Spruell, Chris Sullivan, Jonathan Aris, Vinette Robinson, Charlotte Asprey, Conor Mullen, Michael Yare, Frank Cannon e Bobby Marno. Nelle nostre sale da mercoledì 9 novembre.