Il segreto: recensione del film di Jim Sheridan
Dramma in costume insapore, ai limiti del tedio, Il segreto di Jim Sheridan è tutt’al più la pessima copia del film che poteva essere
Rinchiusa in un manicomio irlandese da oltre quarant’anni, Roseanne McNulty (Vanessa Redgrave) si trova improvvisamente nella per lei improponibile situazione di dover lasciare quell’ospedale psichiatrico: il punto è che l’edificio è destinato ad altro, perciò ci si deve liberare entro la scadenza anche dei suoi inquilini. Tuttavia la storia di Roseanne è un po’ più complessa, il suo, a conti fatti, un caso irrisolto. Proprio quattro e passa decenni prima fu condotta in quella struttura poiché accusata di aver ucciso il proprio bambino appena nato; l’anziana donna, da par suo, ha sempre negato che le cose siano andate in questo modo e nel corso degli anni ha annotato la sua verità in quel Libro che si dice condensi la Verità per eccellenza, ossia la Bibbia. Ora il dottor William Grene (Eric Bana) è lì per far luce sul caso, ricostruendo la vita della paziente in parallelo con quanto annotato da Roseanne.
Non si può nascondere la delusione per un Jim Sheridan che gira un film così vetusto, in cui praticamente non ne azzecca una. Lui, nato a Dublino, prende una storia quintessenzialmente irlandese, ma i fasti di opere come Il mio piede sinistro o Nel nome del padre sono oramai un pallido ricordo. Fa specie come il contributo di Sheridan riesca a mortificare una storia così potente, girata con una mano oltremodo pesante. A priori c’è già una struttura di non facile gestione qual è quella del doppio binario, in cui si alterna presente e passato a mo’ d’investigazione; a gravare però su tale impostazione vi è proprio l’estrema difficoltà nel far procedere la narrazione, con una parte centrale, ambientata per lo più dentro una casa quando Roseanne è giovane (qui interpretata da Rooney Mara), in cui si rischia davvero di tramortire anche lo spettatore più volenteroso.Fosse tutto così grigio e pesante sarebbe facile farsene una ragione, tuttavia è proprio l’impressione costante che si stia assistendo ad una vicenda forte, dalle implicazioni significative, a rendere ancora meno tollerabile l’esecuzione. Cinema commerciale nell’accezione peggiore del termine, ossia quello che si colloca su una via mediana, tra il volersi relazionare a più gente possibile imponendo al tempo stesso ritmi e soluzioni frustranti. Tanto che l’enigma, se così vogliamo definirlo, finisce col passare in secondo piano, mentre si consuma la storia d’amore che è comunque centrale nel film ma di cui ad un certo punto si può dire non interessi granché.
Poco o nulla possono fare Mara, Redgrave e Bana, le cui performance subiscono a propria volta un andamento così paradossalmente distaccato. E dire che le intenzioni saranno state pure buone, dato che di materiale il soggetto ne offre abbastanza: di mezzo c’è la Chiesa Cattolica irlandese, l’Irlanda stessa dell’epoca, rappresentata come chiusa, ostile e violenta. Un realismo forte che però si perde a metà strada (ma pure prima temo) nel suo tentativo di farlo coesistere con la parabola edificante di una donna che fino alla fine resta a noi estranea, e non perché la si conosca poco o perché ambigua; semplicemente, non ci viene restituita per ciò che avrebbe dovuto essere alla luce della tremenda situazione in cui si è trovata.
Anche un problema di scrittura perciò, forse soprattutto, sebbene la sceneggiatura de Il segreto sia stata scritta a quattro mani, il cui risultato è palesemente più modesto rispetto all’ambizione da cui è mosso tale lavoro. Un esito che si coglie facilmente, senza bisogno di scomodare competenze o che so io: quella che è infatti una sensazione, alla fine si sostanzia nella fondata consapevolezza di un film che ha vanificato un racconto che evoca temi molto alti, tra cui la maternità, la Fede, il coraggio, l’ignoranza, tutte cose universali, alle quali dovrebbe perciò essere facile accedere a prescindere da dove e quando vengano collocate. Con in più la possibilità di dire qualcosa sull’Irlanda di quegli anni (i ’20), di come una cultura specifica, a certe condizioni, possa permettere che tragedie come quelle di Roseanne accadano, quand’anche fossero inventate.
Nulla di tutto ciò. Non basta la seppur divertente scena in cui un prete impone una maggiore distanza tra un ragazzo ed una ragazza che stanno ballando affinché «ci sia spazio per lo Spirito Santo», né i sensi di colpa di un altro sacerdote, non si capisce bene se per certe proprie pulsioni o per il male che queste hanno arrecato ad altri. Discorsi tutt’altro che articolati, poveri, in cui ci si limita a dire la cosa più giusta ergo non per forza la più veritiera. Che per giungere a tale conclusione tocchi finanche sorbirsi quasi due interminabili ore di dramma in costume sembra eccessivo.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”3″ layout=”left”]
Il segreto (The Secret Scripture, Irlanda, 2016) di Jim Sheridan. Con Rooney Mara, Vanessa Redgrave, Jack Reynor, Theo James, Eric Bana, Susan Lynch, Aidan Turner, Adrian Dunbar, Pauline McLynn, Aisling O’Sullivan, Tom Vaughan-Lawlor, Brian Fortune, Antony Acheampong e Omar Sharif Jr. Nelle nostre sale da giovedì 6 aprile 2017.