It: recensione in anteprima
Nella miniserie TV anni 90, la sezione dedicata ai ragazzini era di gran lunga la migliore. La versione cinematografica di Andy Muschietti la condensa in questa prima parte, che funziona un po’ da prologo per cose più forti che (speriamo) verranno. Nonostante quel che si pensi, il primo capitolo del nuovo It ci ricorda che storia meravigliosa e ‘mitica’ sia quella concepita da Stephen King.
Georgie lascia andare sul bordo della strada, lungo il fiumiciattolo che si è creato grazie alla pioggia torrenziale che si è abbattuta su Derry, la barchetta che il fratello gli ha appena sigillato. Il tutto scorre più o meno come la versione della stessa scena nella serie TV degli anni 90: la barchetta fila dentro un tombino, Georgie prova a prenderla, e sappiamo che non va a finire proprio benissimo.
Quello che il nuovo It mostra, rispetto alla versione precedente, è cosa effettivamente succede a Georgie. Tempi nuovi (e uno schermo più ‘grande,’ in tutti i sensi), si dirà. E però questo dice già anche molto su ciò che il pubblico si aspetta da questa prima versione cinematografica di It. Che è tra i capolavori di Stephen King, nonostante qualcuno faccia da tempo il bastian contrario.
It, e ovviamente la figura del pagliaccio danzante Pennywise, è già mito: alla stregua di Dracula, il mostro di Frankenstein, e i ‘recenti’ e a lunga serializzati Freddy Krueger e Jason Voorhees. La storia di It, meravigliosa, è già essa stessa leggenda. It è un coming of age perfetto, una semplice e straziante metafora del passaggio all’età adulta e della perdita dell’innocenza, ma anche un feroce ragionamento sulla violenza nella periferia americana.
Gli spunti che la storia di Stephen King regala ancora oggi continuano ad appassionare il pubblico, che ha un po’ la sicurezza di trovarsi di fronte a qualcosa di spaventoso, di atavico. Con le sue paure e il suo insieme di stimoli, It è sinonimo di un certo tipo di esperienza (cinematografica, in questo caso) ben precisa. A suo modo, è anche già pietra di paragone per tutti i generi e sottogeneri che rappresenta.
Il difetto più grande, almeno per chi con It – libro e miniserie TV – ci è cresciuto, è che le informazioni ricevute dal film di Muschietti sono tutte attese e anticipate. Se da una parte è questo che gli aficionados si aspettavano da anni, dall’altro si ha un po’ l’impressione di assistere a un prologo di cose più sorprendenti che verranno. O almeno si spera… Ma l’idea di avere una parte con adulti più forte di quella coi bambini, lì dove nella miniserie succedeva proprio il contrario, è allettante.
Più Stand By Me che Stranger Things, il nuovo It è un’attenta operazione di equilibrio. Non è necessariamente sintomo di compromesso a tutti i costi. Certo: quella scena lì, quel famoso rito di passaggio sessuale che ha fatto discutere i lettori sin dalla prima ora, non la troverete nel film. Non c’era neanche nella versione TV: va bene così. Se il tutto va abbastanza col pilota automatico, bisogna anche ammettere che queste quasi due ore e venti volano via che è un piacere.
Sarà anche grazie a un gruppo di attori giovanissimi a cui ci si crede sempre, e anche grazie a una sceneggiatura che – meno male! – non rinuncia a dialoghi brillanti. Non rinuncia manco a un paio di idee piuttosto raggelanti, per chi è davvero in vena di spaventi e visioni da incubo. Ma la cosa migliore forse resta il personaggio di Beverly Marsh, allo stesso tempo centro del desiderio delle prime pulsioni sessuali dei suoi nuovi amici ma soprattutto il personaggio più completo, interessante, e indipendente di tutti.
Funziona a suo modo anche il clown malefico di Bill Skarsgård, effettivamente un po’ tutto sguardi meccanicamente minacciosi: nonostante questo però fa il suo dovere senza per forza sparire di fronte alla versione di Tim Curry. Funziona soprattutto quando meno te lo aspetti: fate attenzione quando viene visto da Mike tra i cespugli. Funziona anche meglio del gruppo di bulletti capitanati da Henry Bowers, qui personaggio un po’ sprecato in favore di un minutaggio più dedicato ai loser, ma comunque una figura sempre interessante nel suo essere ripugnante bullo e allo stesso tempo triste vittima di un meccanismo sociale più grande di lui.
La CGI è usata in modo piuttosto intelligente, e permette anche finalmente di portare sul grande schermo idee visive all’epoca della versione TV impossibili da immaginare. Ma nonostante il gore (copioso!), le spruzzate d’ironia macabra, le citazioni (ce ne sono a migliaia), gli jump scare e tutto il cucuzzaro che ci si può attendere da un’operazione del genere, il cuore pulsante di It è e sempre sarà Derry: dove orrore e omertà si sono abbattute senza pietà, e che tra 27 anni rivivrà un incubo. Solo un gruppo di 7 loser può fare qualcosa, e noi non vediamo l’ora di ritornarci, in questa cittadina già mitica del Maine.
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”7″ layout=”left”]
It (USA 2017, 135′ Horror) di Andy Muschietti; con Bill Skarsgård, Owen Teague, Jaeden Lieberher, Finn Wolfhard, Wyatt Oleff. Al cinema da giovedì 19 ottobre 2017.