Rampage – Furia animale: recensione in anteprima del film con The Rock
Un monster movie col freno a mano tirato, la paura di scottarsi si avverte eccome in Rampage – Furia animale. La non felicissima tradizione coi film tratti dai videogiochi ha infatti indotto a una certa prudenza, che però finisce col ritorcersi contro un film in cui a non convincere a pieno è proprio l’aspetto principe, ossia lo spettacolo
La minaccia viene dallo spazio, eppure gli alieni non c’entrano nulla. In realtà una multinazionale sta facendo degli esperimenti presso una piattaforma spaziale: quando lo spettatore “entra”, tuttavia, il danno si è già quasi del tutto consumato. Un topo è diventato grande quanto una tigre, distruggendo tutto; rimane una superstite, alla quale viene intimato però di recuperare dei campioni, diversamente a casa non ci torna. La dottoressa ci riesce, ma alla fine non tutto va per il verso giusto e sulla Terra non ci metterà comunque piede. A schiantarsi sul suolo terrestre tuttavia sono i campioni di quello strano agente patogeno, al cui contatto gli animali sviluppano un’aggressività fuori dalla norma e, sì, s’ingigantiscono a dismisura. Questo è Rampage, qui la premessa al videogioco, che vedeva il giocatore distruggere città degli USA proprio impersonando dei mostri.
Impossibile che Hollywood avesse potuto resistere al fascino di una corrente tornata in auge, vuoi per quella «teoria dei trent’anni», che ha visto gli ’80 (ora in lenta discesa) rapire i cuori di tanti, vuoi perché nel mondo globalizzato di oggi fare rete significa anche questo, rompere le catene rendono le nicchie tali. Da Pacific Rim, che mescola robottoni e mostri, a Kong, passando per il Godzilla di Garreth Edwards, il filone è stato di recente ripreso in svariate occasioni, va detto, con fortune alterne. Rampage, da par suo, ha essenzialmente un demerito, ossia quello di trattenersi; meno spinto di quanto fosse lecito aspettarsi, si avverte lo scrupolo nel non volersi esporre troppo, quasi che la cafonaggine, per così dire, non fosse in certi contesti un valore aggiunto.
Il primatologo interpretato da Dwayne “The Rock” Johnson è l’immancabile duro che funziona: lo metti lì, gli fai flettere i muscoli, calandolo in situazioni assurde, e lui è nel proprio elemento. Qui fa il veterano che, profondamente indignato per ciò di cui sa essere capace l’uomo, ha ripiegato sugli animali, quantomeno più sinceri e meno “sofisticati”. Non manca in tal senso la psicologia spicciola, con cui nell’ambito di certe produzioni si tende spesso e volentieri a risolvere le cose alla voce «food for thought»; qui di spunti in tal senso evidentemente ce n’è pochi, praticamente nulla, perciò chi s’aspettasse da Rampage il seppur maldestro slogan animalista rischierebbe di restare deluso (o rincuorato, a seconda). Nulla comunque che non fosse a propria volta in preventivo.
Tuttavia il rapporto tra The Rock ed il simpatico gorilla albino George un perché ce l’ha, ed in fondo larga parte del discorso passa da qui, da questa amicizia veicolata attraverso il linguaggio dei segni che lega i due, catalizzatore di buona parte degli eventi che contano nel film. Tutto viene fatto o non viene fatto in funzione degli obblighi che il dottore sente di avere verso la bestia, così come quest’ultima si rifà proprio all’amore verso il dottore per compiere l’immancabile cosa giusta.
La trama di Rampage è una di quelle che ti figuri agevolmente dopo le prime battute, ma che nondimeno accetti proprio perché è lo spettacolo ciò da cui vuoi farti rintronare strada facendo. E qui torniamo a quanto evidenziato poco sopra: tolto lo scontro finale, il film procede ad un ritmo sorprendentemente pacato; pacato per il tipo di oggetto che ci troviamo di fronte, s’intende. In una scala da zero a Transformers 2/3/4, il lavoro di Peyton si colloca grossomodo a metà strada, il che, a dirla tutta, alla fine della fiera pare un po’ pochino. C’è da capire chi si lamenta dell’eccesso, lo strabordare visivo di certi film caciaroni concepiti proprio per anestetizzare qualsivoglia tipo di pubblico, ma gira che ti rigira è da lì che certi progetti debbono partire per ritenersi “riusciti”, a patto ovviamente di non farsi prendere troppo la mano.
Ovviamente non mancano scene notevoli, uscite sopra le righe, e quanto Rampage cede in termini di spessore (secondo la logica fin qui evocata), senz’altro lo guadagna nella gestione di questi tre mostri, in particolare il lupo ed il coccodrillo, che ci vengono sottoposti col contagocce per buona parte del film, tanto che, quando finalmente quest’ultimo si palesa in tutto il suo splendore, quella panoramica a girare il suo lavoro lo fa. In fin dei conti, perciò, non si può nemmeno dire che si manca del tutto il bersaglio, sebbene però si rimanga con quel retrogusto tendenzialmente amaro, di occasione non dico mancata ma non sfruttata a pieno.
Jeffrey Dean Morgan interpreta un bel personaggio, molto convenzionale, che qualcosa aggiunge, ma non poi più di tanto. L’asse, come detto, è The Rock-Gorilla, ma ciò non è sufficiente a reggere in toto, tanto che quel «grazie per aver salvato il mondo» finale suona ancora più insincero del solito, se non altro perché l’impressione è che a malapena si sia evitata una strage di quartiere. È tutto un lavoro di scala, e quando non si riesce a suscitare la percezione che si stia lavorando appunto su larga scala, malgrado il soggetto e perciò la vicenda lo esigano, non può essere andata bene come ci si auspicava. A tal proposito si potrebbe pure fare un discorso sulle dimensioni a più riprese sfalsate di questi mostri, ma suppongo che tale disfunzione, qualora non fosse frutto di una nostra mera impressione, stia lì esattamente per questo motivo, ossia quale emblema implicito di ciò che a Rampage è venuto a mancare, anche se per poco. Insomma, non emenderà del tutto la rivisitazione in chiave contemporanea di Jumanji (chi potrebbe?), ma almeno riesce a farcelo dimenticare, fosse pure per poco.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]
Rampage – Furia animale (Rampage, USA, 2018) di Brad Peyton. Con Dwayne Johnson, Naomie Harris, Malin Akerman, Jake Lacy, Jeffrey Dean Morgan, Joe Manganiello, Marley Shelton, Breanne Hill, Jack Quaid, Joey Thurmond, P.J. Byrne e Matt Gerald. Nelle nostre sale da giovedì 12 aprile 2018.