Speciale Science+Fiction: incontro con Ruggero Deodato
Il Science+Fiction di Trieste propone alcuni incontri con autori di culto: una possibilità per il pubblico di fare direttamente domande a registi e scrittori che hanno a che fare (anche) con la fantascienza. Il primo incontro che Cineblog vi propone è quello con Ruggero Deodato, ovvero “Monsieur Cannibal”, come lo si definisce ormai da anni.
Il Science+Fiction di Trieste propone alcuni incontri con autori di culto: una possibilità per il pubblico di fare direttamente domande a registi e scrittori che hanno a che fare (anche) con la fantascienza.
Il primo incontro che Cineblog vi propone è quello con Ruggero Deodato, ovvero “Monsieur Cannibal”, come lo si definisce ormai da anni. Anche se a lui le etichette non piacciono. Simpaticissimo e disponibile (tra l’altro lo si può vedere anche in sala, appassionato come sempre), ha ripercorso, attraverso le domande degli organizzatori e del pubblico, un po’ la sua carriera e alcuni titoli fondamentali, come Cannibal Holocaust, la pellicola che il regista ha proposto, con la collaborazione di Nocturno, ieri sera…
Tu hai fatto qualche film fantastico, tipo I predatori di Atlantide…
Sì, sono anche entrato nel genere più fantastico. Però il mio cinema è più reale, anche se non amo molto le etichette: e quella che ormai mi hanno affibiato è l’etichetta “cannibal”…
Sappiamo che ti piace molto il genere comico, che in Italia però è ostico da affrontare.
Diciamo che per i film comici la figura più importante è appunto l’attore comico. Che quasi sempre comanda, e il regista deve sottostare a lui. Ho preferito abbandonare questo genere e comandare!
Che rapporti hai col fantastico?
Ho lavorato con Margheriti per quattro film. Comunque non è il genere che amo di più, come dicevo prima, perché sono più realista. Però ad esempio amo Blade Runner, che rappresenta assolutamente la società di oggi. Per quanto riguarda I predatori di Atlantide, realizzarlo fu un’esperienza stranissima: fui mandato allo sbaraglio, dopo una discussione col produttore a Cannes sul progetto, nelle Filippine, dove sono stato per quindici giorni in un palazzo senza che nessuno mi dicesse nulla. Stavo per avere una crisi di nervi, fino a quando non fu convocata una conferenza stampa e mi hanno fatto subito firmare il contratto per il film… Dopo però è stata un’esperienza piacevole.
E per quanto riguarda Minaccia d’amore (Dial Help) e Vortice mortale (The Washing Machine)?
Sono orgoglioso di Dial Help, mi sembra buono. C’era Charlotte Lewis, la ragazza di Pirati di Polanski, e me la ricordo come viziatissima (mi ricattava ogni volta che le chiedevo di fare qualcosa dicendomi di andare a fare shopping!) ma simpatica. Però gli altri attori non erano bravi, soprattutto il protagonista. The Washing Machine l’ho girato a Budapest. Non era male… Era tratto da una pièce teatrale, ed era un thriller con tre protagoniste. E’ uscito solo all’estero perché il produttore non aveva soldi per farlo uscire qui in Italia…
Parliamo del tuo film più famoso: Cannibal Holocaust. A distanza di tanti anni, qual è il tuo rapporto con questo film?
Un rapporto bellissimo. Oggi grazie a quel film mi invitano dappertutto, però l’hanno capito dopo 27 anni! Hanno capito il mio messaggio, che era quello di andare contro i media, solo oggi… Gli Americani hanno approfittato molto di quel film, vedi l’orrendo The Blair Witch Project. E poi ultimamente mi hanno fatto vedere un film americano sui cannibali che era identico al mio! Mi hanno parlato del remake che avevano intenzione di fare, ma per problemi di diritti e copyright sembra non possano farlo. Però quel film di cui parlavo prima è già uguale identico a Cannibal Holocaust… ma come si fa?
Hai ribadito che a distanza di tanti anni il film è stato capito, ma all’epoca…
Sono stato snobbato completamente per due anni. Solo dopo mi hanno chiamato per fare I predatori di Atlantide. Però se penso a tutte le immagini che mandano Rai e Mediaset, ai telegiornali, com’è che Cannibal Holocaust è stato così vietato? E’ un film che ha dato molto fastidio. Ha avuto successo solo all’estero, soprattutto negli USA, quando è arrivato: è stato un boom.
Ci raccontavi che gli attori del film dovevano per contratto sparire per un anno.
Sì, all’epoca era un’idea diabolica. Però quando il Presidente del Tribunale di Milano mi voleva incarcerare perché pensava fossi un assassino che aveva fatto davvero uccidere i quattro attori principali, dissi subito a Luca Barbareschi di dire che era ancora vivo!
Se pensiamo ai giorni nostri, anche Diary of the Dead di Romero è un’accusa al mondo dei media.
Però oggi è facile farlo. Ricordo che all’epoca la gente addirittura di arrabbiò quando scoprì che il film non era vero. Soprattutto in Spagna, chissà perché.
Parliamo della colonna sonora del film: com’è nata la collaborazione con Riz Ortolani?
Amo molto il cinema di Gualtiero Jacopetti, soprattutto per le colonne sonore di Ortolani, le so tutte a memoria. Fu Jacopetti ad usare la contrapposizione tra scena violenta e musica dolce, e l’effetto è bellissimo ed emozionante. Cannibal lo feci vedere non musicato a Sergio Leone, e mi ricordo che mi disse che era straordinario ma che avrei passato tanti guai. Chiamai Ortolani per fargli vedere il film, ma non aveva tempo. Gli dissi che gli avrei fatto vedere solo uno spezzone, quello dei ragazzi: dopo averlo visto mi guardò male, ma mi disse che ero un genio. E mi fece la musica di corsa. Oggi ci vogliamo ancora un gran bene, anzi: ultimamente ho diretto per lui un dvd di un concerto orchestrato da lui e cantato dalla moglie sulle musiche di Nino Rota.
Che rapporti hai invece con La casa sperduta nel parco?
Stavo ancora montando Cannibal Holocaust e iniziai le riprese de La casa subito, per due settimane. E’ una pellicola che non è invecchiata per niente. E’ violentissimo, e rispecchia la società del tempo, in cui accadevano cose come il fatto legato ai ragazzi del Circeo… Il protagonista era David Hess, e ancora oggi ci sentiamo; mi chiama sempre con Skype. Lo prendo molto in giro, anche perché pare che sia l’unico a sopportarlo: Eli Roth lo odia, Castellari lo odia…
Cosa ne pensi della diatriba sul cinema italiano recente?
Sto male per la questione italiana. Un tempo negli incassi eravamo primi, oggi ci dobbiamo accontentare di un sesto posto. Ho visto La sconosciuta; forse può essere venduto all’estero e avere successo, però rispetto a molti altri film stranieri non ce la fa… Poi oggi si fanno film sui ragazzini in stile I ragazzi del muretto! Bisognerebbe parlare di noi, non solo della mafia, ma del nostro Stato. Mi piace Virzì, ma è un cinema che non può andare oltre l’Italia. Muccino ha avuto fortuna, ma dubito che La ricerca della felicità sia venuto come davvero aveva intenzione di farlo. Bisogna fare del cinema vero, e per ora io do ragione a Tarantino.