Venezia 2018, Una Storia senza Nome: Recensione del film di Roberto Andò
Micaela Ramazzotti protagonista del nuovo film di Roberto Andò, Una storia senza Nome, dal 20 settembre al cinema.
Due anni dopo il deludente Le Confessioni, Roberto Andò torna al cinema con Una Storia senza Nome, film presentato fuori Concorso alla 75esima Mostra del Cinema di Venezia. Un titolo difficilmente collocabile tra i generi che di fatto attinge dalla cronaca per poi prendere una strada coraggiosamente metacinematografica.
Alessandro Pes, interpretato da un giullaresco Alessandro Gassmann, è un acclamato e premiato sceneggiatore che da oltre un decennio, oramai, non scrive neanche una parola dei suoi applauditi script. Ad occuparsene, rimanendo dietro le quinte, è Valeria, segretaria di un produttore cinematografica alla disperata ricerca di un’idea, di una storia che possa diventare Cinema. Ad imbeccarla uno sconosciuto, un misterioso anziano signore che le racconta un fatto accaduto 50 anni prima, quando la Natività del Caravaggio venne trafugato la notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1969 dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo. Valeria, penna sopraffina, dà vita ad uno straordinario soggetto che scatena l’entusiasmo dei produttori e di un noto regista, dando involontariamente il via ad una serie di pericolose e imprevedibili conseguenze…
Una crime story con toni da commedia, con schizzi di realtà parlamentare, storia civile, critica politica e cinematografica. Una storia senza nome è tutto e niente, con Andò, ovviamente anche co-sceneggiatore al fianco di Angelo Pasquini e Giacomo Bendotti, autore di un sentito omaggio alla settima arte, vista come mezzo espressivo capace di investigare la realtà e di trascenderla.
Nei panni dell’indiscussa protagonista Micaela Ramazzotti, insostenibile gatta morta dalla voce altalenante costretta ad evolvere dopo aver scatenato un rischioso domino, affiancata da un ineccepibile Renato Carpentieri (a cui dovrebbero affidare una serie tv investigativa) e da una sagace Laura Morante, moglie di un illetterato ministro della cultura da lei letteralmente teleguidato (Renato Scarpa). Guest star negli abiti di un regista il grande Jerzy Skolimowski, con Alessandro Gassmann (dopo pochi minuti praticamente dimenticato) forzatamente cialtronesco nel dover dare credibilità ad un celebre sceneggiatore tutto stravizi, menzogne e cine-citazioni.
Un film nel film, quello scritto e diretto da Andò, una storia nella storia che procede tra inganni e rivelazioni, con tutti i protagonisti immersi in una duplice trama che fatica a trovare stabilità, equilibrio. Il cinema, in questo caso, diventa strumento di indagine, cavallo di troia per scoprire verità a lungo nascoste, intrecciando Stato e Mafia, misteri d’Italia, Oscar e Leoni d’Oro. Operazione ambiziosa, quella del regista, purtroppo fallimentare nel multiplo registro utilizzato, che vira al bianco e nero quando è la finzione a prendere il sopravvento.
Rimanendo costantemente in bilico tra commedia e giallo, Andò non agguanta mai un minimo senso di credibilità e di coerenza narrativa, scivolando lentamente verso un surreale finale che tramuta l’intera operazione in qualcosa di inspiegabilmente superficiale e grottesco.
[rating title=”Voto di Federico” value=”4.5″ layout=”left”]
Una Storia senza Nome (Ita, 2018) di Roberto Andò; con Micaela Ramazzotti, Renato Carpentieri, Laura Morante, Alessandro Gassmann, Jerzy Skolimowski – uscita in sala: 20 settembre