Roma 2018, Se la strada potesse parlare: Recensione del film di Barry Jenkins
Barry Jenkins adatta per il grande schermo l’omonimo libro di James Baldwin, scritto 45 anni or sono.
Due anni dopo aver inaugurato l’11esima edizione della Festa del Cinema di Roma con Moonlight, poi sorprendentemente premio Oscar come miglior film ai danni di La La Land, Barry Jenkins è tornato nella Capitale con la sua nuova fatica, Se la strada potesse parlare, tratto dall’omonimo romanzo del 1974 di James Baldwin.
Probabilmente travolto dalle proposte dopo aver vinto la sua prima statuetta, il 39enne Jenkins ha invece esaudito un sogno, ovvero adattare l’opera di Baldwin, da lui sceneggiata addirittura nel 2013. Un altro titolo ‘minore’, lontano da echi hollywoodiani e di fatto privo di attori celebri, nuovamente prodotto dalla Plan B di Brad Pitt, nel 2016 già al lavoro su Moonlight.
Ambientato nella Harlem degli anni ’70, If Beale Street Could Talk è una storia d’amore d’altri tempi, marchiata da un’ingiustizia che segnerà a vita i suoi protagonisti. Tish, 19 anni e un sorriso radioso, e il 22enne Alonzo, detto Fonny. I due si conoscono da sempre, sono stati amici per una vita, tra bagnetti in vasca e corse in strada, fino a quando quell’amicizia non si tramuta in altro. Indivisibili e follemente innamorati, i due cominciano a pianificare un futuro di coppia, se non fosse per un’accusa di stupro che Fonny non ha mai commesso. Ma viene comunque arrestato, con l’incubo ergastolo a pendere su entrambe le famiglie. Tish, incinta, fa di tutto per scagionarlo, per provare l’errore giudiziario, aiutata dal sostegno di una sorella e da due genitori che non le faranno mai mancare il suo affetto. Ma le settimane diventano mesi, la gravidanza si fa sempre più impegnativa e il futuro di entrambi assume i contorni di un incubo ad occhi aperti.
La ‘Beale Street’ del titolo originale è una strada di New Orleans, dove nacque Louis Armstrong, ma potrebbe essere una qualsiasi strada d’America in cui è venuto al mondo un afroamericano. 45 anni dopo la sua pubblicazione il romanzo di Baldwin è ancora clamorosamente attuale, nel rimarcare le ingiustizie quotidianamente vissute da chi è semplicemente nato con la pelle scura. Ma sarebbe riduttivo limitarsi a questo nel commentare lo splendido film di un autore che ha cementato il proprio stile, qui al servizio di un realismo sociale che si fa ode nei confronti un amore puro, abbagliante, travolgente.
Raramente, negli ultimi anni, si era visto in sala la genesi di un sentimento tanto dirompente ed emotivamente impetuoso. La prima parte di If Beale Street Could Talk è forse la cosa migliore che si sia vista in questo 2018. Con una delicatezza rara Jenkins segue i suoi due meravigliosi protagonisti, l’esordiente e sorprendente Kiki Layne e il 24enne canadese Stephan James, mettendo in scena l’esplosione di un amore, capace di resistere alle più ingiuste prove della vita. E’ la stessa Tish a raccontare la storia di entrami, con salti temporali che ricostruiscono un sogno trasformarsi in dramma, perché sotto la patina ‘rosa’ di un sentimento apparentemente indistrittubile si nasconde la denuncia sociale, l’ingiustizia che attanaglia, quel frustrante senso di impotenza che paralizza.
Accompagnato dalle splendide musiche di Nicholas Britell, tornato a lavorare con il regista due anni dopo Moonlight, Se la strada potesse parlare vive costantemente in bilico tra romanticismo e disperazione, speranza e ira, illusione e disincanto. Esteticamente magnetico, il film perde di intensità nella seconda parte, perché tendente al ridondante e al retorico, mentre tutti i suoi protagonisti continuano a regalare performance inattaccabili. Regina King, premiato volto di American Crime, punta agli Oscar grazie al ruolo di una coraggiosa madre che mai vacilla di fronte alle prepotenze che coinvolgeranno la sua famiglia, a dispetto di Aunjanue Ellis, mamma di Fonny a tal punto accecata dall’estremismo religioso da maledire il nipote in arrivo.
Come se fosse un complicato puzzle il film si ‘ricompone’ scena dopo scena, confronto dopo confronto, incorniciando un’opera dai tratti poetici in cui l’amore, a dispetto di qualsiasi abuso, può ancora vincere.
[rating title=”Voto di Federico” value=”8″ layout=”left”]
Se la strada potesse parlare (If Beale Street Could Talk, Usa, drammatico, 2018) di Barry Jenkins; con Dave Franco, Finn Wittrock, Ed Skrein, Regina King, Teyonah Parris, Colman Domingo, Aunjanue Ellis, Brian Tyree Henry, Stephan James, Faith Logan, Michael Beach e Dave Franco – in Italia con Lucky Red