Filmmaker 2018, The Image You Missed, recensione: cronaca di una rivoluzione (im)possibile
Uno dei film più importanti di quest’annata, denso e significativo come pochi, saggio di e sul cinema che straborda, The Imaged You Missed è anche la tenera indagine di un figlio alla ricerca del proprio padre
«Per me l’Irlanda è Dublino, per te Belfast». Dietro a questa affermazione si cela una profondità che si coglie solo a corredo di ciò che un film come The Image You Missed significa, a più livelli. Donal Foreman, il regista, si dichiara apertamente in disarmo rispetto alla propria epoca, un’epoca in cui le immagini sembrano aver perso consistenza per via del loro sovraccarico; ma anche un periodo in cui credere in qualcosa pare essere difficile come non mai, perciò veicolare una fede quale che sia, personale o per interposta persona, diviene atto fine a sé stesso, un po’ appunto pure per la propria incapacità, quantomeno indotta, tuttavia, da un contesto in cui si è sordi e ciechi alla realtà.
Proprio in merito allo statuto di realtà rispetto a quello di verità si consuma uno dei passaggi più brillanti del lavoro di Foreman, che seleziona immagini non sue, nel senso che non è stato lui a girarle, in cui due persone discutono a tal proposito; e si parla del passato in ottica del presente, si discute sugli strumenti attraverso cui leggerla ‘sta benedetta realtà, al che ognuno propone la sua, i due interlocutori non s’intendono, però, ecco, ci si pone il problema. Foreman inserisce questo rapido scambio con voce fuori campo, intuizione semplice ma efficace, che restituisce peraltro la lontananza di certo dibattere, oggi che, appunto, la realtà forse non significa più davvero nulla, soggetta com’è ad essere non indagata, bensì ricreata a propria insindacabile discrezione.
The Image You Missed si rivela opera importante a priori, proprio perché girata a quattro mani da padre e figlio, con quest’ultimo a raccogliere il testimone. In Arthur MacCaig Foreman non trova forse quel padre che gli è mancato (da cui l’immagine mancante al titolo), ma di certo trova il contraltare pressoché perfetto per un discorso che straborda cinema da ogni lato; nemesi e alleato al contempo, Arthur non è solo ispirazione bensì ostacolo, virus e rimedio, opposti che gli consentono di attardarsi su un argomento dal quale diversamente non sarebbe stato probabilmente in grado di cavare alcunché.
Arthur è stato a propria volta un prolifico documentarista, nato nel New Jersey ma di origini irlandesi. A un certo punto della sua carriera ha preso a cuore a tal punto la questione dell’Irlanda del Nord, dunque dell’Irlanda tutta, dei suoi rapporti storicamente conflittuali con la Corona inglese, da dedicare la sua vita alla causa. Di solito quando vengono girati film a sfondo politico ci si deve industriare non poco a non prendere le parti, salvo non volerlo fare esplicitamente (si veda l’altro film in Concorso, Waldheims Waltz), il che si traduce non di rado in un approccio maldestro, in cui emerge l’intento, la parzialità alla quale non si voleva da principio pervenire, non troppo apertamente. Niente di tutto ciò in The Image You Missed: a Foreman viene semplicemente naturale conseguire quell’obiettività che non è imparzialità, bensì lucidità, abilità nel vedere le cose per come sono, malgrado tutte le sacrosante influenze e gli ineludibili pregiudizi.
Come ci riesce? C’è un solo modo per approdare a tale esito, ossia essere autentici, che a sua volta non vuol dire essere necessariamente sinceri. L’autenticità è quanto di più raro al cinema, anche laddove si dice ciò che si pensa nel modo in cui lo si vuole dire; per questo la sincerità non basta, per questo fare un film, uno vero, significa spogliarsi senza che chi ti guarda quasi se ne accorga. The Image You Missed contempla l’intimo di un rapporto ridotto ai minimi termini, quello tra un padre e un figlio che quasi non si conoscono, in relazione però ad un fenomeno di ben altra portata e rilevanza, ossia il conflitto irlandese.
Non c’è modo di dire quale delle due dimensioni faccia da sfondo all’altra, semplicemente perché i due archi, quello intimo e quello storico, si compenetrano a vicenda dal primo all’ultimo fotogramma, restituendo la complessità di una rielaborazione estremamente personale e chiaramente sofferta, perciò stesso preziosa. Ma non è tutto. No, perché Foreman, a tal proposito sì consapevole ma fino a un certo punto, trova persino modo di approntare un discorso di altro tipo, essenzialmente teorico, rendendo il suo The Image You Missed a conti fatti un saggio oltremodo credibile.
Ci si sofferma sull’immagine (o forse le immagini, al plurale), ripercorrendone la Storia recente, anche qui con un piglio tutt’altro che accademico, anzi, proprio in quanto espressione di un ragionamento decisamente interiore, l’argomentare colpisce per come riesce a coniugare la chiarezza espositiva del colloquio informale con la profondità della speculazione un po’ più ardita. Una riflessione che parte dall’indagine, quella che ha come mira un familiare sconosciuto, per poi trasformarsi con mirabile naturalezza in un viaggio oserei dire epistemologico, di senso proprio, che riguarda tanto il metodo quanto l’oggetto, attraverso ricordi e pezzetti di vita vissuta, l’alternarsi delle tipologie di rivoluzioni, quella politica e quella dello sguardo (che è comunque politica, non si scappa).
Il Cinema come insufficiente a sé stesso, Cinema che appunto deborda, che, come una valanga, raccoglie detriti e li ingloba. Così, per dare un’idea di cosa sia questo strano oggetto che chiamiamo Cinema, non si può prescindere dal delineare, per quanto sommariamente, certi profili di chi lo fa, lo ha fatto o continuerà a farlo. Perché il Cinema si dimena sempre, pretende altro, non come un tiranno che mira ad assoggettare ma come un Imperatore che chiede ad altri, alieni all’Impero, di partecipare a qualcosa di grande insieme. Arthur voleva realizzare un film di finzione, un thriller romantico a sfondo (guarda un po’) politico; l’aveva praticamente scritto, ma poi non se ne fece nulla. Era soddisfatto di ciò che aveva combinato col tempo che gli era stato concesso, ma i documentaristi, si sa, non sono presi sul serio quanto i colleghi che fanno film di finzione, perciò il più delle volte finti, allorché volle cimentarsi, senza come detto riuscirci.
La recensione che lo rendeva più orgoglioso era quella al suo film forse più riuscito, senz’altro il più famoso, ossia The Patriot Game; un funzionario inglese disse che i premi ricevuti, ancorché giusti quanto ai meriti tecnici, non tenevano debitamente conto dei danni d’immagine che questo film potesse arrecare alla Corona. O qualcosa del genere. Il senso comunque è quello, ed Arthur ne era entusiasta, orgoglioso. Ecco, come spiegare oggi tale orgoglio? Il senso di The Image You Missed sta anche in un simile quesito, che ovviamente non può essere liquidato con un solo film, ma forse nemmeno con due. Perciò una delle immagini più potenti, nonché emblematiche, resta quella del padre di Donal, Arthur, ripreso un’ultima volta nel 2008, in un bar di Belfast. Senza alcun suono.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”9″ layout=”left”]
The Image You Missed (Irlanda/USA/Francia, 2018) di Donal Foreman. Concorso.