Creed II, la recensione: epica immortale da tramandare di padre in figlio
Sylvester Stallone ribadisce tutta la propria grandiosità, tanto recitativa quanto autoriale, in Creed 2, dal 24 gennaio al cinema.
Non solo un sequel di Creed, spin-off del 2015 campione d’incassi diretto da quel Ryan Coogler poi fuggito tra le braccia di Black Panther, bensì anche un sequel diretto di Rocky IV, più alto incasso di sempre della celebre saga (300 milioni di dollari) nel 1985 passato alla storia per una semplice battuta (‘Ti Spiezzo in Due‘). Creed II del 30enne Steven Caple Jr. è tutto questo e molto altro, tanto dall’aver ulteriormente ampliato l’ormai leggendaria e immortale epica della boxe cinematografica, nel 1976 diventata realtà grazie al primo indimenticato Rocky di John G. Avildsen, scritto e interpretato da Sylvester Stallone.
Proprio il 72enne Sly, che nel 2015 avevamo lasciato morente perché malato di cancro, con Golden Globe vinto e Oscar solo sfiorato, torna immancabilmente a toccare i guantoni da boxe, per l’ottava volta in 43 anni e in una saga che difficilmente potrebbe proseguire senza il suo volto gonfio e invecchiato, la voce profonda, lo sguardo malinconico, la saggezza di un uomo che si è fatto da solo, spaccando il cielo con un dito dopo esser partito dal niente. Perché Stallone è Balboa e Balboa è Stallone.
Adonis Creed, figlio illegittimo del grande pugile Apollo Creed, conquista la corona di campione del mondo dei pesi massimi, replicando quanto fatto dal padre negli anni ’80. Ma il doloroso passato della famiglia Creed riemerge dal nulla a causa di Viktor Drago, figlio di quell’Ivan Drago che uccise sul ring l’indimenticato Apollo, poi vendicato da Rocky in Russia al termine di un combattimento spettacolare. Viktor sfida pubblicamente Adonis, chiedendo a mezzo stampa un incontro. Creed, osteggiato da Rocky che non ha mai elaborato la morte di Apollo, deceduto tra le sue braccia, vuole combattere per riscrivere la storia della propria famiglia, vendicando quel padre mai conosciuto e diventare leggenda. Ma Viktor, esattamente come papà Ivan, è una rabbiosa macchina da guerra che non ha nulla da perdere…
Un vero e proprio ritorno alle origini, quello co-sceneggiato da Sylvester Stallone e Juel Taylor, che vede il roccioso Michael B. Jordan sempre più inserito all’interno di un franchise che potrebbe durare in eterno. Perché ci sarà sempre una sfida impossibile da vincere, un combattimento da dover affrontare a tutti i costi, un passato che ritorna, risorgendo dalle ceneri. Rimesso in piedi Rocky Balboa, miracolosamente guarito da quel cancro che nel primo capitolo sembrava non volergli dare scampo alcuno, Creed II fatica a carburare, perché Steven Caple Jr., nel 2016 regista di The Land, abbraccia famiglie, padri, figli, figlie, mogli, madri. Generazioni a confronto al cospetto della boxe, che si fa metafora di vita, ancora una volta, nonché straordinaria calamita emotiva.
L’eredità, genetica e sportiva, al centro di una trama che guarda con nostalgica sapienza ad uno dei capitoli più celebri del franchise, se non il più famoso dopo l’inarrivabile originale. Rocky IV. Dalla Guerra Fredda degli anni ’80 alle tensioni politiche di oggi, Dolph Lundgren torna a ritrarre Ivan Drago dopo quasi 35 anni, ritrovando Stallone sul ring e l’ex moglie Brigitte Nielsen, fuggita dopo quell’umiliante sconfitta casalinga. Il figlio Viktor, cresciuto senza madre e al fianco di un padre rancoroso e in cerca di vendetta, diventa così strumento di riscatto famigliare e nazionale.
Nel cast un altro ritorno a sorpresa, ovvero quel Milo Ventimiglia che avevamo visto nei panni del figlio di Rocky nel sesto capitolo del 2006, mentre Tessa Thompson torna nei panni di Bianca, Phylicia Rashad in quelli di Mary Anne, Wood Harris negli abiti di Tony ‘Little Duke’ Burton, Russell Hornsby in quelli di Buddy Marcelle e Andre Ward in quelli di Danny ‘Stuntman’ Wheeler. Florian “The Big Nasty” Munteanu è invece il gigantesco e taciturno Viktor. L’ovvietà, come sempre accade da 40 anni a questa parte quando si tratta di Rocky, è chiaramente inclusa, perché la prevedibilità del racconto, delle sfide da affrontare, è puntuale come la campanella del gong, eppure quando Steven Caple Jr. si lascia finalmente andare, liberando l’epica traccia musicale del titolo originale, Creed II riesce ad imporre l’inevitabile KO emotivo.
Coogler aveva amalgamato con maggiore forza e incisività una storia ricca di drammatiche sfumature, ma dietro le corde dell’immancabile ring anche in Creed II si possono scovare intime verità, tra senso di colpa e redenzione, oltre a quel rapporto genitoriale che torna ad essere centrale, incrociando generazioni e personaggi, buoni e presunti cattivi. Tanti, e molto apprezzati dai fan, i rimandi ai precedenti capitoli della saga, mentre Stallone, ancora una volta dopo l’exploit recitativo del 2015, ribadisce tutta la propria grandiosità in quella Hollywood che l’ha innegabilmente sottostimato, tanto come attore quanto come autore. Il vecchio e saggio Rocky, stanco ma fedele mentore del giovane e incompleto Adonis, interpretato dal come sempre impeccabile Jordan, fa sua la scena ad ogni ingresso, riempendo con le proprie rugose cicatrici tutte quelle scontatezze a cui Creed II deve puntualmente sottostare. Perché c’è un’epica narrativa e sportiva da tramandare, di generazione in generazione, di padre in figlio, finché Rocky, indubbio protagonista anche del suo spin-off, ne avrà voglia.
[rating title=”Voto di Federico” value=”6.5″ layout=”left”]
Creed II (Usa, dramma, 2018) di Steven Caple Jr; con Michael B. Jordan, Sylvester Stallone, Tessa Thompson, Wood Harris, Russell Hornsby, Florian Munteanu, Andre Ward, Phylicia Rashad, Dolph Lundgren, Raul Torres, Darin Ferraro – uscita giovedì 24 gennaio 2019.