Aladdin, la recensione: Bollywood in salsa Girl Power per il musical di Guy Ritchie
Omaggiare l’originale provando ad aggiornarlo. Questa la sfida di Guy Ritchie nel portare in sala con attori in carne ed ossa un classico animato come Aladdin.
Come avvenuto nel 2018 con La Bella e la Bestia di Bill Condon, anche il nuovo Aladdin ha mantenuto un’impostazione musical, replicando tutte le più celebri canzoni scritte da Alan Menken e Tim Rice, tornati al lavoro per realizzare un altro paio di brani affidato alla voce di Naomi Scott, ex Power Ranger qui tramutata in un’inedita Jasmine. La dolce principessa alla ricerca dell’amato Principe dei primi anni ’90 si è infatti tramutata in un’eroina moderna, che sogna di poter governare il proprio popolo indossando gli abiti del sultano, evento mai accaduto prima, e replicando con vigore a chi osa zittirla, metterla in un angolo, rilegarla ad un ruolo di bella statuina.
In piena Era MeToo, gli sceneggiatori John August e Guy Ritchie hanno lavorato proprio su questo aspetto, nel momento in cui hanno messo mano ad Aladdin, dando maggiore risalto a quella principessa di Agrabah che qui tiene testa non solo al bel ladruncolo bensì anche all’anziano padre e al perfido Jafar. Mena Massoud, canadese nato in Cairo, è un perfetto protagonista, con il suo tenero volto dal sorriso gentile, mentre l’olandese con origini tunisine Marwan Kenzari cade facilmente nella macchietta del ‘villain’ delirante e ambizioso. Inventato un prologo inestente nel cartoon del 1992, che troverà senso nel finale, il film di Ritchie cambia marcia nel momento in cui entra in gioco il Genio, un tempo reso iconico dalla voce di Robin Williams/Gigi Proietti e ora affidato a Will Smith, ex Re Mida del botteghino.
Un Principe di Bel Air che fortunatamente abbandona rapidamente il colore bluastro del genio originale, riempendo con il proprio carisma e le proprie follie, replicate fedelmente 27 anni dopo, la seconda ora abbondante di pellicola. Sin dal suo ingresso in scena sulle note di Un amico come me, il Genio prende presto il sopravvento, scatenandosi pochi minuti dopo sulle musiche de Il principe Ali, quando Aladdin fa il suo trionfale ingresso ad Agrabah tra elefanti, servitori e fuochi d’artificio.
Ritchie guarda a Bollywood regalando coreografie di massa che rubano l’occhio allo spettatore, ribadendo l’eccezionalità Disney nel saper ricreare perfettamente in CG animali di qualsiasi tipo. Tanto Abu, adorabile scimmietta, quanto la gigantesca tigre Rajah e il pappagallo Iago, risultano straordinariamente credibili. Se il doppiaggio paga pesantemente la mancata sincronizzazione, Gigi Proietti riesce comunque a dare spessore all’affaticato Sultano interpretato da Navid Negahban, mentre le canzoni si susseguono lasciando spazio all’ironia, marchiata dall’inedito personaggio di un’esilarante ancella. Il kitsch, apparso immediatamente papabile ostacolo dopo la diffusione del primo trailer, fa spesso capolino, mentre le nuove canzoni scritte per l’occasione da Alan Menken e Tim Rice non riescono a far breccia come capitato con gli amati brani del 1992.
Fedele all’originale, ma immancabilmente aggiornato ai tempi che stiamo vivendo, questo nuovo Aladdin segue ciecamente quanto già fatto dai precedenti live-action Disney, copie carbone con attori in carne ed ossa di successi animati mai del tutto dimenticati.
[rating title=”Voto di Federico” value=”6″ layout=”left”]
Aladdin (live-action, 2019, USA) di Guy Ritchie; con Will Smith, Gigi Proietti, Mena Massoud, Naomi Scott, Billy Magnussen, Marwan Kenzari, Nasim Pedrad, Numan Acar, Navid Negahban, Jordan A. Nash, Kevin Matadeen, Priyanka Samra, Kamil Lemieszewski, Adam Collins, Nikkita Chadha, Tuncay Gunes, Bern Collaço, Joey Ansah, Will Blagrove, Maya Saroya, Ramzan Miah, Amer Chadha-Patel, Hiten Patel, Sophie Carmen-Jones, Leslie Kunz, Mary Cruz, Albert Tang, Amar Adatia, Amir Boutrous, Emily Ng, Beth Willetts, Dave Simon, Robby Haynes, Fran Targ, Eric Coco, Sanj Surati, Jay Nifaoui – uscita mercoledì 22 maggio 2019.