Cannes 2019, Little Joe, recensione: il rigore di Jessica Hausner incontra la Fantascienza
Festival di Cannes 2019: l’algida Fantascienza di Jessica Hausner fa fatica ma qualcosa restituisce
Alice (Emily Beecham) sta lavorando ad una particolare pianta. I tempi sono serrati, tocca correre. Tutto sembra andare per il verso giusto, ma la realtà è che sta andando anche troppo bene. In questo laboratorio adibito a serra vengono seguiti passo dopo passo gli sviluppi del progetto, mentre però qualcosa sta lentamente sfuggendo di mano. Chris (Ben Whishaw) inavvertitamente inala le spore di uno di questi esemplari; stessa cosa avviene al figlio di Alice, Joe, al quale la madre ha direttamente portato a casa una di queste piante, dandole il nome di Little Joe proprio in omaggio al ragazzino.
Quella di Little Joe è un tipo di fantascienza troppo facile da ridimensionare, squalificandola, tentazione alla quale invece si dovrebbe proprio resistere. Certo, Jessica Hausner qui fa una scelta e vi si attiene fino in fondo. Lavorando con e su un’idea e una soltanto, senza ricorrere ad alcun trick visivo, optando per un procedimento molto più complesso, che opera sul non visto, sul fare breccia indicando senza però mai mostrare, in nessun caso. Necessita una scrittura sopraffina per un affare del genere, ed effettivamente questa manca, almeno in parte. In tal senso è senz’altro più brillante il soggetto, laddove invece l’austerità di mezzi e misure della regista austriaca ottengono l’effetto opposto rispetto a quello sperato, ossia appesantire anziché alleggerire.
Il carico che infatti manca viene più che compensato da quel senso d’impalpabilità che in troppi momenti si sperimenta. C’è altresì da dire che Little Joe sembra non essere interessato a raccontare propriamente una storia, quanto a metterci di fronte a talune circostanze e lavorare sulla nostra testa per spingerci a reagire in qualche modo. Certi motivi musicali ossessivi, che non semplicemente accompagnano le asciutte immagini ma ne integrano proprio il senso, è pressoché l’unico lusso che la Hausner si concede, e dinanzi a un processo del genere non si può davvero restare indifferenti.
Ai già evidenziati limiti, infatti, vanno aggiunti quelli che in fin dei conti è di conseguenza facile dedurre: un film che procede molto a rilento, sebbene non ritengo sia esatto dire che non approdi da nessuna parte. Al contrario, l’impressione è che Little Joe cominci proprio laddove finisca, con quella sua ultima inquietante linea di dialogo, di un bambino che risponde alla madre. Tocca infatti spiegare che l’effetto di queste spore che vengono inalate è quello di rendere la persona inspiegabilmente felice; non solo, perché al contempo diviene pure estremamente protettiva di quelle piante che si servono degli umani quale meccanismo di difesa per sopravvivere. Nulla di complesso o originale, ma serve per dare un contesto.
Vivendo di momenti, poiché sostanzialmente è come se si rimanesse sempre allo stesso punto, stirandolo. Questa sua placidità, nondimeno, malgrado rischi di compromettere tutto, andandoci peraltro vicino, non impedisce a qualcosa di filtrare. Little Joe infatti non ci abbandona senza lasciare traccia, poiché, come detto, fino ai titoli di coda vale quella superficie che si contraddistingue per un’esasperata economia di soluzioni; dopodiché però quel livello aggiuntivo che è parso fin lì mancare emerge e si fa persino strada.
Non si tratta di costruire castelli a posteriori, perché, ad essere onesti, va riconosciuto che certe immagini che si sono impresse, ancorché un po’ sbiadite, le si deve in toto a quanto la Hausner è riuscita ad accumulare in corso d’opera. Che mondo potrebbe diventare, infatti, quello in cui questa pianta raggiungesse buona parte della popolazione mondiale? Fin dove questo esperimento andato male potrebbe incidere sulle sorti dell’umanità? Domande come vedete di ben più ampio raggio rispetto a un film piccolino, che nella sua strutturale modestia, strenuamente ricercata e difesa, riesce tuttavia a dare adito a questioni di ben altra portata. Peccato solo che non riesca a sublimare il suo afflato formalistico, quel rigore da cui invece in passato la Hausner ha tirato fuori opere di altro spessore.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]
Little Joe (Austria/Germania/Regno Unito, 2019) di Jessica Hausner. Con Ben Whishaw, Emily Beecham, Lindsay Duncan, Kerry Fox, Leanne Best, David Wilmot, Kit Connor, Sebastian Hülk, Goran Kostic, Phénix Brossard, Andrew Rajan, Yana Yanezic, Jessie Mae Alonzo e Jason Cloud. Concorso.