Roma 2019, Motherless Brooklyn, la recensione: convenzionale omaggio al noir di Edward Norton
Protagonista, sceneggiatore, produttore e regista, Edward Norton porta in sala una storia di ambizione, corruzione e razzismo.
Un dichiarato omaggio al noir, quello di un Norton che non si sedeva dietro la macchina da presa dal lontano 2000, con Tentazioni d’amore. Edward, 50 anni da poco compiuti, interpreta Lionel Essrog, solitario, gentile e timido detective privato affetto dalla sindrome di Tourette, sconvolto dall’omicidio del suo mentore ed unico amico, Frank Minna. Mentre New York cambia pelle sotto i suoi occhi, con interi quartieri rasi al suolo per lasciar spazio a grattacieli, ponti e autostrade, Lionel, frenato ma al tempo stesso aiutato da una mentalità ossessiva che lo porta a ricordare tutto quel che vede e ascolta, prova a ricomporre i pezzi di un puzzle che abbraccia la politica della Grande Mela. Tra i jazz club di Harlem e i bassifondi di una Brooklyn forzatamente ripulita dagli afroamericani, andando a scontrarsi con l’uomo più potente e pericoloso dell’intera città.
E’ un film che prende da subito la strada della grande tradizione cinematografica americana, questo Motherless Brooklyn, condito da attori secondari di primissimo ordine (Willem Dafoe, Alec Baldwin, Bruce Willis) ma limitato da uno script ad incastri che fatica a decollare, assopendosi dinanzi ai suoi 144 minuti. Un racconto quanto mai ambizioso, quello adattato da Norton, nonché una sentita riverenza ad una città, New York, tra le prime grandi capitali del mondo vittime di quella gentrificazione che ha derubato l’anima ai centri storici, cacciando a pedate i ‘poveracci’ che li abitavano. Soprattutto se di colore.
Elegante nella messa in scena, per quanto particolarmente scialbo dal punto di vista registico, tra soggettive continue, voce fuori campo e momenti onirici di rara mediocrità, Motherless Brooklyn vede Edward primeggiare in ogni inquadratura. Un ruolo complesso, quello di questo Lionel Essrog, perché travolto dai tic nervosi che coinvolgono viso, collo, occhi, mentre insensate e divertenti insulti fuoriescono liberamente dalla bocca. Norton carica pesantemente la propria interpretazione, soprattutto nella prima parte, con una voce flebile che non lo aiuta ad uscire dal rischio ‘parodistico’, inevitabilmente dietro l’angolo dinanzi ad una condizione neurologica come quella della sindrome di Tourette.
Molto lentamente, indizio dopo indizio, l’intrigata storia prende forma, mentre al fianco del protagonista subentrano e spariscono comprimari. Dallas Roberts, Bobby Cannavale ed Ethan Suplee, suoi amici e colleghi, vengono improvvisamente e inspiegabilmente abbandonati al loro destino, lasciando strada all’immancabile storia d’amore con la bella Gugu Mbatha-Raw, in un bramoso script che spazia tra ambizione, corruzione e razzismo, tutti perfettamente inglobati dalla stazza di un grande Alec Baldwin. Impossibile non pensare anche solo lontanamente a Chinatown, capolavoro del 1974 di Roman Polański, ma è evidente che Motherless Brooklyn di Norton, vistosamente più interessato alla propria prova d’attore che alla regia, sia su tutt’altro livello, più incompleto, imperfetto, disordinato, tendenzialmente basico soprattutto nella costruzione dei suoi sbiaditi personaggi. Tutto giò visto, facilmente dimenticabile.
[rating title=”Voto di Federico” value=”6″ layout=”left”]
Motherless Brooklyn – I segreti di una città (Usa, noir, 2019) di Edward Norton; con Edward Norton, Willem Dafoe, Alec Baldwin, Cherry Jones, Josh Pais, Olli Haaskivi, Stephen Adly Guirgis, Gugu Mbatha-Raw, Bruce Willis, Leslie Mann, Bobby Cannavale, Ethan Suplee, Michael Kenneth Williams, Fisher Stevens – uscita giovedì 7 novembre 2019.