Parlami d’amore: recensione
Parlami d’amore (Italia, 2008) di Silvio Muccino; con Silvio Muccino, Carolina Crescentini, Aitana Sánchez-Gijón, Geraldine Chaplin, Luciana Fuzetti, Giorgio Sgobbi.Non è il fatto che si parli di un Muccino a far sì che si possa tranquillamente bocciare Parlami d’amore. Nessuna presa di posizione, nessun tentativo di odiare un film che nasce per far accorrere al
Parlami d’amore (Italia, 2008) di Silvio Muccino; con Silvio Muccino, Carolina Crescentini, Aitana Sánchez-Gijón, Geraldine Chaplin, Luciana Fuzetti, Giorgio Sgobbi.
Non è il fatto che si parli di un Muccino a far sì che si possa tranquillamente bocciare Parlami d’amore. Nessuna presa di posizione, nessun tentativo di odiare un film che nasce per far accorrere al cinema un certo tipo di pubblico più che per raccontare davvero qualcosa sull’amore (che non sia già stato detto).
Non sono tanto i dialoghi, risaputi quanto a volte teatrali, un po’ fuori luogo (per non usare l’abusato termine imbarazzanti). Non sono poi tanto neanche le situazioni che il film narra. Forse non è neanche Silvio Muccino attore a far sì che il pollice del giudizio sia nettamente verso il basso, anche se è costantemente in scena e sembra cercare il profilo migliore e la luce giusta per apparire più carino.
Non è neanche l’aspetto tecnico a rendere ufficialmente brutto Parlami d’amore: due-tre movimenti di macchina ci sono pure, i cambi di fotografia potrebbero far pensare che Silvio si sia messo d’impegno nel fuggire dalla piattezza. E manco la colonna sonora, alla fine: tanto Skin sui titoli di coda non manca, e ci sono pure i Chemical (ma nient’altro).
La storia è quella che è: lui restauratore (si chiama Sasha: wow), dal passato travagliato, s’innamora di una ragazza benestante; si fa consigliare da una donna sposata, conosciuta dopo un incidente in macchina, che sarà la sua “insegnante di seduzione”. La ragazza cade ai suoi piedi, ma la cocaina, l’alcool e soprattutto il gioco d’azzardo sono dietro l’angolo.
Alla fin fine, il problema vero di Parlami d’amore sta nel ritmo e nella lunghezza: due ore sono davvero troppe, anche per l’adolescente più convinto. Si allunga il brodo, ci si ripete, non si dice nulla d’interessante anche se si parla tanto, non si viene presi mai dalla storia. Escludendo il cane Oliva, carinissimo.
Voto Gabriele: 3