Cannes 2020, il Festival non sarebbe assicurato in caso di cancellazione
Nessuna tutela assicurativa in caso di cancellazione del Festival di Cannes?
Variety lancia un’esclusiva mica da poco. Pare infatti che, in caso di cancellazione, il Festival di Cannes non sia coperto da alcuna assicurazione al fine di recuperare le spese, in tutto o in parte. Ipotesi, quella dell’annullamento, che si è fatta più realistica alla luce dell’ulteriore modifica al divieto di assembramento diramato in Francia, che ha ridotto a mille (da cinquemila che erano) il numero di persone che possono radunarsi nello stesso posto.
Nei giorni scorsi una nota compagnia assicurativa, Circle Group, pare avere proposto al Festival una forma di copertura in caso di epidemia o pandemia, soluzione alla quale però si è deciso di non aderire. Alla luce di questa scelta, in caso di cancellazione, quantunque forzata per decreto ministeriale, il Festival resterebbe perciò scoperto su tale fronte.
Altre compagnie assicurative hanno precluso ai propri clienti ogni possibilità di tutelarsi in caso di coronavirus già da fine gennaio, quando il fenomeno aveva oramai preso piede in maniera preoccupante. Circle Group, invece, pare avesse deciso comunque di andare incontro ai suoi clienti più importanti (tra i quali ci sono pure i Cesar, ossia gli Oscar francesi), facendo un’eccezione. Ma nulla da fare.
A dire di una fonte interna a Circle Group, a tali condizioni non ci sarebbe neppure modo di appellarsi alla cosiddetta force majeure, nemmeno qualora dovesse essere appunto il governo ad intervenire nella decisione; il motivo è che tale fattispecie non ricorre per via della mancanza di tre criteri fondamentali per avvalersene, ossia che l’evento sia «incontrollabile, esterno ed imprevedibile».
È chiaro che qui si entra in ambito tecnico, roba che lasciamo volentieri a chi ne ha le competenze. Alexandre Regniault, dello studio legale Simmons & Simmons, tuttavia spiega che il ragionamento fila in virtù del fatto che le restrizioni di tutto il mondo assicurativo in casi analoghi si sono già verificate nel recente passato, in risposta alla SARS nel 2002 e al MERS nel 2012. Tali restrizioni potrebbero nel caso specifico aver previsto l’esplicita esclusione sul contratto di una fattispecie del genere, ossia il diffondersi di un virus, che quindi renderebbe vano a priori qualsivoglia tentativo di farla rientrare nello spettro della force majeure.
Adesso tocca al Festival rispondere, il quale da subito ha rassicurato di star monitorando la situazione, procedendo dunque con il regolare svolgimento dei lavori. Fino a ieri, per citare l’ultima, è stato ufficializzato l’Atelier di Cinéfondation. Appare nondimeno impensabile che dagli organizzatori non emerga quanto prima alcuna dichiarazione pubblica a tal proposito, specie perché oramai sembra di trovarsi dinanzi a una corsa contro il tempo.
Intanto c’è chi già sta dovendo fare i conti con delle condizioni analoghe, sebbene stiamo parlando di un Festival meno blasonato. Il South by Southwest che si doveva tenere a partire da questo venerdì ad Austin, nel Texas, ha infatti subito una cancellazione in via precauzionale proprio per il coronavirus. L’esito è che potrebbe saltare la prossima edizione, quella del 2021, per far fronte ai costi derivati da tale misura. Ripeto, si parla di due realtà ben diverse, ma è giusto per sottoporre come e in che termini altri stanno affrontando o saranno chiamati ad affrontare un simile scenario.
Per concludere, inutile dire (ma lo evidenziamo lo stesso) che l’importanza del Festival di Cannes per la Francia rappresenta un caso forse unico nel panorama del circuito mondiale; non deve perciò stupire la circospezione e la prudenza con cui i responsabili del Festival e gli esponenti del governo francese stanno gestendo la situazione in questi giorni e in queste ore.