I Cultissimi di Cineblog: Brian di Nazareth di Terry Jones – Recensione e foto gallery
Brian di Nazareth (Monty Phyton’s Life of Brian Inghilterra 1979) di Terry Jones con Graham Chapman, John Cleese, Eric Idle, Terry Gilliam, Terry Jones, Michael Palin.È la notte di Natale. Il primo Natale per intenderci, l’originale, il giorno in cui Gesù Cristo è nato. A Betlemme arrivano i Re Magi, che seguendo la stella cadente
Brian di Nazareth (Monty Phyton’s Life of Brian Inghilterra 1979) di Terry Jones con Graham Chapman, John Cleese, Eric Idle, Terry Gilliam, Terry Jones, Michael Palin.
È la notte di Natale. Il primo Natale per intenderci, l’originale, il giorno in cui Gesù Cristo è nato. A Betlemme arrivano i Re Magi, che seguendo la stella cadente recano i famosi doni per il futuro messia. Sfortunatamente sbagliano grotta, ed entrano a recare i loro omaggi nell’antro dove un altro bimbo ebreo, Brian, è appena nato, giusto accanto al luogo dove si celebra la nascita di Gesù. Si può ben affermare che comincino qui i guai per il povero Brian che ritroviamo, ormai 33enne, nella Giudea in fermento per le prediche di Gesù. Brian, che ha optato per una carriera diversa dal messia, sfoga il suo odio per i romani unendosi a un gruppo di cervellotici rivoluzionari per la Giudea libera.
Tra una peripezia e l’altra, la sua carriera di golpista non decolla, e Brian si trova costretto, per sfuggire alle truppe romane, a unirsi ai numerosi profeti di strada che postulano ognuno una diversa verità. Peccato per Brian che le sue parole, seppur sconclusionate, facciano breccia nella folla, che lo innalza al rango di messia. Il che, si sa, il più delle volte porta guai.
Per il loro terzo film (i primi due sono stati “E ora Qualcosa di Completamente Diverso” e “Monty Phyton e il Sacro Graal”) il gruppo comico inglese dei Monty Phyton sceglie di fare le cose per bene: coinvolgono nel finanziamento l’amico George Harrison, che per l’occasione fonda una casa di produzione (la Handmade Films), scelgono delle precise location in Tunisia e preparano degli accurati piani di produzione per evitare troppe sorprese. Sistemata la parte organizzativa i sei attori/autori posso ben sbizzarrirsi in tutta tranquillità. Il risultato sono simpatiche condanne di blasfemia un po’ in tutto il mondo, di cui parleremo più in là, ma soprattutto, e scusate se è poco, un capolavoro vero e proprio.
I Cultissimi di Cineblog: Brian di Nazareth di Terry Jones – Recensione e foto gallery
Chi ha avuto il piacere di guardare tutti i, pochi, film dei Monty Phyton (oltre ai tre summenzionati si aggiunga “Il Senso della Vita”) solitamente ha una chiara preferenza, che però non discute la bellezza delle altre pellicole. Chi scrive ha sempre avuto un debole per “Il Senso della Vita”, probabilmente in qualità di primo film dei Phyton visionato. Eppure ho scelto di proporvi questo pur splendido “Brian di Nazareth”. La scelta è stata presa soprattutto per festeggiare, tra molte virgolette, la tanto attesa uscita in Italia del dvd del film. Le virgolette sono d’obbligo perché non si può non infuriarsi di fronte all’oscenità perpetrata dai chi ha prodotto questo dvd, in cui lo splendido doppiaggio italiano originale, a cui moltissimi fan nell’era del vhs, e quindi impossibilitati a una visione in lingua originale, si erano fatalmente affezionati, viene letteralmente calpestato con un ridoppiaggio, dovuto a esigenze puramente tecniche (il riversamento della traccia sonora in un formato supportabile dalle nuove tecnologie), che grida vendetta.
Concluso il solito paragrafo della noiosa filippica possiamo tornare a parlare del film vero e proprio. L’ho già detto che è un capolavoro? Sì, l’ho già detto. Anche a detta degli stessi Monty Phyton questo è il film in cui sono riusciti a dare il meglio di sé in fase di scrittura, portando a compimento una sceneggiatura praticamente perfetta, summa equilibrata di tutte le migliori caratteristiche del gruppo comico inglese: l’intelligenza, la buffoneria, la sagacia, la satira sociale, il nonsense, l’ironia sottile. Accanto a una lucida quanto disimpegnata critica ai fondamentalismi e ai pecoroni che infestano ogni società che si rispetti, si trovano situazioni e sketch quasi da avanspettacolo; accanto all’esilarante sequenza del centurione che insegna il latino a Brian (che sbaglia a scrivere “Romani andate a casa”, bel rimando al “Yankee go Home” risalente alla guerra del Vietnam) troviamo il rotacista Ponzio Pilato e le sue difficoltà nel pronunciare il nome del caro amico Mavco Pisellonio (Biggus Dickus in originale. E per una volta prendiamo il doppiaggio italiano).
Il film, uscito nel 1979 in Inghilterra senza nessun tipo di divieti (ah, il paradiso) ha subito fondamentalmente tre grossi veti all’interno del vecchio continente con accuse di blasfemia. In Norvegia, dove l’uscita fu ritardata di un anno (per questo caso vi segnaliamo anche la spassosa campagna di promozione del film nella vicina Svezia, che lo lanciò con la frase: “Un film talmente divertente da essere stato censurato in Norvegia!”). In Irlanda, dove la pellicola è stata congelata per ben otto anni. E, ovviamente, nel caro Bel Paese, dove il Vaticano ha spinto per fermare l’uscita in sala, avvenuta solo undici anni dopo, agli inizi degli anni ’90. Beh, il film fece talmente tanto successo che si pensò bene di distribuire in sala anche il precedente “E Ora Qualcosa di Completamente Diverso”. Certo, con vent’anni di ritardo, ma meglio tardi che mai. Altro sintomo della dicotomia italica: l’Italia è stato, appunto, il paese che più ha dovuto aspettare in Europa per vedere al cinema “Life of Brian”; una volta ottenuto il benestare, la pellicola è stata distribuita col titolo di “Brian di Nazareth” ovvero la traduzione letterale del titolo di lavorazione scartato dai Monty Phyton per evitare che i distributori pensassero che si trattasse di una parodia su Gesù. Continuiamo così, facciamoci del male.
“È il film peggiore dei Monty Python. Un pasticciaccio. Che solo a tratti, nella parodia che Terry Jones e gli altri si salva, con beffe e lazzi che graffiano; in tutto il resto si scade nella goliardia più infima e volgare. Tutto da buttar via, perciò.”
(Gian Luigi Rondi, “Il Tempo”)