John Dies at the End: recensione in anteprima dal Science+Fiction
Una droga chiamata salsa di soia, due “eroi” improbabili, entità, mostri, mondi paralleli: è John Dies at the End di Don Coscarelli. Leggi la recensione.
Sicuramente tra un po’ di anni ce ne pentiremo, ma intanto lo diciamo col cuore in mano: John Dies at the End non è il gran film che ci aspettavamo. Don Coscarelli, per Phantasm e Bubba Ho-tep, è nei nostri cuori, e il folle progetto di portare sul grande schermo l’opera di David Wong era perfetta per le suo corde.
La cifra stilistica di Coscarelli è un’anarchia divertita e pop, capace di frullare di tutto e di “vomitarlo” senza filtri. È un indipendente nell’anima, e si vede. John Dies at the End, forse per la materia di partenza, o forse per il poco controllo del suo autore, si rivela però un gioco che alla lunga stanca. Perché anche l’anarchia ha bisogno di essere tenuta segretamente per le briglie.
La pellicola è destinata, come il titolo precedente dell’autore, a diventare uno stracult di nicchia, poco ma sicuro. Per questo motivo ci pentiamo un po’ nel non appoggiare in toto John Dies at the End e di non salire sul “carro dei vincitori”. Perché, dopo una partenza da applausi ed una prima parte bellissima, il film inizia a frenare tanto più accumula situazioni paradossali.
C’è in giro una strana sostanza chiamata Salsa di Soia, un liquido nero con gli effetti di una potente droga. Promette a chi ne fa uso delle esperienze extra sensoriali ed extra corporee, “viaggi” nel tempo e attraverso diverse dimensioni. Il problema è che molti fra quelli che tornano da questi viaggi, non sono più umani.
È in corso un’invasione da parte di oscure forze in arrivo dall’oltretomba, l’umanità ha bisogno di un eroe… e invece si ritrova con John e David, due “sfigati” poco più che ventenni che hanno abbandonato la scuola e fanno fatica a non perdere il lavoro. Riluttanti e totalmente impreparati, i due dovranno fare del proprio meglio per salvare il mondo.
Raccontato come un lungo flashback, visto che David viene intervistato da un reporter, Arnie (Paul Giamatti), John Dies at the End inizia come una bomba esplosiva. Diverte subito, sin dalla sua prima scena, in cui il protagonista ci racconta la “storia” di un’ascia che viene usata nei modi più disparati ed ogni volta viene portata a riparare.
Il film presenta una varietà di personaggi vastissima: vanno e vengono, spariscono e ritornano, spiazzando costantemente lo spettatore. Tra questi troviamo Marconi, un mago capace di battere molte “manifestazioni” (ovvero entità e mostri vari); il detective Leppleton, che darà filo da torcere a David e John; Amy, una ragazza senza una mano; un giamaicano (Robert Marley!) che spaccia la salsa di soia…
Infine c’è il fantomatico Korrok, citato più volte ma che lo spettatore e i protagonisti non vedranno fino al “gran finale”. Tutto porterà a lui, attraverso un accumulo di informazioni e scene, alcune tra l’altro maledettamente esilaranti: basterebbe quella in carcere, con David a combattere contro un “poliziotto”/demone, al quale stacca di netto un braccio e strappa i baffi… che iniziano a volare come pipistrelli.
John Dies at the End è un insieme di gag tostissime, in cui gli hot dog funzionano come cellulari (David, strafatto di soia, può comunicare attraverso vari mezzi con John, nel frattempo morto – ?? -), le maniglie si trasformano in genitali maschili, i mostri possono essere formati da carne, polli e pesci, e cani di nome Bark Lee (!) possono guidare automobili e, forse, salvare l’umanità.
Attraverso un abuso della voce off di David, che narra gli avventimenti ad Arnie e allo spettatore, e diversi e immancabili momenti psichedelici, si arriva sempre più a fatica verso la parte finale (bruttina, ammettiamolo, anche nella realizzazione). Qui viene usata anche una scena d’animazione ultra-splatter, forse per ravvivare il ritmo calante della pellicola. Perché è indubbio che qualcosa, ad un certo punto, si “rompa” nel meccanismo del film.
John Dies at the End resta un’opera molto più intelligente di quel che sembra, scritta con divertita arguzia. È poi interpretata benissimo dai due protagonisti, Chase Williamson (un’autentica rivelazione) e Rob Mayes. È quindi un peccato che Coscarelli voglia strafare, non provando a dare una forma reale alla materia che ha tra le mani. Si sta al gioco, per carità, ma la pazienza è messa a dura prova.
Voto di Gabriele: 6
John Dies at the End (USA 2012, commedia / horror 110′) di Don Coscarelli; con Chase Williamson, Rob Mayes, Paul Giamatti, Clancy Brown, Glynn Turman, Doug Jones, Daniel Roebuck, Fabianne Therese, Jonny Weston, Jimmy Wong – Qui il trailer.