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Torna Ken Loach con La Parte degli Angeli: i suoi 5 film migliori secondo Cineblog

Arriva al cinema La Parte degli Angeli, l’ultimo film di Ken Loach, Premio della Giuria a Cannes 2012. Per l’occasione, Cineblog sceglie i suoi 5 film migliori.

pubblicato 12 Dicembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 19:26

Ken Loach è uno dei registi più coerenti e limpidi di sempre. Figlio di operai, una gavetta tra servizio militare, teatro sperimentale e lavori in tv, esordisce all’interno del Free Cinema inglese – mentre sta per concludersi – e cambia radicalmente la filmografia del suo paese. Dagli anni 90, in corrispondenza della fine dell'”era Thatcher”, inizia ad essere conosciuto in tutto il mondo e viene premiato in diversi festival internazionali (Cannes, Venezia, Berlino…), confermando la sua poetica e il suo status di regista socialmente e politicamente impegnato.

Apertamente schierato e sempre onesto, anche nei film ritenuti meno riusciti (La canzone di Carla, Un bacio appassionato, L’altra verità, per qualcuno persino la Palma d’Oro Il vento che accarezza l’erba), Loach è un militante nel senso migliore del termine: non usa il cinema semplicemente per “denunciare”, ma per descrivere e stare vicino ai suoi personaggi. Personaggi proletari che sono innanzitutto il prodotto della loro terra, quindi delle relazioni famigliari e del loro lavoro. “Devi far parte di una cultura per raccontarla”, ha dichiarato di recente: così racconta vicende profondamente radicate nel Regno Unito, spesso in Scozia. Ma tutti i suoi film hanno il sapore universale del grande autore.

Nel 1995 firma uno dei suoi film più discussi, Terra e Libertà, ambientato durante la guerra civile spagnola. Meriterebbe di stare nella Top 5: perché, pur essendo un’opera imperfetta, che sbanda e mostra il fianco, è anche autocritica, tra forti contraddizioni ideologiche del Partito Comunista ed infinite discussioni politiche (quasi un marchio di fabbrica del regista). Dal 1996, anno de La canzone di Carla, inizia a collaborare con Paul Laverty, lo sceneggiatore di tutti i suoi film da allora, con l’eccezione di Paul, Mick e gli altri. Assieme a lui sviluppa un cinema sempre più verosimile nel campo dei dialoghi e dei personaggi. Tra commedie e drammi, tra alti e bassi, Loach è sempre sé stesso, e combatte in prima linea assieme ai suoi protagonisti.

Pochi giorni fa è scoppiata la querelle con il Museo Nazionale del Cinema di Torino: Ken “il rosso” ha appoggiato le proteste dei lavoratori, che lo hanno contattato in seguito a maltrattamenti e licenziamenti. Ken ha fatto male o bene a non andare al Torino Film Festival a ritirare il Gran Premio Torino assegnatogli dalla manifestazione? La questione viene ancora oggi dibattuta, mentre il regista ha deciso di incontrare in prima persona i lavoratori. Intanto arriverà domani nelle sale il suo ultimo bellissimo film, La parte degli angeli, Premio della Giuria al Festival di Cannes 2012 (dove l’abbiamo recensito in anteprima).

Per l’occasione Cineblog sceglie i suoi 5 film più belli: li trovate dopo il salto.

Non è facile, per chi scrive, scegliere solo 5 titoli di Ken Loach. Tra gli ultimi film meriterebbero delle menzioni speciali In questo mondo libero… e Il mio amico Eric. Ma bisogna fare una scelta, quindi…:

I 5 film migliori di Ken Loach

Kes (1969): Billy viene maltrattato sia in famiglia che a scuola. L’unico amico che ha è un piccolo falco (kestrel, da cui il diminutivo del titolo), su cui riversa amore e sogni per sfuggire dalla realtà. Intimo e sperimentale, uno dei film inglesi più importanti di sempre, e non solo del Free Cinema. C’è già tutto Loach: i problemi del lavoro del sottoproletariato che si riversano su famiglie ed esseri umani, il pub e l’alcolismo come valvola di sfogo, l’importanza dell’educazione. Tra I 400 colpi e Neds.

Riff Raff (1991): Stevie, originario di Glasgow, esce di galera ed arriva a Londra, dove trova un lavoro nero in un cantiere. Trova anche una ragazza, che sogna di diventare una cantante. Sfruttamento, nessuna sicurezza, case popolari e lavoratori sottopagati: cinema militante nella sua forma migliore, tra ironia e schiaffi. Affresco dell’Inghilterra tatcheriana, con una vendetta finale che prende alla pancia. Uno dei primi ruoli di Robert Carlyle, nella parte del protagonista.

Ladybird Ladybird (1994): Maggie ha quattro figli avuti da altrettanti uomini diversi; glieli tolgono a causa di un incendio scoppiato in casa, mentre lei cantava al karaoke. Intanto trova l’amore e la dolcezza di un uomo, un esule politico paraguayano: ma c’è sempre un “però”… Un ritratto femminile a 360 gradi, lacerante e dolorosissimo, senza sconti. Loach è capace di farci parteggiare per una donna che i media, ad esempio, condannerebbero alla gogna. Ma è anche un film dallo sguardo lucido sui limiti della burocrazia. Forse il suo capolavoro. Da confrontare con In questo mondo libero…, in cui si parteggia per un altro personaggio femminile non canonicamente “giusto”.

My Name Is Joe (1998): Joe, disoccupato di Glasgow, sta sconfiggendo la sua dipendenza grazie agli Alcolisti Anonimi. Allena una squadra di calcio di proletari come lui. S’innamora di un’assistente sociale, con la quale pensa di poter dare una svolta alla sua vita: ma il posto in cui vive e i rapporti di amicizia costituiscono una ragnatela… Una commedia “sentimentale” che si fa man mano sempre più dura, in cui il “riscatto sociale” è un miraggio. Il ritratto maschile forse più convincente del regista, grazie anche ad un immenso Peter Mullan. Seconda collaborazione col fido sceneggiatore Paul Laverty.

Sweet Sixteen (2002): i “dolci sedici anni”, che altrove si festeggiano con orribili ed imbarazzanti feste all’insegna dello sperpero di denaro, non sono esattamente così a Glasgow. Liam non ha scelta, come tutti gli altri protagonisti descritti dal regista, e vive di criminalità. La madre è in prigione per spaccio di droga. Intanto il giovane sogna di rimettere a posto la famiglia e comprare una casa. Mission: Impossible. Film crudo, toccante, tra i più equilibrati ed emotivamente potenti di Loach, con un finale che personalizza la “lezione” di Truffaut. Da (ri)vedere proprio assieme a Kes. Esordio per l’attore protagonista Martin Compston, volto e talento irresistibili.

Kes
Riff Raff
Ladybird Ladybird
My name is Joe
Sweet Sixteen