L’ Academy fa pubbliche scuse a “Piccola Piuma” per i fatti degli Oscar 1973
L’Academy of Motion Picture Arts and Sciences ha scritto una lettera di scuse a “Piccola Piuma” per i vergognosi eventi degli Oscar 1973.
Gli Oscar del 1973 furono dominati dal Cabaret di Bob Fosse con ben 8 statuette vinte, tra cui Migliore regia a Fosse e Miglior attrice protagonista a Liza Minnelli, e Il padrino di Francis Ford Coppola, che si aggiudicò la categoria principale Miglior film e altre due statuette: Migliore sceneggiatura non originale e Miglior attore protagonista a Marlon Brando. E proprio al premio assegnato a Brando che è legato uno degli episodi più celebri legati all’evento hollywoodiano che coinvolse la nativa americana “Piccola Piuma”.
All’epoca, in un momento cruciale per gli Oscar, una 26enne Sacheen “Piccola Piuma”, pseudonimo dell’attrice nativa americana apache Marie Louise Cruz salì sul palco per volere di Marlon Brando e davanti alla la crème de la crème di Hollywood rifiutò per conto del divo il premio come miglior attore protagonista, che l’attore aveva ricevuto per il ruolo di Don Vito Corleone. A “Piccola Piuma” era stato chiesto da Brando di non toccare la statuetta e dal produttore dello spettacolo Howard Koch di non parlare per più di 60 secondi, se “Piccola Piuma” fosse andata oltre quel tempo limite, Koch aveva allertato la sicurezza per farle lasciare il palco anche con la forza se fosse stato necessario.
“Piccola Piuma” salì sul palco e come da programma rifiutò la statuetta con la seguente dichiarazione, che in origine consisteva in otto pagine dattiloscritte di Brando:
[Brando] con grande rammarico non può accettare questo premio molto generoso. E le ragioni di questo sono il trattamento riservato agli indiani d’America oggi dall’industria cinematografica [il pubblico inizia a fischiare] – scusatemi – e in televisione nelle repliche, e anche con i recenti avvenimenti a Wounded Knee”. “Piccola Piuma” in questa ultima citazione fa riferimento ad una protesta organizzata dagli attivisti dell’American Indian Movement un mese prima della cerimonia, per protestare contro i continui maltrattamenti dei nativi americani, protesta posta sotto un oscuramento mediatico imposto dalle autorità.
Le reazioni alle dichiarazioni di “Piccola Piuma” alla cerimonia degli Oscar non si limitarono ai fischi dalla platea, ma la giovane nativa americana venne anche insultata con finti ululati, offese che andavano dal razzista al misogino/sessista, c’è chi la definì più una spogliarellista che un’attrice. “Piccola Piuma” venne anche minacciata di arresto e di aggressione fisica., pare che tra coloro che avrebbero voluto aggredire fisicamente la ragazza ci fosse anche l’attore John Wayne, trattenuto a stento dietro il palco. In seguito in puro stile dittatoriale, il governo federale minacciò di chiudere qualsiasi talk show o produzione che intendesse ospitare o dare lavoro a “Piccola Piuma”, alla faccia della “patria della libertà”.
“Sono rimasta sbalordita. Non avrei mai pensato di vivere abbastanza per vedere il giorno in cui l’avrei sentito, che avrei sperimentato questo”, ha dichiarato una “Piccolo Piuma” ormai 75enne, aggiungendo di aver ricevuto la dichiarazione dell’Academy lo scorso giugno, in una missiva scritta dall’allora presidente dell’Academy David Rubin.
Vi scrivo oggi una lettera che doveva arrivare da molto tempo a nome dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, con umile riconoscimento della tua esperienza ai 45° Academy Awards. Mentre eri sul palco degli Oscar nel 1973 per non accettare l’Oscar a nome di Marlon Brando, in riconoscimento della falsa rappresentazione e del maltrattamento dei nativi americani da parte dell’industria cinematografica, hai fatto una potente dichiarazione che continua a ricordarci la necessità di rispettare e dare importanza alla dignità umana. L’abuso che ha subito a causa di questa affermazione è stato immotivato e ingiustificato. Il carico emotivo che hai vissuto e il costo per la tua carriera nel nostro settore sono irreparabili. Per troppo tempo il coraggio che avete mostrato è stato ignorato. Per questo, porgiamo le nostre più profonde scuse e la nostra sincera ammirazione. Non possiamo realizzare la missione dell’Academy di “ispirare l’immaginazione e connettere il mondo attraverso il cinema” senza un impegno a facilitare la più ampia rappresentazione e inclusione che rifletta la nostra diversificata popolazione globale. Oggi, quasi 50 anni dopo, e con la guida dell’Academy’s Indigenous Alliance, siamo fermi nel nostro impegno a garantire che le voci indigene, i narratori originali, contribuiscano in modo visibile e rispettato alla comunità cinematografica globale. Ci dedichiamo a promuovere un’industria più inclusiva e rispettosa che sfrutti un equilibrio tra arte e attivismo per essere una forza trainante per il progresso. Ci auguriamo che riceva questa lettera in uno spirito di riconciliazione e come riconoscimento del vostro ruolo essenziale nel nostro viaggio come organizzazione. Sarete per sempre rispettosamente radicata nella nostra storia. Con i più cordiali saluti, David Rubin, Presidente Academy of Motion Picture Arts and Sciences.
La dichiarazione di scuse sarà letta all’evento che si terrà il 17 settembre all’Academy Museum in onore di “Piccola Piuma”, che parteciperà ad un incontro con il produttore nativo americano cheyenne Bird Runningwater, co-presidente dell’Academy’s Indigenous Alliance. “Bird mi ha chiamato, al telefono, ovviamente. Ha cercato di inviare segnali di fumo, ma non sono passati sotto la porta”, ha scherzato Piccola Piuma.
I tempi sembrano maturi per un cambiamento radicale nella rappresentazione dei nativi americani, della loro storia e tradizione, che vada oltre lo stereotipo da film western che ha contribuito a denigrarne la cultura e sminuirne l’importanza nella storia americana. Per fortuna ulteriori segni di questo cambiamento cominciano ad arrivare, ne abbiamo visto un esempio da reiterare nella realizzazione del recente action fantascientico Prey, il prequel di Predator del regista Dan Trachtenberg ha fornito una rispettosa rappresentazione del popolo Comanche, coinvolgendo nella produzione e nella realizzazione consulenti e rappresentanti nativi americani, questa è senza dubbio la strada giusta da percorrere.