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Venezia 2018, Acusada: Recensione del film di Gonzalo Tobal

Una ventenne accusata di aver ucciso la migliore amica. Un legal movie in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.

pubblicato 4 Settembre 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 16:56

Arriva dall’Argentina uno dei titoli più deludenti del Concorso di Venezia 75: Acusada di Gonzalo Tobal, 37enne qui alla sua opera seconda. Un legal movie che concentra la propria attenzione su uno dei tanti casi di cronaca nera che puntualmente monopolizzano l’attenzione dell’opinione pubblica. Dolores ha poco più di 20 anni, un bel volto e un futuro davanti a se’ apparentemente roseo, con il sogno di una scuola di moda parigina da cullare.

Peccato che la ragazza sia l’unica sospettata di un brutale omicidio. Quello della sua migliore amica, accoltellata in casa al termine di una festa organizzata proprio da Dolores, unica presente nelle ore del delitto. Passati due anni da reclusa nella propria abitazione, perché additata da tutti come assassina e ossessivamente ricercata dalle televisioni e dai paparazzi, l’atteso processo è finalmente alle porte, con i genitori di Dolores disperatamente al suo fianco. Ma sospetti e segreti, a lungo taciuti, tornano a galla in prossimità delle prime udienze…

Sceneggiatura quanto mai attuale, quella scritta da Tobal, perché facilmente collocabile in qualsiasi Paese del mondo. Tanto in Italia quanto all’estero, gli efferati e irrisolti omicidi tra amici, amanti o famigliari suscitano clamore, che si fa il più delle volte puro e semplice sciacallaggio. Una fascinazione nei confronti del macrabro e della cronaca difficilmente motivabile, che in questo caso il regista amplifica in modo alquanto sciatto (sua, probabilmente, la peggior scena di sesso dell’anno), scivolando lentamente verso il crime movie di stampo televisivo.

Per quale motivo Acusada corra per il Leone d’Oro di Venezia, rimane un mistero. Il ‘caso’ di omicidio viene sviscerato tanto dall’interno quanto dall’esterno, con lo spettatore chiamato ad indossare gli abiti del pubblico ministero, soppesando prove ed illazioni, menzogne e presunte verità. A non aiutare la prova catatonica della protagonista, la cantante/modella/attrice Lali Espósito, tanto bella quanto inespressiva, dall’alto di un personaggio volutamente in bilico tra dubbi e certezze, inganni e verità.

Il circo mediatico che attinge dalla cronaca nera si fa qui co-protagonista, spettacolarizzando delitti che hanno infranto vite, distrutto famiglie. Una comunicazione di tipo sensazionalistico a cui siamo ormai da tempo abituati, in cui l’apparire ha maggior peso dell’autenticità, diluendo fatti in nome del Dio share, di una condivisione social, di una copia di giornale in più da vendere.

Argomentazioni quanto mai correnti malamente gestite da un regista che non conosce mezze misure, coadiuvato dalle pressanti musiche di Rogelio Sosa e dalla livida fotografia di Fernando Lockett. Gael García Bernal, un po’ sorprendentemente, compare improvvisamente negli abiti di una ‘Barbara d’Urso’ argentina, telegiornalista che neanche fosse un giudice sentenzia in diretta tv trincerandosi dietro la maschera dell’informazione, mentre quanto accaduto quella fatidica notte prende lentamente forma. Ma mai in modo esaustivo e completo, perché Tobal non ha interesse a risolvere completamente il caso, limitandosi a dichiarare colpevole o innocente l’indagata del titolo.

Un’opera di assoluta mediocrità registica, recitativa e di scrittura, nel finale ‘animalesco’ tendente al ridicolo e concettualmente priva di qualsivoglia interesse cinematografico.

[rating title=”Voto di Federico” value=”3″ layout=”left”]

Acusada (Argentina, Messico, 2018) di Gonzalo Tobal; con
Leonardo Sbaraglia, Lali Espósito, Inés Estevez, Daniel Fanego, Gerardo Romano, Gael García Bernal