Aferim!: recensione in anteprima del film in concorso a Berlino 2015
Un western rumeno rappresenta uno dei tasselli del Concorso. Aferim! tocca i tasti giusti, con un sarcasmo provocatorio, sagace ma non urtante
Siamo nella Romania della prima metà del XIX secolo. 1835 per l’esattezza. Constandin e suo figlio viaggiano per le lande della Wallachia nel tentativo di acciuffare uno zingaro, gli odierni rom. Macchiatosi di un crimine che solo più avanti nella storia scopriamo essere quale, l’uomo si nasconde da qualche parte, al riparo dalla legge, rappresentata proprio da Costandin.
Un western est-europeo Aferim!, che ai codici del genere integra un’intera cultura, quella rumena. Nel corso di questo viaggio i due cacciatori s’imbattono in situazioni le più disparate. In una delle fasi più brillanti del film, un sacerdote ortodosso sale in cattedra cominciando a vomitare tutta una serie di sentenze durissime: ce n’è per tutti, ma soprattutto per gli ebrei, di cui riporta una bizzarra e fantasiosa mitologia, secondo cui inizialmente esistevano i cosiddetti Giganti Ebrei, poi abbattuti; gli ebrei attuali altro non sarebbero che delle copie rimpicciolite.
Ma non è finita. Quando si tratta di elencare i tratti caratteristici di ciascun popolo, Aferim! diventa una brillante commedia nera, rispettando i tempi in maniera impeccabile, mentre veniamo incalzati dai brevi ma esilaranti luoghi comuni del prete: gli italiani sono bugiardi, i russi bevono vodka, i greci pensano troppo. Roba che a riportarla così non rende l’idea: manca l’enfasi e la convinzione del sacerdote, colto da un sorta di raptus, da un eccesso di zelo che manco i predicatori più animosi.
In generale in Aferim! si parla molto, anzi, per alcuni il termine “verboso” sintetizzerebbe a dovere. Ma intuendone le implicazioni, ci guardiamo bene dal definirlo così; il film di Radu Jude punta molto sui dialoghi, quasi tutto, è vero. Constadin è un pozzo senza fondo di massime, adagi e citazioni, che spaziano dal motivetto sporcaccione al ben più alto insegnamento sapienziale. Tuttavia si tratta di uno di quei casi in cui il parlato non solo è importante, bensì indispensabile, contraddicendo in pieno quella presunta regola non scritta per cui al cinema conta solo ed esclusivamente l’azione.
Qui la vicenda, i luoghi, gli incontri fanno da sfondo a quanto viene detto, non viceversa. Ed il punto è che la cosa funziona, poiché dà spessore e profondità ai personaggi così come al contesto. Si ha davvero la sensazione di essere lì, appresso a questo ufficiale con aiutante al seguito, mentre si imbattono in individui mai visti, ma che ci sembrano perfetti per quel quadro. D’altra parte Jude dice di aver attinto a scritti e documenti dell’epoca; riutilizzati a nostro parere in modo intelligente.
Ma Aferim! non ci parla solo di quel tempo, quella società, quelle persone. Tutto il contrario. Quello dell’integrazione è un problema ancora esistente, così come lo è l’abuso di potere ed il senso di smarrimento dinanzi all’impotenza a reagire e battersi per ciò che è giusto. «Preoccupati solo di fare il tuo, senza sperare di cambiare il mondo», raccomanda Costandin al figlio, che è un’espressione meno cinica e rassegnata di quanto si possa credere. A più riprese il padre incalza il figlio sulla carriera da seguire (quella militare), per sistemarsi e godere di quei privilegi riservati solo a certe categorie. È forse cambiato qualcosa oggi? Al tempo seguivano i padri nelle loro imprese; oggi i più tra questi frequentano le università. Con le stesse aspettative da parte di genitori sin troppo ansiosi di assicurare un futuro “certo” ai propri figli.
In questo Aferim! funziona abbastanza, ovvero quale specchio dei nostri tempi. Espressione abusata, inutile negarlo, ma a cosa serve recuperare il passato se non è applicabile al presente? Questa dark comedy perciò, e in quanto tale probabilmente, si concede di discutere su tutto, o per lo meno su ciò che c’è di più irrisolto. Il tema religioso, per esempio, specie nella sua accezione confessionale, è parecchio presente. Ed è riuscito il film nella misura in cui porta avanti un elegante sarcasmo quando oppone la saggezza, gli insegnamenti della tradizione e della morale alla pratica di tutti i giorni – segnatevi questa: sapete perché i poveri pregano molto? Perché hanno più tempo.
Irriverente, nient’affatto incline al politicamente corretto, Jude riesce a portare avanti il suo argomentare senza eccedere, mantenendo i cosiddetti equilibri. Anche per questo, cassare Aferim! come “verboso” non rende giustizia ad un andamento ben costruito, che proprio mediante il parlato acquisisce consistenza anzinché il contrario. Con un po’ di pazienza ci si guadagnano alcune sincere risate, qualche spunto per riflettere ed un finale che mette alla prova tutte e due le cose appena elencate. Un finale truce ma per niente gratuito: quello che serve ad una storia così particolare come questa.
Voto di Antonio: 7½
Voto di Gabriele: 7
Aferim! (Romania, 2015) di Radu Jude. Con Teo Corban, Toma Cuzin, Mihai Comanoiu, Victor Rebengiuc, Luminita Gheorghiu, Alberto Dinache ed Alexandru Dabija.