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Animali Selvatici: nuove clip e 4 locandine firmate del film di Cristian Mungiu (Al cinema dal 6 luglio)

Tutto quello che c’è da sapere su “Animali Selvatici”, il nuovo film del regista rumeno Palma d’Oro Cristian Mungiu al cinema dal 6 luglio con Bim Distribuzione.

6 Luglio 2023 11:19

Dal 6 luglio nei cinema d’Italia con Bim Distribuzione Animali Selvatici (R.M.N.), Il nuovo film del regista rumeno Palma d’oro Cristian Mumgiu (4 Mesi, 3 Settimane, 2 Giorni).

Animali Selvatici – Trama e cast

La trama ufficiale: Qualche giorno prima di Natale, dopo aver lasciato il suo lavoro in Germania, Matthias (Marin Grigore) fa ritorno al suo tranquillo villaggio in Transilvania. Spera di dedicarsi maggiormente all’educazione di suo figlio Rudi (Mark Blenyesi), rimasto troppo a lungo sotto le cure della madre Ana (Macrina Bârlădeanu). Ha anche voglia di rivedere la sua ex, Csilla (Judith State), ed è preoccupato per il suo vecchio padre Otto (Andrei Finți). Quando dei nuovi operai cingalesi vengono assunti nella piccola fabbrica gestita da Csilla, la pace della comunità viene turbata. Timori a lungo sopiti e inedite frustrazioni assalgono i concittadini, lasciando emergere la conflittualità e l’intolleranza che si celano dietro un velo di apparente armonia.

Animali Selvatici – Trailer e video

Curiosità sul film

  • La sceneggiatura è stata scritta da Cristian Mungiu nella primavera del 2021, i finanziamenti e la produzione sono stati messi in piedi rapidamente e le riprese hanno avuto luogo tra il novembre 2021 e il gennaio 2022.
  • Mungiu e la sua troupe hanno preferito non girare nella Terra dei Siculi, ma a Rimetea, un villaggio della Transilvania ex patrimonio dell’UNESCO.
  • I ruoli principali sono affidati ad attori professionisti, mentre quelli secondari sono interpretati da non-professionisti. A ciascun attore è stata data la propria parte, ma non le scene riguardanti situazioni che non avrebbe conosciuto il proprio personaggio. I dialoghi erano interamente scritti.
  • Il film è stato girato in digitale in luoghi già esistenti ad eccezione della casa di Csilla che è stata costruita da zero sul posto.
  • Cast tecnico: Fotografia di Tudor Vladimir Panduru, RSC / Scenografie di Simona Pădurețu / Costumi di Cireșica Cuciuc / Montaggio di Mircea Olteanu / Suono di Olivier Do Hùu, Constantin Fleancu & Marius Leftărache
  • Team di produzione: Produttore esecutivo Tudor Reu / Produttori Cristian Mungiu / Mobra Films (RO) – Coproduttori Pascal Caucheteux and Grégoire Sorlat / Why Not Productions (FR) – Delphine Tomson / Les Films du Fleuve (BE) – Anthony Muir and Kristina Börjeson / Film I Väst (SE)

Note di regia

Transilvania

Ricordo di aver visto un film di Mel Brooks negli anni ’80 intitolato Frankenstein Junior. Era già in partenza una commedia, ma era ancora più comico per noi in Romania, dal momento che il protagonista saliva su un treno a New York e scendeva da quello stesso treno a Bucarest, che nel film era la capitale della Transilvania e simboleggiava il luogo che si trova alla fine del mondo, nonché la terra dei vampiri e dei mostri. La storia di R.M.N. si svolge poco prima della pandemia, durante il Natale 2019 e l’inizio del 2020, in un piccolo villaggio multietnico in Transilvania, la provincia più occidentale della Romania. È la storia di Matthias che torna a casa dalla Germania e di Csilla che lavora al forno di produzione del pane del villaggio. Non mi addentro troppo nella storia della Transilvania, ma per noi rappresenta il tipico territorio a lungo conteso tra due paesi e che è passato dall’uno all’altro. Un po’ come l’Alsazia e la Lorena. Nel nostro caso la disputa è stata tra Romania e Ungheria, o meglio l’Impero austroungarico. Di conseguenza, in Transilvania vivono sia rumeni sia ungheresi. Ma non sono gli unici abitanti. Circa 700 anni fa ai sassoni furono assegnate le terre al confine dell’Europa, accanto ai monti Carpazi. Dunque in Transilvania ci sono anche dei tedeschi. La maggior parte di loro se ne andò negli anni ’70 quando Ceaușescu li vendette alla Germania Occidentale per 5.000 marchi tedeschi pro capite. I rimanenti abbandonarono quelle terre dopo la caduta del comunismo. Ma le loro case, le chiese fortificate, i cimiteri e i villaggi circondati da alte recinzioni ci sono ancora. E in Transilvania ci sono tantissimi popoli romani. Vi arrivarono dapprima come schiavi o servi circa 200 anni fa e molti si sistemarono nelle case abbandonate dai tedeschi quando questi se ne andarono. Con così tante etnie diverse, la Transilvania è diventata il terreno di gioco preferito dei movimenti populisti o nazionalisti di ogni genere. Negli anni ’90 c’erano scontri in strada con vittime. In seguito le cose si sono calmate. Molte persone sono andate a lavorare all’estero dal momento che la povertà ha impattato sulle loro vite, a prescindere dalla loro etnia. Il nazionalismo torna a fare capolino di quando in quando, in particolare prima delle elezioni. Ma non lasciatevi confondere: il film non parla della situazione in Transilvania, né di rumeni, ungheresi e tedeschi che dividono lo stesso territorio. È ambientato in quella regione, ma parla anche di russi e ucraini, di bianchi e di neri, di sunniti e sciiti, di ricchi e di poveri, persino di alti e di bassi. Non appena si palesa una seconda persona nella stanza, questa viene percepita come appartenente a una diversa tribù e dunque potenzialmente nemica.

Miorița e altre ispirazioni per il film

Non mi ero reso conto di quanto Miorița fosse stata una fonte di ispirazione per questo film finché non ho notato quante pecore e altri animali appaiono in esso. Miorița è difficile da spiegare: è una ballata nazionale rumena che narra la storia di tre pastori e del loro gregge. Questi pastori provengono da regioni diverse, uno ha più pecore e quindi è più ricco, motivo per cui gli altri decidono di ucciderlo e di impossessarsi del suo gregge. Le sue adorate pecore, il suo cane fedele e la natura in generale cercano di metterlo in guardia, ma lui crede nella sorte: se questo è il suo destino, che si compia. C’è persino uno schema associato con la Miorița, con la geografia della Romania e con il modo rumeno di vedere la vita: si chiama ritmo ascendente e discendente. A scuola studiamo tutti la Miorița e nel film i bambini la recitano per le festività natalizie. Il cane fedele di Matthias lo mette in guarda quando si manifesta un pericolo e le sue pecore gli sono affezionate forse più di chiunque altro. Naturalmente, al di là della Miorița, c’era la storia vera: prima dello scoppio della pandemia, nella Tinutul Secuiesc, la Terra dei Sicuri, alcuni proprietari di fabbriche presero in considerazione l’ipotesi di assumere lavoratori provenienti da lontano, dal momento che i locali se ne erano andati per lavorare in paesi dell’Europa occidentale. Tuttavia, i personaggi di R.M.N. e i rapporti tra loro sono di fantasia, come lo sono le motivazioni e gli atteggiamenti di ciascuno e gli eventi descritti nel racconto. Un’altra lontana fonte d’ispirazione è la storia di Roșia Montană: in sostanza è l’emblema del dilemma che impone la scelta tra l’offrire posti di lavoro nelle miniere d’oro (e distruggere l’ambiente con il cianuro) o il salvaguardare l’ambiente e i meravigliosi paesaggi per le generazioni future mentre i locali vivono in protratte condizioni di indigenza. E poi, ci sono state le storie di animali e degli effetti collaterali del fatto che la Romania pare possedere la più numerosa popolazione di orsi e lupi d’Europa, raccontate a scadenza regolare dai mezzi di informazioni.

Stereotipi e narrazioni

Una delle narrazioni più ricorrenti per spiegare l’attuale posizione della Romania tra i paesi europei è che non ci siamo sviluppati tanto quanto le società occidentali perché siamo stati impegnati a combattere gli invasori che volevano saccheggiare l’Europa e grazie al fatto che noi li abbiamo tenuti occupati qui nell’est, gli occidentali hanno avuto tutto il tempo del mondo per progredire ed erigere le loro opulenti cattedrali. Ma allo stato attuale molte altre narrazioni vengono utilizzate per rendere conto dello stato del pianeta oggi. La globalizzazione è la nuova Babele, un segno che il mondo sta giungendo alla fine. Quando anche le malattie diventeranno globali, la fine sopraggiungerà rapidamente. Il surriscaldamento globale è un altro segno dell’imminente epilogo e presto l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali le esaurirà e le persone si faranno la guerra per sopravvivere. Per secoli, è stato più facile identificare gli invasori. I locali vivevano in piccoli villaggi tra le foreste e non appena appariva qualcuno a dorso di cavallo sull’altro versante della collina, veniva subito individuato come potenziale nemico (il turismo è arrivato dopo). Oggi, con gli aerei, le cose sono diventate più complesse. Uno stereotipo peculiare riguarda gli unni, gli antenati degli ungheresi, giunti a dorso di cavallo e soliti nutrirsi di carne cruda che frollavano mettendola sotto la sella. È uno stereotipo talmente iffuso che nessuno lo mette in dubbio. Circa 30 anni fa, il Consiglio Europeo ha raccomandato l’uso del termine “rom” al posto di “zingaro” o “gitano” percepito come offensivo. La Romania tentò inutilmente di opporsi all’iniziativa per la confusione che generava tra rom, popoli romanì, romeno e rumeno e così la confusione crebbe. Per i rumeni essere scambiati per rom è la più grande offesa, mentre gli occidentali percepiscono il nostro desiderio di fare la distinzione come un atteggiamento già inappropriato e discriminatorio.

Temi

R.M.N. mette in discussione i dilemmi della società di oggi: solidarietà rispetto a individualismo, tolleranza rispetto a egoismo, correttezza politica rispetto a sincerità. Mette anche in discussione il bisogno atavico di appartenere, di identificarsi con il proprio gruppo etnico, con la propria tribù e di considerare naturalmente l’altro con riserva e con sospetto – sia esso appartenente a una diversa etnia o a una diversa religione o a un diverso sesso o a una diversa classe sociale. È una storia sul tempo passato, percepito come attendibile, e sul tempo presente, vissuto come caotico; sul carattere subdolo e ipocrita di una scala di valori europea che viene più rivendicata che messa in atto. È una storia che parla di intolleranza e discriminazione, di pregiudizio, stereotipi, autorità e libertà. È una storia che parla di codardia e di coraggio, dell’individuo e delle masse, del destino personale rispetto a quello collettivo. È anche una storia sulla sopravvivenza, sulla povertà, sulla paura e su un futuro feroce. Il film parla degli effetti causati dalla globalizzazione in una piccola comunità radicata in tradizioni secolari: i valori dei tempi andati sono smarriti, ma l’accesso a internet di cui oggi gode la gente non ha proposto valori aggiornati, ma al contrario ha gravato le persone della difficoltà di distinguere la verità dalle loro opinioni personali nel caos cognitivo e morale dei nostri giorni. R.M.N. affronta anche il tema degli effetti collaterali della correttezza politica: la gente ha imparato che è meglio non esprimersi se la propria opinione differisce dalla norma del giorno, ma il “politically correct” non è un processo formativo e non serve a cambiare profondamente le opinioni, ma solo a inibire le persone dal dire quello che pensano. Ma così facendo alla fine le cose si accumulano e a un certo punto debordano. Di per sé la storia non associa le idee “politicamente scorrette” con un’etnia o un gruppo particolari: dal momento che opinioni e azioni sono sempre individuali, non dipendono dall’identità di un gruppo ma da fattori molto più complessi. Al di là delle connotazioni sociali, nella storia è presente un profondo livello umano general che parla di come i nostri convincimenti siano in grado di forgiare le nostre scelte, che parla dei nostri istinti, dei nostri impulsi irrazionali e delle nostre paure, degli animali sepolti dentro di noi, dell’ambiguità dei nostri sentimenti e delle nostre azioni e dell’impossibilità di arrivare mai a comprenderli pienamente. Le cose che amo maggiormente nel film sono quelle che non possono essere espresse a parole.

Il titolo

A quanto pare, l’empatia ed altre abilità di interazione sociale hanno origine sulla superficie della corteccia cerebrale, mentre gli istinti più animali che hanno contribuito alla sopravvivenza della specie umana occupano il restante 99% del cervello. R.M.N. sta per Rezonanta Magnetica Nucleara – Risonanza Magnetica Nucleare. In inglese l’acronimo è NMR – Nuclear Magnetic Resonance. E in francese è IRM. In sostanza, si tratta di uno strumento di indagine del cervello, una scansione di quest’organo allo scopo di cercare di individuare cose sotto la sua superficie. Leggendo la sceneggiatura, per il film qualcuno aveva suggerito il titolo Europe 2.0. Durante le riprese, in una delle location, mi sono imbattuto in un’immagine risalente alla fine del XIX secolo chiamata Lamb of God (lett. Agnello di Dio). Ho pensato che avrebbe potuto essere un buon titolo.

Cristian Mungiu – Note Biografiche

Cristian Mungiu (Photo by Juan Naharro Gimenez/Getty Images)

Cristian Mungiu è un regista rumeno nato a Iaşi, in Romania, nel 1968. Il suo film di esordio “Occident” viene selezionato in anteprima alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes nel 2002 e riscuote un grande successo di pubblico in Romania. Nel 2007, il suo secondo lungometraggio, “4 Mesi, 3 Settimane, 2 Giorni”, vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes. In seguito il film otterrà numerosi riconoscimenti come Miglior Film dell’anno attribuiti da varie associazioni internazionali di critici cinematografici. Conquisterà anche i premi per il Miglior Film e il Miglior Regista della European Film Academy. Mungiu torna a Cannes nel 2009 come sceneggiatore, produttore e co-regista del film collettivo a episodi “Racconti dell’età dell’oro” e nel 2012 come sceneggiatore e regista di “Oltre le colline”, che riceve i premi per la Miglior sceneggiatura e per le Migliori attrici. “Un Padre, Una Figlia” (Bacalaureat), il suo quinto film presentato al Festival di Cannes, vince il premio per la Miglior regia nel 2016.

Animali Selvatici – Foto e poster

Partendo dalla visione di “Animali selvatici” gli artisti coinvolti nella realizzazione dei poster hanno lavorato liberamente ispirandosi al film. Il risultato è nelle splendide illustrazioni di De Santis, Fior, Paloscia e Toffolo e nella loro interpretazione del lungometraggio presentato in concorso al Festival di Cannes e recentemente designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI.

Dopo la laurea alla Scuola d’Arte, Andrea De Santis lavora come graphic designer in diversi campi finché la sua grande passione per l’illustrazione lo porta a collaborare con riviste, agenzie, editori e marchi in tutto il mondo. Il suo approccio concettuale e lo stile minimale si intrecciano in immagini di grande impatto.

Manuele Fior è uno dei più noti e apprezzati autori di fumetti e illustratori contemporanei. Con le sue graphic novel si è aggiudicato i più importanti premi internazionali e prestigiose mostre. Quotidiani, riviste e case editrici gli commissionano regolarmente illustrazioni di articoli e copertine, in Italia e all’estero.

Pax Paloscia ha studiato arte e fotografia a Roma e New York. Il suo lavoro, che abbraccia illustrazione, pittura, fotografia, collage e video è stato ampiamente collezionato e esibito in gallerie e musei nazionali e internazionali. Ha pubblicato diversi progetti editoriali e una monografia.

Davide Toffolo, nato a Pordenone, è uno dei maggiori autori di fumetto contemporanei. Tra i suoi lavori più noti, Piera degli Spiriti, Fregoli, Carnera, Pasolini, Il re bianco, Il cammino della Cumbia. È conosciuto come voce e chitarra della band Tre Allegri Ragazzi Morti. La sua immagine pubblica è una maschera a forma di teschio.