Aprono Roma Film Fest, Torino Film Fest e Firenze Film Pop! E se ci prendessimo le ferie?
Italo Moscati e i troppi festival.
Amo le Mostre, i Festival, le Rassegne, le Mostriciattole… insomma amo il cinema e gli esploratori di cinema in caccia di novità, amo anche i direttori che si fasciano di Red Carpet e quelli che vanno in cantina o in caverna per fare setta in nome del padre, del figlio e dello spirito santo del cinema. Ma non ne posso più. Non c’è giorno che non ci ricordi che la spada sulla testa sta calando come una ghigliottina.
Uno dopo l’altro, nel funebre mese di novembre, zombie, talvolta: RomaFilmFest e TorinoFilmFest cominciano in salsa di odio poco cordiale; comincia anche il glorioso FestivalFilmPop (più comunemente conosciuto come Festival dei Popoli, uno dei più anziani, e discreti: nacque nel 1959); mentre tanti altri, in silenzio, giocando a nascondino, cominciano in un clima venefico di ristrettezze e di nano ideologie e technologie, alzando allo schermo una miriade sipari come se fossero gonne, scoprendo a volte mutande, mutandine, pannolini e pannoloni. Blah. Purtroppo sotto tutte le mutande non c’è il cinema o se c’è spesso dà molto fastidio perché segnalato, raccomandato da clisteri critici che fanno male in quanto non proprio, come dire, di qualità. Blah! Blah!
A parte gli scherzi e le battute, di cui chiedo venia, mi sento un po’ imbarazzato di stomaco di fronte allo spettacolo corale di clisteri perché di questo spettacolo proprio non se ne sente il bisogno. Ed è lo show che avviene prima dei film, mostra (!) e strapazza consigli di amministrazione, presidi e presidenti, direttori e dirigenti, impiegati, funzionari e appuntati.
Essi si lasciano sedurre dagli annunci, anticipazioni, dichiarazioni, interviste, gargarismi pur di dirci quanto sono bravi, quanto sono bravi i politici che li proteggono anche se stanno con un piede sulla soglia delle patrie galere, i portaborse che i piedi ce li hanno tutti dentro e non riesco ad uscire anche sono batman o batmen. Battono il malaffare.
Davvero è un rompicapo. Battaglie sulle date. Sui film, spesso bufale senza mozzarella, sui divi, sugli ospiti da lustrare con il sidol. Persino sulle marche di pop corn. O sui fazzolettini per pulire gli occhialini del 3D o le loro visioni surreali: tutti sognano Hollywood. Una Hollywood che si abbarbica alle statuette dell’Oscar, ma è la rupe tarpea del divismo o del grande cinema (che non sia fracasso o schiumosi schifosi alieni, salsicce di fantascienza che di fanta non ha niente ma che continua a rompere occhi e timpani con scientifica mente malata).
Muller attacca Amelio, Amelio risponde. Parole intossicate. Veleni. Muscoli gonfiati. Stoltezze.
I capi (mò chi sono?) di Torino licenziano Amelio senza neanche preavvertirlo. Muller incassa il via e guarda avanti: ormai mangiato il panettone, mangerà l’uovo di pasqua?
Stiamo a casa, cerchiamo qualche buon film nel poco che circola (c’è, c’è), valorizziamo i dvd, i vetusti vhs, i ripescaggi televisivi rari perché i canali tv non hanno un euro e piovono le rane sgommate delle solite repliche. Però, ecco il punto, snobbiamo i festival, scegliamoli con cura ma mandiamo alla toilette i chiacchieroni che li guidano o li proteggono senza capire una mazza. Comunque, la festa cominci. Via tutti.