Aquaman e il regno perduto: un profluvio di CG per un dignitoso commiato che punta sul sicuro
La recensione di Cineblog di “Aquaman 2”, diretto da James Wan e interpretato da Jason Momoa, Patrick Wilson, Yahya Abdul-Mateen II e Nicole Kidman.
Aquaman e il regno perduto è impegnato nella sua corsa nelle sale, nel momento in cui scriviamo questo post il film ha incassato (al 1° gennaio) 255 milioni di dollari nel mondo, da un budget stimato di poco superiore ai 200 milioni. Cifre che in prospettiva non fanno ben sperare poiché il film di James Wan è finito al centro di una sorta di “tempesta perfetta”: da una parte il filone supereroistico in piena crisi e dall’altra l’arrivo di James Gunn e Peter Safran a capo dei DC Studios a decretare la fine definitiva del DC Extended Universe (DCEU), con l’uscita di scena di tutto il parterre di supereroi annessi, tranne qualche eccezione, vedi Blue Beetle.
In realtà alla Warner Bros. sembrano intenzionati, come si suol dire, a non buttare via il bimbo con l’acqua sporca, se Aquaman terminerà il suo arco narrativo, Jason Momoa potrebbe restare a bordo per interpretare Lobo. Prima dell’uscita di “Aquaman e il regno perduto”, Momoa aveva lasciato intendere che il suo Arthur Curry avrebbe salutato i fan in quest’ultima avventura, e dopo la premiere del film realizzata in sordina per i fan senza red carpet e sfilata di star, l’addio di Momoa e Wan ad Aquaman è apparso qualcosa di ormai acclarato.
Un prologo all’insegna del “Family Friendly”
La trama del film vede il ritorno di Black Manta (Yahya Abdul-Mateen II) che ancora spinto dal bisogno di vendicare la morte di suo padre, non si fermerà davanti a nulla pur di annientare Aquaman (Jason Momoa) una volta per tutte. Questa volta Black Manta, in possesso del potere del mitico Tridente Nero, che scatena una forza antica e malevola, è più temibile che mai. Per sconfiggerlo Aquaman si rivolgerà al fratello imprigionato Orm (Patrick Wilson), l’ex re di Atlantide, per forgiare un’improbabile alleanza. Insieme dovranno mettere da parte le loro divergenze per proteggere il loro regno e salvare la famiglia di Aquaman, e il mondo intero, da una distruzione irreversibile.
Quello che si nota da subito di questo sequel è il bisogno di Wan di liberarsi della parte “comica” che aveva contraddistinto il primo film, che faceva il verso ai film Marvel e che il pubblico aveva tanto gradito portando il film a superare a sorpresa il tetto del miliardo di dollari d’incasso. Quella che per noi era un modo forzoso di proseguire la strada intrapresa con il disastroso rimaneggiamento da parte di Joss Whedon del film Justice League, qui viene affrontata così come si toglierebbe un dente, in modo veloce e deciso con un prologo che mostra Arthur Curry (Momoa) e Mera (Amber Heard) nei panni di genitori, un siparietto da sitcom a tratti imbarazzante, ma necessario per soddisfare chi aveva gradito la massiccia dose di gag e battute di cui era infarcito il film originale, e che si aspettava di ritrovare in questo sequel.
Tolkien. Lovecraft e Ray Harryhausen
Archiviata la parte più briosa e stucchevole, lo specialista in horror James Wan, il creatore di franchise horror come Saw, Insidious e Conjurihg Universe scatena la sua parte più oscura. Libero da ogni costrizione, il regista mette in scena un antico e potente manufatto dal potere oscuro che sembra uscito da un racconto di Tolkien: il tridente nero. Tale arma è in grado di possedere e portare alla follia chi lo impugna, in questo caso Black Manta, che entra in contatto con un nuovo monarca sottomarino e il suo regno, il cui nome Necrus è già tutto in programma. Per Necrus, Wan crea un variegata orda di mostri, omaggiando il maestro Ray Harryhausen e dando sfogo a tutta quella parte creativa che aveva profuso nello sviluppo dell’accantonato spinoff dei “Trench” che avrebbe visto proprio Black Manta protagonista. Su schermo Atmosfere lovecraftiane e creature tentacolari per un profluvio di CGI ed effetti speciali supervisionati da Nick Davis ( Il cavaliere oscuro).
“Profluvio” è un termine più che adeguato visto che quasi ogni fotogramma del film presenta effetti visivi, forniti per l’occasione da ben 6 diverse aziende, tra cui l’iconica Industrial Light & Magic (ILM) e la Moving Picture Company (MPC) che vanta collaborazioni con Tim Burton, Ridley Scott, Zack Snyder e Jon Favreau e crediti per Alien: Covenant, Blade Runner 2049 e il live-action di Ghost in the Shell. La troupe degli effetti visivi ha inventato nuove tecnologie e attrezzature VFX per le scene subacquee del film, con 100 macchine da presa che hanno catturato le performance e le scene d’azione, per poi applicarle alle versioni 3D degli attori.
Fratelli per forza per un dignitoso commiato
“Aquaman e il regno perduto” vede co-protagonisti l’Aquaman di Momoa e il fratellastro di quest’ultimo, l’ex sovrano Orm di Patrick Wilson che viene liberato dal suo esilio al solo scopo di aiutare Arthur a rintracciare Black Manta. Una collaborazione forzata che innesca dinamiche piuttosto familiari tipiche della “buddy-comedy” e una certa sintonia tra i due attori, elementi che abbiamo già visto e apprezzato con Thor e Loki in Thor: The Dark World. Chiaramente la critica d’oltreoceano si è profusa in stroncature brutali, sembrava stessero scrivendo pensando al loro nemico giurato Zack Snyder e al bisogno di affondare gli ultimi resti di un universo che hanno sempre disprezzato, tranne quando tentava di ammiccare all’MCU.
Il punto debole di “Aquaman e il regno perduto” è il suo voler accontentare un po’ tutti, inclusi gli stessi realizzatori, a partire dal “fan service” nel prologo piuttosto irritante. Ma non possiamo ignorare anche evidenti puti di forza, vedi la regia dinamica di Wan e le performance del cast che riescono in qualche modo a portare il film sui binari di un’avventura fantasy a tinte horror che si segue senza troppa fatica, e che alla fine regala un dignitoso commiato ad un personaggio che alla fine Momoa e Wan hanno avuto il merito di reinventare e rilanciare, togliendolo da quel limbo di quasi parodia in cui era finito nei fumetti.