At the end of the day: la recensione in anteprima
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Un furgone viaggia in una remota landa coperta di boschi. Al suo interno un gruppo di amici si prepara a un weekend all’insegna del softair, la guerra simulata combattuta con pallini di plastica al posto delle pallottole. Un vecchio rudere immerso nella boscaglia è il luogo perfetto per simulare tattiche militari e scontri a fuoco. C’è qualcuno però che vive nei pressi di quel luogo abbandonato, che forse sarebbe stato meglio non infastidire. Durante la partita improvvisamente una delle ragazze si allontana dal gruppo e scompare. Quello che doveva essere un gioco si trasforma in guerra vera e inizia una caccia all’uomo senza pietà.
Sono tanti i motivi di interesse che rendono At the end of the day un film d’esordio molto atteso. Alla regia c’è Cosimo Alemà, classe 1970, con una lunga carriera nel mondo dei videoclip alle spalle e una buona esperienza nel campo dei cortometraggi. La scelta di affrontare la prova del primo lungometraggio secondo un genere cinematografico ben specifico paradossalmente risulta controcorrente rispetto ai tanti esordi “autoriali” che il cinema italiano ci ha proposto. At the end of the day è un film horror dall’impianto estremamente tradizionale che applica le regole e i canoni del genere alla disciplina paramilitare del softair. Il modello di base è quello di Non aprite quella porta, impossibile contare quante volte sia stato replicato lo schema narrativo fondamentale di quello che viene definito il Survival Movie per eccellenza. La macchina da presta si muove con sicurezza tra gli aspri ambienti boschivi, regalando grande dinamismo alle scene d’azione più frenetiche. Interessante anche l’idea di girare un film decontestualizzato da un luogo reale e con attori che recitano in inglese, aprendo la possibilità di una distribuzione internazionale a un prodotto evidentemente concepito per un pubblico non solamente italiano.
Non tutto però funziona a dovere nel meccanismo di At the end of the day, e l’ingranaggio che più facilmente si inceppa è quello della sceneggiatura. Il topos narrativo, nonostante la declinazione paramilitare, viene rispettato in modo così lineare da rendere estremamente prevedibile ogni colpo di scena, compresa la sequenza progressiva delle uccisioni. I personaggi sono costruiti con il calibro, quasi fossero standard di un hard discount della sceneggiatura, un minimo di caratterizzazione avrebbe forse offerto qualche sviluppo narrativo imprevedibile. Peccato anche non aver approfondito le motivazioni che avrebbero dato vita alla follia bellica che spinge i carnefici a uccidere senza pietà le loro vittime sacrificali. Bisogna però sottolineare che questi rilievi non devono essere necessariamente letti in qualità di un difetto. Per un film che gioca abilmente la carta del cinema di Serie B, il pubblico appassionato di questo genere infatti tende a non disprezzare eccessivamente la ripetitività delle formule fondamentali.
Il background musicale di Alemà ha invece permesso di dare vita a una colonna sonora decisamente interessante, grazie alla collaborazioni di diversi progetti sperimentali come Soap and Skin, Women in the Woods e Hammock che con le loro sonorità riescono a fornire un ulteriore tocco inquietante all’atmosfera del film.
Uscita in sala il 22 luglio. Qui il trailer.
Voto Carlo: 6
Voto Simona: 5-
Voto Carla: 4/5
At the end of the day – Un giorno senza fine Un film di Cosimo Alemà. Con Andrew Harwood Mills, Sam Cohan, Valene Kane, Neil Linpow, Daniel Vivian, Lutz Michael, Monika Mirga, Michael Schermi, Stephanie Chapman Baker.