Attacco al potere – Olympus Has Fallen: clip, spot e curiosità
La Corea del Nord vuole bombardare gli Usa con la bomba atomica. Realtà o finzione che si incrociano nel nuovo action di Antoine Fuqua…
Costato 70 milioni di dollari, Attacco al potere – Olympus Has Fallen ne ha incassati quasi 90 sul suolo Usa. Un successo forse inatteso per la pellicola di Antoine Fuqua, da noi già recensita ed in grado di cavalcare con furbizia gli eventi di queste ultime settimane, che hanno visto tornare in primo piano la Corea del Nord, pronta a scatenare chissà quale folle guerra nucleare nei confronti degli Stati Uniti d’America.
All’interno della pellicola, infatti, un gruppo di estremisti nord coreani da’ il via ad un audace agguato in pieno giorno alla Casa Bianca, oltrepassando l’edificio e prendendo in ostaggio il Presidente Benjamin Asher (Aaron Eckhart) e il suo staff all’interno dell’impenetrabile bunker presidenziale sotterraneo. Il loro obiettivo è quello di mettere sotto scacco l’intera nazione degli Stati Uniti. L’unica speranza per evitare la catastrofe è Mike Banning (Gerard Butler), l’ex responsabile della sicurezza il quale, rimasto l’unico membro dei Servizi Segreti ancora vivo nell’edificio assediato, diventerà gli occhi e le orecchie del Portavoce della Casa Bianca Allan Trumbull (Morgan Freeman) e dei suoi consiglieri.
Oggi, a 48 ore dall’uscita nei cinema d’Italia firmata Notorious Pictures, Attacco al potere – Olympus Has Fallen diventa realtà grazie a spot e clip in italiano, oltre ad un mare di curiosità legate alla produzione e alla reale escalation di terrore che negli ultimi 30 anni ha visto Usa e Corea del Nord sempre in primo piano. Da leggere tutto d’un fiato, in nostra compagnia.
LA QUESTIONE NUCLEARE E L’ESCALATION DELLE TENSIONI?
Il programma nucleare civile nordcoreano viene avviato all’inizio degli anni ‘60, quando con la collaborazione dell’URSS vengono realizzati un reattore e un centro di ricerca nucleare a Yongbyon: il sito è alla base del successivo programma militare, avviato nel 1980.
Settembre 1991 viene firmato un trattato con la Corea del Sud volto a vietare lo sviluppo, la sperimentazione ed il possesso di armi nucleari nella penisola coreana.
Febbraio del 1993 viene vietato l’accesso degli osservatori internazionali a due sospetti siti nucleari nordcoreani, provocando proteste internazionali a cui il paese ha risposto minacciando l’uscita dal TNP (Trattato di non proliferazione nucleare).
Ottobre del 1994 la crisi è stata poi risolta tramite la negoziazione di un accordo quadro tra Stati Uniti e Corea del Nord, in base al quale la seconda ha promesso di arrestare il suo programma nucleare in cambio della fornitura di combustibili da parte del primo. L’accordo non ha bloccato definitivamente il programma nucleare nordcoreano, che è continuato in segreto.
Novembre del 2002 uno studio della CIA denuncia la cooperazione tra Pakistan e Corea del Nord nel campo delle tecnologie nucleari e dei missili balistici, una violazione dell’accordo quadro che porta alla sua sospensione da parte degli Stati Uniti.
10 aprile 2003 in risposta, la Corea del Nord si ritira dal TNP riavviando ufficialmente il suo programma nucleare militare.
9 ottobre 2006 la Corea del Nord conduce il suo primo test nucleare diventando il nono paese al mondo a disporre della bomba atomica. L’esplosione è stata più piccola del previsto e alcuni esperti statunitensi hanno suggerito la possibilità che il test fosse fallito oppure che si fosse verificata una fissione nucleare parziale. In base all’intelligence statunitense la Corea del Nord ha prodotto o ha la capacità di produrre fino a sei o sette dispositivi nucleari.
17 marzo 2007 la Corea del Nord afferma nei negoziati internazionali che avrebbe iniziato i preparativi per la disattivazione del sito nucleare principale. Questo spegnimento viene confermato successivamente il 14 luglio 2007 dagli ispettori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica che hanno osservato la fase di spegnimento iniziale del reattore nucleare di Yongbyon della potenza di 5 MW, anche se non era presente nessuna tabella di marcia ufficiale. In cambio, la nazione nord-coreana ottiene 50 000 tonnellate di petrolio dalla Corea del Sud. Una volta spento in modo permanente il piccolo reattore, la nazione riceverà l’equivalente di 950 000 tonnellate di petrolio. A seguito dei progressi nei negoziati nel settembre 2007, mirati all’accelerazione del termine del programma nucleare nord coreano, la Corea del Nord avrebbe “disabilitato parte delle sue strutture nucleari” per la fine del 2007, in base alle dichiarazioni dell’assistente al segretario di stato Statunitense.
27 giugno 2008 viene disabilitata una torre di raffreddamento ad acqua nel sito nucleare di Yongbyon. È stato riferito che senza di essa non è possibile creare plutonio, anche se il New York Times afferma che “la torre è una struttura tecnicamente insignificante, relativamente facile da ricostruire”. Questo evento è comunque salutato come un segno da parte della Corea del Nord di voler concretamente terminare il proprio programma nucleare.
17 gennaio 2009 è riportata la notizia che la Corea del Nord avrebbe trasformato in armi circa 30 kg di plutonio, prodotto precedentemente dal reattore.
25 maggio 2009 la Corea del Nord effettua un secondo test nucleare sotterraneo. L’esplosione, confermata ufficialmente dal Governo di Pyongyang, è anche rilevata dai sismografi di Corea del Sud e Stati Uniti come un sisma di 4,5 gradi di magnitudo, e dovrebbe corrispondere a una potenza tra i 10 e i 20 chilotoni.
12 febbraio 2013 il governo della Corea del Nord dichiara di aver eseguito un terzo test nucleare sotterraneo, sottolineando come si tratta di un ‘test pienamente riuscito’. Il test, come nelle occasioni precedenti, provoca un terremoto di 4,9 gradi della scala Richter, causato, secondo gli esperti, da un ordigno di meno di 6 o 7 chilotoni. Attraverso Google Maps e le informazioni del USGS è possibile localizzare il luogo dell’ultimo test nucleare. Il Presidente Obama, attraverso una nota scritta, definisce “altamente provocatorio il test” e aggiunge che “queste provocazioni non rendono la Corea del Nord più sicura. Ben distante dal raggiungere il suo obiettivo di nazione forte e prospera, la Corea del Nord ha invece sempre più isolato e impoverito il suo popolo attraverso il suo sconsiderato inseguimento di armi di distruzione di massa”.
7 marzo 2013 Il portavoce del ministero degli Esteri di Pyongyang dichiara che il Paese eserciterà il proprio diritto di compiere «attacchi nucleari preventivi sui quartieri generali dell’aggressore», perché sono gli Stati Uniti a spingere per una guerra nucleare contro la Corea del Nord. In risposta Jay Carney, portavoce della Casa Bianca, dichiara che queste intimazioni non sortiscono nessuno effetto perché gli Stati Uniti sono del tutto in grado di neutralizzare ogni missile lanciato da Pyongyang. Poche ore dopo il Consiglio di sicurezza dell’Onu adotta nuove sanzioni a Pyongyang per il terzo test nucleare dello scorso febbraio. La Corea del Nord risponde che “sono gli Stati Uniti che stanno giocando col fuoco, è uno stratagemma di Washington per manipolare il mondo”.
11 marzo 2013 dopo l’inizio, da parte di Stati Uniti e Corea del Sud, delle esercitazioni militari congiunte “Key Resolve” (una simulazione al computer sugli scenari possibili di guerra, di difesa e attacco), La Corea del Nord fa sapere che interpreta il fatto come una vera e propria invasione, dichiara praticamente nullo l’armistizio del 1953 con la Corea del Sud e che le sue forze armate sono pronte a “trasformare in un batter d’occhio i regimi marionetta degli Stati Uniti e della Corea del Sud in un mare di fuoco”. Si legge nel quotidiano governativo del Partito dei lavoratori nordcoreano Rodong Sinmun: “Oggi scade l’ultimatum della Corea del Nord contro gli armamenti degli Usa e della Corea del Sud. O cessano gli armamenti e le prove militari oppure ci sarà una guerra nucleare”.
LA PRODUZIONE
Una coraggiosa avventura con un agente dei Servizi Segreti in pensione, una “talpa” invisibile per decenni, un ex-ufficiale traditore del governo e una banda di devoti guerriglieri, Attacco al potere – Olympus Has Fallen ha colto di sorpresa il regista Antoine Fuqua fin dalla prima lettura della sceneggiatura e si è convinto subito di aver trovato la storia di cui sentiva il bisogno di raccontare. “Quando il produttore esecutivo Avi Lerner mi ha portato la sceneggiatura, ho capito subito che era un grande materiale con un potenziale illimitato”, dice Fuqua, regista noto per il suo stile deciso nel raccontare storie di degrado urbano come Training Day, che è valso il premio Oscar a Denzel Washington come Migliore Attore. “Il titolo mi ha fatto venire in mente l’Impero Romano e l’idea del mito. Il Monte Olimpo è la dimora tradizionale degli dei greci e romani. È un simbolo del potere illimitato. Nel nostro film la Casa Bianca si sbriciola in maniera impensabile. Aveva un grande richiamo su di me. Roma, il grande impero, diventa l’America, e il suo più grande monumento crolla.”
Quando Fuqua è venuto a sapere che Gerard Butler aveva firmato per recitare e produrre il film, ha colto subito al volo l’opportunità di lavorare con un attore che aveva aspettato per anni.
In qualità di produttore, Butler era altrettanto desideroso di coinvolgere Fuqua nel progetto. “Quando abbiamo avuto questa sceneggiatura ho subito pensato ad Antoine,” afferma l’attore. “Di tutti i grandi registi che lavorano oggi, ho pensato che fosse quello che avrebbe assolutamente desiderato girare questo progetto. Adoro i suoi film da Training Day, che ritengo sia una delle migliori pellicole mai realizzate, fino a L’ultima alba e Brooklyn Finest. È capace di ricreare situazioni ruvide e realistiche come nessun altro.”
Il personaggio di Butler, l’agente dei Servizi Segreti Mike Bannig, diventa l’ultimo uomo rimasto dopo che un gruppo di Commando Nord-Coreano prende il controllo della Casa Bianca. Intrappolato senza rinforzi nell’edificio decimato, Banning impegna i terroristi in un gioco del gatto col topo dalla posta altissima.
“Quando sono cresciuto, erano sempre i Russi che facevano la parte dei cattivi”, dice Butler. “Per una storia contemporanea, la dinamica coreana è spaventosa e minacciosa. Dopo quello che è successo nell’Ambasciata Americana in Libia, ci rendiamo conto di quanto siamo davvero vulnerabili in ogni momento. L’idea di far entrare la Corea del Nord all’interno della Casa Bianca era intrigante.” Fuqua ha amato la coraggiosa idea principale della sceneggiatura. “La Casa Bianca è stato attaccata e il presidente preso in ostaggio. La mia unica domanda è, come sarebbe davvero potuto accadere?”
Ha fatto alcune ricerche preliminari sulla scena cardine della sceneggiatura ed è rimasto scioccato nello scoprire che sarebbe davvero possibile per una milizia relativamente piccola, ben armata e ben addestrata, fare un assalto a sorpresa alla Casa Bianca e infliggere in breve tempo seri danni. Convinto di maneggiare una storia che fosse al tempo stesso avvincente e plausibile, il regista ha intrapreso una ricerca approfondita sia sulla Casa Bianca, che sui Servizi Segreti per assicurarsi che la storia fosse assolutamente autentica.
“Questa è una grande storia e cosi abbiamo dovuto costruirne la base”, dice Butler. “Altrimenti sarebbe scivolata nel melodrammatico. Sapevamo che se avessimo lavorato al meglio, il pubblico se ne sarebbe accorto e si sarebbe appassionato ai personaggi. Ogni momento doveva essere giustificato e reale.”
Fuqua si è riunito con un team di consulenti, tra cui alcuni ex membri dei Servizi Segreti, dell’FBI, della CIA e delle forze dell’ordine. “Abbiamo inserito Joe Bannon, che è stato nei Servizi Segreti, e così anche Ricky Bryant Jones e Daryl Connerton, entrambi hanno passato del tempo alla Casa Bianca, per stabilire quali parti della sceneggiatura sarebbero rimaste e quali sarebbero state rimaneggiate.”
Jones, un esperto conoscitore delle tecniche di antiterrorismo, ha garantito a Fuqua che un attacco diretto alla residenza presidenziale non sarebbe un problema se qualcuno ci provasse.
“Se la Casa Bianca fosse occupata, ci sarebbe bisogno di qualcuno all’interno con una profonda conoscenza dello stabile per annientare la minaccia”, dice. “Uno come Mike Banning sarebbe in grado di infiltrarsi e riprendere sistematicamente il controllo. Se riuscisse a trovare un modo per comunicare con il mondo esterno, favorirebbe l’intervento del governo. Tutto mi sembrava davvero molto credibile.”
Attraverso i suoi consulenti, Fuqua si è accertato che una forza militare d’emergenza impiegherebbe almeno 15 minuti per arrivare alla Casa Bianca e fornire supporto agli agenti già all’interno dei locali, rendendo ancora più plausibile un assedio assicurato alla dimora presidenziale.
“Per la disposizione topografica di Washington, non esiste una strada diretta che porti alla Casa Bianca”, dice Fuqua “Qualsiasi unità militare impiegherebbe del tempo per giungere via terra. Sarebbe molto più breve raggiungere la sede per via aerea, ma anche un piano ben strutturato avrebbe generato il caos. Nonostante tutti i sistemi di sicurezza possibili che ci sono, l’idea che qualcuno possa apportare seri danni è reale. Puoi arrivare fino alla recinzione con uno zaino, ma come si fa a sapere che cosa c’è dentro? Se sei in grado di entrare all’interno del nostro spazio aereo e sei disposto a morire, che danno potresti provocare per primo?”
In quei 15 minuti “finestra” come punto di partenza, i consulenti hanno aiutato a pianificare un finto attacco, considerando sia il numero minimo di combattenti necessari per assaltare la Casa Bianca, sia quali sarebbero le armi più efficaci. “Abbiamo tenuto in considerazione i più piccoli particolari”, dice Butler. “Nulla è una semplice congettura. Tutto sta alla genialità del piano piuttosto che al solo livello di azione. Basta ricordare che l’11 Settembre è stato semplice come per dei ragazzi portare un taglierino su di un aereo. Questo è quello che mi ha colpito e anche quanto fosse provocatorio e rilevante.”
Utilizzando dei soldatini, il team ha tracciato tutto nei minimi dettagli. L’idea base di Fuqua per l’attacco era che il commando della Corea del Nord facesse rivoltare contro l’America la sua stessa abbondanza. “L’idea di un nemico che distrugge il simbolo massimo dell’America con le nostre stesse armi è scioccante”, dice. “Abbiamo preso in considerazione ciò che potrebbe realisticamente accadere se dei terroristi si appropriassero di alcune armi, se creassero un diversivo e se avessero qualcuno all’interno. I nord coreani utilizzerebbero i nostri strumenti, i nostri fucili e tutte le nostre attrezzature in maniera devastante. Abbiamo utilizzato sia degli elementi comuni, come i camion della nettezza urbana, che delle armi sofisticate. Tutto ciò che diamo per scontato può essere utilizzato in qualsiasi modo da un terrorista.”
“Abbiamo pensato che un camion della spazzatura sarebbe stato facilmente disponibile e si sarebbe prestato a diventare un solido bunker, così siamo partiti da lì”, ha detto Jones. “Abbiamo ambientato la storia il 5 luglio, in modo che i camion della nettezza urbana fossero lì per pulire dopo le celebrazioni della festa. Antoine ha avuto questa idea e ha aggiunto il suo personale tocco cinematografico.”
Anche le più basilari libertà dell’America sono sfruttate dai commando pur di arrivare al loro obiettivo, spiega Fuqua. “Alcuni di loro sono fanno finta di essere dei turisti e si muovono indisturbati. L’idea che la gente usa le nostre libertà come arma è reale. Qualcuno ha lasciato uno zaino pieno di esplosivo a Times Square e questo attacco è stato evitato soltanto perché un venditore ci è inciampato sopra. Cosa ci fa credere che non potrebbe accadere alla Casa Bianca? Un terrorista motivato, ?disposto a morire per la causa, potrebbe generare una marea di danni prima di essere neutralizzato.”
La scena dell’attacco si svolge in tempo reale, con i terroristi che prendono il controllo della Casa Bianca in soli 13 minuti. “È violenta perché è così ancorata alla realtà,” dice Fuqua. “Abbiamo fatto molte ricerche per renderla autentica. Si è discusso su quali tipi di armi sarebbero state più efficaci e abbiamo deciso per le 50 di grosso calibro. L’aereo C-130 Lockheed Hercules che i terroristi utilizzano è un’apparecchiatura terrificante. Su YouTube si può vedere cosa riescono a fare queste apparecchiature. Sono dei lanciafiamme. Se si vola e si è disposti a morire, quando i jet sparano in basso possono dare il via ad una catastrofe. “Abbiamo coinvolto gli sceneggiatori e setacciato la scena passo dopo passo,” continua. “Loro avevano già elaborato un’immagine molto approfondita di quello che sarebbe successo all’interno dell’edificio. Abbiamo ampliato la scena anche sul prato e sulla strada esterna. Per quanto riguarda l’assalto, non c’è scena nel film che non possa accadere nella realtà.”
Vedere tutto questo spiegamento in campo è stato agghiacciante, dice Jones. “Assistere all’entrata dei terroristi nella Casa Bianca mi ha fatto venire la pelle d’oca. Il set è incredibilmente realistico, una cosa da vedere surreale e che fa riflettere. Mi ha colto completamente alla sprovvista. Questa è la residenza più sicura che ci sia, con i migliori combattenti addestrati del mondo e i servizi segreti a proteggerla. Vederla cadere in battaglia è un’esperienza incredibile.”
Una volta che la piccola unità si è assicurata il suo obiettivo, si spostano nel Centro Operativo di Emergenza Presidenziale (PEOC), il bunker sotto la Casa Bianca utilizzato dal presidente in caso di evacuazione di emergenza. Anche in questo caso, Fuqua ha diligentemente studiato tutto nei minimi particolari.
“Qui è dove Dick Cheney e gli altri funzionari di alto rango sono stati messi al riparo durante gli attacchi dell’11 Settembre,” spiega. “Abbiamo fatto del nostro meglio per ricreare tutti i dettagli, tra cui la costruzione delle porte di sicurezza rosse, proprio come quelle del vero PEOC. Qualunque informazione confidenziale abbiamo avuto, ho cercato di riportarla sullo schermo.”
Quando Fuqua ha iniziato la pre-produzione di Attacco al potere – Olympus Has Fallen sapeva relativamente poco sui meccanismi interni e sulla cultura dei Servizi Segreti. Girare il film gli ha aperto gli occhi sulla dedizione che gli agenti devono avere sul lavoro ed i sacrifici che sono disposti a fare.
“Non avevo idea di quanto fossero importanti”, dice. “I Servizi Segreti hanno un programma di addestramento che è completamente separato da quello militare, da quello della CIA e del FBI. Sono sempre in modalità di prevenzione, facendo attenzione a che non succeda nulla, a differenza delle forze militari addestrate ad attaccare. Si muovono per primi per assicurarsi che tutto sia sotto controllo. Lavorano con i dipartimenti di polizia locali. In qualche modo sono a capo del programma del presidente. Per questo motivo sono davvero individui unici.”
Tra le loro responsabilità c’è anche quella di essere disposti a beccarsi una pallottola per l’ufficio di presidenza. “Pensate per un attimo questo”, dice Fuqua. “Il vostro compito è quello di evitare che il presidente e la sua famiglia possano rimanere feriti. Se necessario si fanno colpire con i proiettili. Non conosco tante persone che lo farebbero volontariamente. Il mio apprezzamento per loro è fenomenale. Le loro vite sono costantemente a rischio e, quando ho saputo tutto ciò, li ho voluti onorare con questo film.”
Per una strana casualità, il regista ha avuto il suo primo incontro ravvicinato con i Servizi Segreti durante la realizzazione del film. “Mentre giravamo, ho ricevuto una telefonata da parte di mia moglie dicendomi che i Servizi Segreti erano a casa nostra”, ricorda il regista. “Ero fuori di testa, pensavo che avesse a che fare con il film. Si è poi scoperto che c’era una persona speciale nel mio quartiere quel giorno e, a quanto pare, da casa mia c’è un punto di vista della casa in cui si trovava, così hanno voluto utilizzarla per fare delle osservazioni. Ancora non so chi fosse in quella casa, ma ho considerato un po’ ironico il fatto che, il giorno in cui stavo girando l’attacco alla Casa Bianca, i Servizi Segreti si sono presentati sulla soglia della mia.”
Dopo un recente test screening in Arizona, Fuqua è stato più volte avvicinato da persone del pubblico che si sono sentite ispirate dal film. “Molta gente mi ha detto che la visione della pellicola li ha fatti sentire più patriottici e desiderosi di combattere per questo paese” afferma il regista. “Ho scoperto che è edificante. Non è un film di propaganda ma è una storia americana; è stata, quindi, una bella sorpresa per me.” Solo qualche anno fa, secondo il regista, lo scenario di Attacco al potere – Olympus Has Fallen sembrava impossibile. “Dopo l’11 settembre abbiamo iniziato a guardare il mondo con occhi diversi. Il film è estremamente divertente, ma è anche un monito. Quando abbassiamo la guardia, può succedere di tutto.
L’ASSALTO ALLA CASA BIANCA?
Una volta che Fuqua e i suoi consulenti hanno messo a punto il piano d’attacco alla Casa Bianca, il regista ha compiuto una scelta coraggiosa. Invece di utilizzare ampiamente la tecnologia CGI per ricreare il luogo storico di Washington, hanno costruito una riproduzione e hanno organizzato la fase l’assedio con un uso assennato degli effetti speciali.
“Abbiamo abbattuto fisicamente la Casa Bianca in questo film”, dice. “È stato motivo di discussione. Sapevamo che se l’avessimo fatto in questa maniera ne saremmo usciti fuori in modo folgorante. Un evento.”
Fuqua pensava che avrebbe girato il film nella contea di Washington ed è rimasto scioccato quando ha saputo che i produttori stavano progettando di costruire una riproduzione della Casa Bianca a Shreveport, Louisiana. “Ho detto ‘come avete intenzione di farlo?’ Ma poi abbiamo trovato un perfetto scenografo. Derek Hill aveva già ricostruito la Casa Bianca per Oliver Stone in W. Sapevo che se qualcuno fosse stato in grado di farlo, sarebbe stato Derek.”
Hill ha creato un enorme e dettagliato set per la scena più estesa del film. “Personalmente penso che il momento più importante delle riprese sia stato quando ho messo piede per la prima volta sul set,” dice il regista. “Abbiamo davvero ricostruito in Lousiana la Casa Bianca, Pennsylvania Avenue, la fontana, l’intera facciata anteriore e tutta la hall interna. Ancora non riesco a credere che hanno costruito tutto questo in così breve tempo.”
Il primo giorno di riprese dell’epica scena di battaglia, Fuqua si è davvero reso conto del lavoro svolto da Hill quando guardava una folla di persone nei panni dei terroristi, degli agenti dei servizi segreti e degli astanti brulicare sul ??set. È stato davvero impressionante da vedere”, dice. “Mi sentivo come se fossi ritornato bambino e stessi guardando un film di David Lean. La scena aveva quello scopo. La gru era in alto e avevamo questa grande battaglia in corso. Ho pensato: questo è il motivo per cui voglio girare i film”.
Per rendere coreografica l’azione, Fuqua si è portato Keith Woulard, un ex Navy Seal che aveva precedentemente lavorato con il regista in L’ultima alba. “Sapevo che Keith avrebbe reso il tutto emozionante ed autentico”, dice. “La violenza sembra talmente reale da risultare fastidiosa. Abbiamo elaborato la coreografia sulla base di quello che i Seal potrebbe realmente fare in una situazione del genere e poi l’abbiamo modificata con qualche piccolo tocco cinematografico.”
Woulard e il suo team ha simulato i corridoi della Casa Bianca con scatole di cartone, filmando per Fuqua l’effetto con una video camera. “In questo modo ho potuto preparare tutto più velocemente”, dice il regista. “Non avevo il tempo per fare gli storyboard come mio solito. Sono stati molto creativi sull’utilizzo delle cose che si possono effettivamente trovare nella Casa Bianca, come le armi. L’hanno reso autentico e divertente ma anche brutale e sgradevole, perché così sarebbe nella realtà.”
Woulard, che ha lavorato in altri blockbuster come Black Hawk Down (diretto da Ridley Scott), Iron Man (Jon Favreau) e GI Joe: Rise of Cobra (Stephen Sommers), è stato incaricato di far sembrare tutto il più autentico possibile. “Antoine era estremamente esigente nel far apparire le cose nella maniera più realistica” dice. “Non gli piacciono i combattimenti fasulli. Abbiamo lavorato con un sacco di artisti delle arti marziali esperti nel lavoro d’impatto, in modo da poter effettivamente toccarsi l’un l’altro e rendendo tutto al meglio.”
Il gruppo degli stunt era enorme, per un totale di circa 130 persone. “È una squadra davvero grande,” dice Woulard. “Abbiamo usato circa 100 persone in una sola volta per la battaglia fuori la Casa Bianca. Tutto accadeva contemporaneamente e c’era tanta gente con cui avere a che fare. È molto spettacolare vedere come i Commando coreani assalgono la Casa Bianca. Sono orgoglioso di far parte di tutto ciò.”
Tra i nemici combattenti del film c’è anche un considerevole numero di donne che, dice Fuqua, riflette la realtà della guerra moderna. “Non tratto le donne come se fossero vittime o damigelle in pericolo”, dice. “Stanno combattendo. Sono parte della battaglia. Quando vengono rapite, combattono proprio come un uomo. Un terrorista non sarebbe gentile soltanto perché uno dei prigionieri è una femmina.”
Il personaggio di Melissa Leo ne è un esempio calzante. Come Segretario della difesa, ha informazioni vitali per i terroristi e questi usano tutti i mezzi necessari per farla fuori. “Non mostriamo alcun tipo di pietà per Melissa Leo,” dice Fuqua. “Lei viene picchiata. È una dura e resiste ai suoi rapitori con lo stesso coraggio di un uomo. Una volta che vengono rapiti, il problema è solo quello di demoralizzarli al fine di ottenere ciò che è necessario e, in questo modo, non viene in mente a nessuno di fuggire. Quando ci troviamo nella PEOC, diventa molto più intenso. Alcune persone possono trovarlo scioccante ma, durante uno screening test, alcune donne mi hanno ringraziato per non aver reso il personaggio soltanto una vittima.”
Ma è Butler quello che si è caricato il peso di un ruolo fisicamente in costante pericolo. “È molto atletico e non si lamenta di nulla”, dice Woulard. “È un perfezionista che non vuole perdersi nemmeno un momento. Quando ha messo piede sul set era sempre pronto.”
Per Fuqua, Butler avrebbe potuto usare una controfigura per molte scene, ma ha preferito girarle lui stesso. “È molto impegnato. Avremmo potuto girare un campo lungo e utilizzare uno stunt ma ha voluto fare tutto. Si è anche beccato qualche livido dal momento che lui e Rick Yune si scaraventavano a vicenda contro le pareti. E, dal momento che i muri non erano veri, abbiamo dovuto tenerli fermi per fissarli!”
In qualità di regista, Fuqua afferma che cerca sempre di girare film che vorrebbe vedere. “Ho girato questo perché è qualcosa che avrei voluto vedere. Sorprenderà il pubblico. Sono tanti gli aspetti di questa pellicola che possono attirare. È molto emozionante e, in alcuni momenti, anche piuttosto intima. Ci sono grandi personaggi e tante diverse dinamiche in corso.”
Ma sopratutto, dice, è pieno di quegli elementi ad alto livello che spera facciano fremere il pubblico. “Io amo i film”, dice Fuqua. “Mi piace spingere una storia e vedere fin dove può arrivare. Credo che i film dovrebbero vivere al limite, con personaggi e gli eventi che sono più grandi della vita. Guardando un film sul grande schermo, dovresti essere in grado di perderti in quest’altro mondo”.
“Ogni volta che dobbiamo affrontare dei pericoli, c’è sempre qualcosa di eccitante,” conclude. “Mettersi ai margini crea adrenalina e questa ti fa sentire più vivo. Un film come Attacco al potere ti fa pensare alla vita e ai suoi pericoli. In questo caso, appare possibile che la Casa Bianca sia assalita, che ci siano dei prigionieri e che il mondo sia in ostaggio. È una cosa strabiliante e non tanto lontana dalla realtà.”