Berlino 2017: On the Beach at Night Alone – recensione del film di Hong Sang-soo
L’asse Germania-Corea fa da sfondo alle incertezze di una giovane coreana. On the Beach at Night Alone è il solito film di Hong Sang-soo, forse un po’ meglio del solito; piccolino ma caloroso
Parliamoci chiaro: chi lo conosce ce lo vede Hong Sang-soo a fare un film brutto? Posto che un criterio così povero, che distingue tra bello e brutto, lascia il tempo che trova, il regista coreano sembra oramai incapace di sfornare film che non abbiano qualcosa da dire e che sappiano dirla. On the Beach at Night Alone rappresenta a conti fatti un’altra variazione, appena percettibile, sul medesimo tema. Young-hee (la bella Kim Min-hee) si trova ad Amburgo presso un’amica, il cielo grigio a minacciare costantemente pioggia; il suo è un soggiorno piuttosto tranquillo, a metà strada tra il turismo e la prova generale per un futuro, possibile trasferimento. La sua amica le mette pure la pulce nell’orecchio: «dovresti trasferirti qui in Germania. Così, tanto per provare». Young-hee non sembra affatto contraria all’idea ma qualcosa la frena. Cosa?
Durante tutto ciò che avviene successivamente si tenta di rispondere proprio a questa domanda. On the Beach at Night Alone adotta uno schema analogo a quello di Right Now, Wrong Then, film che è valso a Sang-soo il Pardo d’Oro due anni addietro: sostanzialmente è diviso in due parti, la prima ad Amburgo, per l’appunto, l’altra in Corea. Se nel film presentato a Locarno nel 2015 il discorso proponeva la stessa storia ma con scelte ribaltate, qui la scelta, per così dire, resta sospesa. Il regista coreano è un maestro nel modellare il tempo dei suoi film, che è sempre e comunque componente essenziale; detta così sembrerà un’ovvietà, ma è pur vero che altrove difficilmente si riscontra questa capacità di dare forma ai tempi del racconto in relazione agli sviluppi non della trama bensì dei personaggi.
In tal senso On the Beach at Night Alone assurge quasi a masterclass, ed il merito è essenzialmente della protagonista. Il suo umore fa da termometro a tutto, compreso il passare del tempo per l’appunto; si tratta di una strana sensazione, che ti fa dire: ecco, qui Young-hee ha congelato la scena, mentre qui l’ha rimessa in moto. Come? In Germania la giovane coreana vive un conflitto che emerge piuttosto chiaramente, non solo per via del suo atteggiamento, sempre diretto e senza peli sulla lingua. Aspetta, cerca di capire, mai troppo soddisfatta ma nemmeno sfiduciata, come se da un momento all’altro sperasse nella svolta, l’evento che in poche parole decida per lei; quando si rende conto che niente e nessuno la forzerà a fare alcunché, allora le cose cambiano.
Di ritorno in patria, Young-hee rivede dei suoi vecchi amici e va con loro a cena, un contesto molto familiare ad Hong Sang-soo, che in occasioni del genere piazza sempre dei passaggi importanti. Ed infatti Young-hee, mezza sbronza, dà spettacolo; per un nonnulla comincia a rispondere male, ad attaccare tutto e tutti, senza mezzi termini, verrebbe quasi da dire con cattiveria. Nessuno l’ha realmente provocata e l’alcol non è che una scusa, di quelle che non reggono: in vino veritas, la ragazza sta semplicemente pensando ad alta voce. Il suo sembra quasi un crollo, ne ha tutta l’aria, ma il minimalismo del regista coreano non enfatizza, né predilige essere diretto. Perciò la nostra curiosità rimane sospesa (ecco di nuovo il concetto di tempo), affascinata da questa cena in pianosequenza mentre la gente sbevazza e si prende gli insulti da una giovane forse viziata.
Forse, ma quale che sia la verità, il disagio c’è. Quella di Young-hee pare essere la reazione di chi non ha più frecce al proprio arco, di chi ha già sperimentato tutto ma nulla l’ha appagata per davvero. In questo senso On the Beach at Night Alone propende per un certo esistenzialismo, dato che, alla fine della fiera, la protagonista è in cerca di quello che cercano tutti, ossia il proprio posto. A differenza di altri, però, lei ha preso sul serio questa ricerca, che quasi si è imposta senza che la diretta interessata potesse metterci bocca (sarà anche per questo che assume una posizione attendista, quasi che il cosmo, la sorte o chi per loro, dopo averle imposto questo desiderio le indicasse anche la via per realizzarlo?). Tutto però è lasciato un po’ così, in aria, senza chiarimenti che tendano a forzare possibili interpretazioni.
Il cinema di Hong Sang-soo si nutre di questa incertezza di fondo, facendo della vaghezza una virtù anziché un vizio, un difetto; è lì che lavora meglio, in quei vuoti che non devono necessariamente essere riempiti, lasciati apposta come sono per colmare semmai essi stessi l’incompletezza delle informazioni che ci vengono trasmesse. Così come lo strano personaggio senza nome che appare in più occasioni, sbucando sempre dal nulla: chi è? Nessuno dice, nessuno sa. Probabilmente una licenza poetica del regista, che integra una lieve e pacata nota umoristica ad una vicenda che procede comunque a prescindere. Oppure potrebbe essersi trattato di un sogno, forse addirittura un incubo, una sorta di viaggio onirico che Young-hee conduce mentre sta lì, sdraiata su una spiaggia. Da sola.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7.5″ layout=”left”]
On the Beach at Night Alone (Bamui haebyun-eoseo honja, Corea del Sud, 2017) di Hong Sang-soo. Con Kim Min-hee, Seo Younghwa, Jung Jae-Young, Moon Sung-keun, Kown Hae-hyo, Song Seon-mi, Jae-hong Ahn e Park Yeaju.