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Blink Twice: Cineblog vi consiglia 7 film da vedere se vi è piaciuto il thriller di Zoe Kravitz

Cineblog vi propone 7 thriller psicologici e con vendetta da guardare se vi è piaciuto il film di Zoe Kravitz con Channing Tatum e Naomi Ackie.

5 Settembre 2024 14:05

Con Blink Twice nelle sale italiane, il thriller psicologico con Channing Tatum che segna l’intrigante esordio alla regia dell’attrice Zoe Kravitz, abbiamo colto l’occasione per stilare una piccola lista di film che vi consigliamo di ripescare se avete apprezzato l’interessante mix di thriller psicologico e revenge-movie che il film di Kravitz  mette in scena con l’aggiunta di un pizzico di humour nerissimo che ci ha ricordato la baldoria gore dell’horror Finché morte non ci separi.

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Il revenge-movie negli anni ’70 ha avuto una controversa variazione sul tema denominata “Rape & Revenge”, un sottogenere famigerato per la sua rappresentazione grafica di violenza, stupro, tortura e immagini sessuali. Prendendo come ideale punto di riferimento “Non violentate Jennifer” (I Spit on Your Grave) del 1978, scritto e diretto da Meir Zarchi, abbiamo scelto una serie di titoli di questo “sottogenere” con digressione al femminile, come il “Blink Twice” di Kravitz, cercando però di non fossilizzarci e prendendoci anche qualche libertà rispetto al genere e sottogenere di riferimento.

Detto ciò, siamo certi che i titoli selezionati non deluderanno, visto che rappresentano un’evoluzione del genere giunta fino agli anni 2000, affinandosi e perdendo lungo la strada quel controverso e misogino lato “pruriginoso” che negli anni ’70 ne decretò la fortuna commerciale, grazie ad un pubblico di fruitori prettamente maschile.

1. Una donna promettente (2020)

Una donna promettente è un film del 2020 scritto e diretto da Emerald Fennell al suo debutto alla regia e premiata con un Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Il film vede protagonista Carey Mulligan nel ruolo di una giovane donna tormentata da un passato traumatico mentre cerca di bilanciare perdono e vendetta mettendo in atto atti intimidatori contro uomini che hanno l’abitudine o l’indole di approfittare sessualmente di donne ubriache e/o prive di volontà.

Il film di Fennell, prima donna britannica ad essere candidata agli Oscar come Miglior regista, mette sul piatto un mix di generi e li maneggia con particolare cautela e dovizia. Nonostante ciò che racconta il film, la messa in scena non deborda mai e resta sui binari della consapevolezza e della capacità di narrare senza strafare. Bravissima Carey Mulligan, candidata agli Oscar come Miglior attrice protagonista, che però è finita nel mirino di un critico che non potendo attaccare il film ha puntato a deriderla a livello estetico. Mulligan è anche produttrice esecutiva del film coprodotto da Margot Robbie.

  • All’inizio del 2021, la rivista Variety ha pubblicato delle scuse pubbliche per la recensione del film del critico Dennis Harvey, a causa di un paragrafo che confrontava la star Carey Mulligan con Margot Robbie: “Mulligan, una brava attrice, sembra una scelta un po’ strana per questa apparente femme fatale dai molti strati. Margot Robbie qui è produttrice, e si può (forse troppo facilmente) immaginare che il ruolo potesse essere stato pensato per lei. Mentre con questa star, Cassie indossa il suo equipaggiamento da rimorchio come una brutta drag; persino i suoi lunghi capelli biondi sembrano una messinscena”. Mulligan ha detto al New York Times nel dicembre 2020, “Ho avuto la sensazione che fondamentalmente stesse dicendo che non ero abbastanza attraente”. Dopo le scuse editoriali e dopo le richieste sui social media di licenziarlo, Harvey ha ribadito la sua recensione: “Sono un uomo gay di 60 anni. In realtà non vado in giro a soffermarmi sulla relativa bellezza delle giovani attrici, figuriamoci a scriverne”.
  • Il titolo del film ha rievocato in qualcuno il caso di Brock Turner, uno studente della Stanford University condannato per violenza sessuale nel 2016. Il giudice lo ha condannato a soli sei mesi di prigione in quanto “giovane promettente”.

2. Don’t Worry Darling (2022)

Don’t Worry Darling è un thriller psicologico che segna la seconda prova da regista dell’attrice Olivia Wilde, che ha citato Inception e The Truman Show come fonti d’ispirazione per il film. La trama segue Alice, una casalinga interpretata da Florence Pugh che si trasferisce con il marito Jack (Harry Styles) in un’idilliaca città aziendale che sembra il paradiso in terra o meglio il sogno americano formato spot pubblicitario. Una volta iniziata la sua nuova vita, Alice comincia a sospettare che un sinistro segreto sia tenuto nascosto ai suoi residenti da Frank (Chris Pine), l’uomo dietro al “paradiso” e colui che gestisce il misterioso lavoro di cui i consorti maschi non possono assolutamente parlare con le loro mogli.

L’esordio alla regia dell’attrice Olvia Wilde è il film più simile al “Blink Twice” di Zoe Kravitz che troverete nella nostra lista, ma  anche quello che più si discosta dal filone “revenge”. I due film però condividono la premessa, una situazione all’apparenza idilliaca che comincia a mostrare inquietanti e malevole crepe fino al completo e scioccante disvelamento di una terrificante realtà, in cui la sopraffazione dell’uomo sulla donna ne inibisce la volontà.

  • Inizialmente Olivia Wilde voleva interpretare il ruolo principale, ma ha deciso di ritagliarsi un ruolo di supporto e scegliere Florence Pugh dopo averla vista in Midsommar – Il villaggio dei dannati (2019).
  • Olivia Wilde ha detto che il personaggio di Chris Pine, Frank, è basato sul controverso psicologo e autore Jordan B. Peterson. Durante una successiva intervista di persona, Peterson era triste fino alle lacrime perché ha affermato che lo avevano travisato per promuovere i temi del controllo e del dominio in questo film e ha anche affermato che lui stava cercando di aiutare le persone.

3. Revenge (2017)

Revenge recensione
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Revenge è un thriller “rape&revenge” francese del 2017, scritto e diretto da Coralie Fargeat e interpretato da Matilda Lutz nei panni di Jen, una giovane donna che si ritrova in una remota zona del deserto alla mercé di tre uomini. Jen viene violentata, brutalizzata e lasciata per morta nel deserto. Ripresi i sensi e ricordato quello che ha subito, Jen cerca vendetta sui suoi aggressori per un catartico e liberatorio bagno di sangue.

La regista francese Coralie Fargeat, al suo primo lungometraggio, approccia il cinema di genere nella sua totalità, miscelando con dovizia stilemi tipici del thriller, dell’horror, dell’action e soprattutto mette in scena un “rape&revenge” filtrato dal punto di vista femminile, una prospettiva che dona alla messinscena un impatto visivo a tratti sorprendente che gioca con il pop, sconfina nel pulp e raggiunge un brutale climax in cui il gore regna sovrano strizzando l’occhio ai patiti del genere horror.

  • La regista ha raccontato che il film presenta così tanto sangue che la scorta di sangue finto doveva essere continuamente approvvigionata dal reparto effetti speciali.
  • Coralie Fargeat ha citato Cuore selvaggio, Drive, Under the Skin e i film di David Cronenberg come riferimenti per il suo film quando presentava il soggetto a potenziali finanziatori. La regista ha anche citato come fonte d’ispirazione il film Duel di Steven Spielberg, perché in grado di generare tensione usando pochi elementi: un’auto, un camion e niente altro.

4. I Spit on Your Grave (2010)

I Spit on Your Grave è un horror americano del 2010, remake del controverso film del 1978 Non violentate Jennifer. È stato diretto da Steven R. Monroe e vede protagonista Sarah Butler nei panni della scrittrice Jennifer Hills che per scrivere in completa solitudine affitta una baita in riva al lago isolata e circondata da boschi. Pochi giorni dopo il suo arrivo, Jennifer viene brutalmente stuprata da un gruppo uomini locali, sceriffo incluso. Sfuggita ai suoi aguzzini, Jennifer torna per vendicarsi degli stupratori e per questi ultimi inizia una lenta e dolorosa punizione all’insegna dell’occhio per occhio.

Rispetto all’originale, che non consideriamo assolutamente un cult, questo remake a tinte horror è invece un film ampiamente sottovalutato e poco visionato a causa di una violenza grafica a dir poco feroce. Ma è proprio la connotazione horror a rendere “I Spit On You Grave” diverso e migliore dell’originale. Partendo da una protagonista credibile, il film di Steven R. Monroe riesce in quello che non era riuscito a pellicole come ad esempio il frustrante e brutale “Il branco” di Marco Risi, mostrare allo spettatore le conseguenze brutali ad un atto brutale e disumano che è ancora parte di un retaggio maschilista e misogino che arriva da lontano. Questo è senza dubbio un film per stomaci forti e per chi ama l’horror nella sua digressione più estrema, ma se siete sopravvissuti a pellicole come il francese Martyrs, e non prendete in considerazione gli strali di una critica bigotta e misogina in parti eguali nonché, cosa ancor più grave, poco avvezza al genere, “I Spit on Your Grave” vale assolutamente la visione.

A proposito di alcune critiche che definire opinabili è un eufemismo, Roger Ebert ha dato a questo film zero stelle come aveva fatto con il film originale. Secondo le sue stesse parole, il critico ha messo in particolare in discussione la presunta equivalenza morale di questo film con la vendetta dopo uno stupro, affermando che entrambi gli atti sono crimini ugualmente spregevoli. In soldoni vittima di stupro che si vendica uguale a branco di stupratori..stiamo scherzando vero?

  • Il film ha fruito di due mediocri sequel: I Spit on Your Grave 2 (2013) e I Spit on Your Grave III: Vengeance Is Mine (2015).
  • Sebbene non sia mai stato utilizzato, c’era una “parola di sicurezza” che Sarah Butler poteva usare se le scene di stupro diventavano troppo intense per lei.
  • All’inizio del film, Jennifer compra benzina per un valore di 19,78$. Il 1978 è l’anno in cui è uscito il film originale “Non violentate Jennifer”.
  • Sarah Butler ha accidentalmente scheggiato un dente del collega Jeff Branson durante le riprese della scena della tortura in cui lo costringe a fare sesso orale con una Magnum. Per motivi di budget, nel film sono state utilizzate vere armi da fuoco scariche anziché repliche di oggetti di scena.
  • Il regista Steven R. Monroe, ha raccontato che lo studio presentò una versione integrale del film alla censura americana (MPAA) per vedere se per caso avrebbero ottenuto una classificazione “R” (divieto ai minori di 18 anni se non accompagnati da un genitore o un tutore adulto). Tornarono dalla “MPAA” e dissero “guardate, avete un film NC-17 [tassativo divieto ai minori], ma non vi consigliamo di tagliarlo perché pensiamo che sia davvero d’impatto”. Quindi decisero di non modificare il film e lo distribuirono senza tagli in modo che potesse essere proiettato in più cinema.

5. Hard Candy (2005)

Hard Candy diretto dall’allora esordiente David Slade, regista poi del vampire-horror 30 giorni di buio e del sequel The Twilight Saga: Eclipse, è incentrato sulla cattura e la tortura da parte di Hayley Stark, una “vigilante” quattordicenne, di un uomo che sospetta essere un predatore sessuale. La vigilante è interpretata da Ellen Page, all’epoca ancora declinato al femminile fino al 2020, quando l’attore annuncia tramite il suo profilo Twitter di essere transgender e di voler essere chiamato Elliot Page. Nei panni del predatore sessuale c’è invece Patrick Wilson meglio noto ai più come protagonista di due noti franchise horror: Insidious dove interpreta il padre di famiglia Josh Lambert e The Conjuring dove veste i panni dell’investigatore del paranormale Ed Warren.

Solido e avvincente thriller-revenge con digressione psicologica, “Hard Candy” è ben girato, ma soprattutto ben interpretato con un allora esordiente Page che svetta, Wilson che gioca abilmente con l’ambiguità del suo personaggio e il controverso elemento “tortura” che inquieta, fa discutere ma ben si implementa a livello di scrittura.

  • Secondo l’attore Elliot Page, l’iconica maglietta rossa con cappuccio utilizzata nel film e sui poster era, in realtà, arancione. Il colore è stato cambiato in post-produzione, facendo pensare ad una somiglianza cercata con Cappuccetto rosso. In realtà il cast che la troupe hanno negato che la scelta dell’abbigliamento per il personaggio di Hayley fossero intese come un riferimento alla celebre fiaba per bambini.
  • “Quando diventa Charles Bronson in Il giustiziere della notte?” chiede Wilson riguardo alla natura di Hayley, cosa sta facendo a Jeff e quanto lontano può arrivare una punizione prima di diventare essa stessa un crimine morale. Page menziona che durante le proiezioni di prova, il momento in cui Jeff supplica e Hayley continua con il suo “lavoro” è quando molti uomini tra il pubblico volevano ucciderla. “La giustizia è una linea sottile in generale”, dice Page.
  • Elliot Page e Patrick Wilson discutono le diverse opinioni su Hard Candy da parte di coloro che l’hanno visto. Page pensa che sia incredibile quanto sia polarizzante il film e racconta persino la storia dei loro amici che sono andati a vederlo. Dopo il film, le reazioni dei loro amici cambiavano a seconda che fossero circondati da sole donne o da un uomo vicino al gruppo. Wilson ha raccontato che uno dei suoi amici ha detto che volevano dare un pugno ad Hayley. Ha ricordato quanto fosse stato difficile per la sua famiglia guardare il film, in particolare per sua moglie.
  • Patrick Wilson è svenuto brevemente a causa di uno sforzo eccessivo durante le riprese dell’intensità della scena dell'”operazione”.
  • A causa della natura controversa del film, il budget è stato mantenuto sotto il milione di dollari, in modo che lo studio non chiedesse di modificare nulla.

6. Lady Snowblood (1973)

Lady Snowblood è un dramma d’epoca (“Jidaigeki”) e un film del genere Samurai (“Chanbara”) di produzione giapponese diretto da Toshiya Fujita, che ha diretto anche il sequel Lady Snowblood 2: Love Song of Vengeance, e interpretato dall’attrice e cantante Meiko Kaji (Doppio suicidio a Sonezaki, Blind Woman’s Curse e serie tv Samurai senza padrone). Basato sulla serie manga omonima di Kazuo Koike e Kazuo Kamimura, il film racconta la storia di Yuki (Kaji), una donna che cerca vendetta su tre delle persone che hanno violentato sua madre e ucciso il suo fratellastro.

Lady Snowblood oltre ad essere un capolavoro del cinema di genere, come è noto è stato anche una delle principali fonti di ispirazione per il film Kill Bill di Quentin Tarantino e per il suo personaggio principale, La Sposa di Uma Thurman. La pellicola è anche indicata come uno dei capisaldi del filone “revenge” nella sua digressione al femminile e non solo.

  • Il regista Tarantino ha utilizzato dopo la scena del duello tra la Sposa e O-Ren il brano “Shura no hana”, tema musicale di Lady Snowblood, cantata da Meiko Kaji e tradotta con il titolo internazionale “Flowers of Carnage”. L’interesse suscitato dal film di Tarantino ha creato un rinnovato interesse per la musica di Meiko Kaji e l’ha ispirata a registrare e pubblicare nuove canzoni per la prima volta in quasi 30 anni.
  • Dal manga Lady Snowblood è stato tratto anche Princess Blade, diretto nel 2001 da Shinsuke Sato.

7. The Nightingale (2018)

The Nightingale è un thriller psicologico a sfondo storico di produzione australiana scritto e diretto da Jennifer Kent, regista di uno dei nuovi cult horror degli anni 2000, il memorabile Babadook. “The Nightingale”, interpretato da una meravigliosa e intensa Aisling Franciosi, è ambientato nel 1825 nella Terra di Van Diemen, e segue una giovane galeotta irlandese (Franciosi) che cerca vendetta contro i membri delle forze coloniali della Tasmania che l’hanno violentata in gruppo e hanno ucciso sia suo marito che sua figlia neonata. Nel suo struggente e brutale percorso di vendetta viene aiutata da un cacciatore aborigeno della Tasmania (Baykali Ganambarr), che cerca vendetta per la Guerra Nera degli occupanti britannici contro il suo popolo.

Altro film per stomaci forti con sequenze sin troppo brutali e intense (tra cui stupri, torture e infanticidi), tanto che gli attori sono stati seguiti nel corso delle riprese da psicologi ingaggiati dalla produzione. Kent che proviene dall’horror non fa sconti e carica sulle esili ma resistenti spalle della sua protagonista un carico di traumi e sofferenze che Franciosi fa sue e trasforma in una performance potente e struggente difficile da dimenticare.

  • L’attore Baykali Ganambarr che interpreta Billy” Mangana, l’aborigeno che accompagna la protagonista nel suo viaggio, ha vinto il premio Marcello Mastroianni ad un attore emergente alla Mostra del cinema di Venezia del 2018 per il suo ruolo di Billy in questo film.
  • Al Toronto International Film Festival del 2018, un uomo è stato fischiato dal pubblico quando ha chiesto a Jennifer Kent durante una sessione di domande e risposte se credeva che qualcuno nei cinema potesse avere l’intenzione di stuprare dopo la proiezione. Kent e il cast erano disgustati e non hanno risposto passando direttamente a un’altra domanda.
  • La lingua parlata dagli aborigeni della Tasmania in questo film è il Palawa Kani. È quasi estinta e “The Nightingale”segna la prima volta in assoluto che viene utilizzata in un film mainstream.
  • “Sono sempre stata affascinata dalla Tasmania”, ha detto la scrittrice e regista Jennifer Kent. Era considerata la più brutale delle colonie australiane, nota come “l’inferno in terra” nel mondo occidentale all’epoca. I recidivi venivano mandati lì; gli stupratori, gli assassini, i criminali incalliti. E venivano concepite punizioni severe per incutere timore nei cuori di coloro che erano rimasti in Gran Bretagna, per scoraggiarli dal crimine. Le donne d’altro canto, che spesso avevano commesso reati minori, venivano mandate in Tasmania per pareggiare l’equilibrio di genere. Erano in inferiorità numerica di otto a uno. Puoi immaginare che tipo di ambiente si sarebbe creato per le donne. Non era un buon posto o un buon momento per loro. E in termini di invasione aborigena, ciò che accadde in Tasmania è spesso considerato il peggior tentativo di annientamento da parte degli inglesi del popolo aborigeno e di tutto ciò a cui tenevano.”
  • Per la regista Jennifer Kent, il personaggio di Clare (Aisling Franciosi) doveva possedere una tenacia feroce e una forza d’acciaio, tratti caratteriali che derivavano da un’attenta ricerca nell’epoca. “Nella prigione per detenuti di Richmond, in Tasmania, una targa sul muro spiega che le detenute venivano messe in isolamento per tre settimane di fila, senza luce, al freddo gelido, su un pavimento di arenaria con un sacco di juta”, ha spiegato Kent. “Venivano messe dentro per aver risposto male ai loro padroni, o per essersi ubriacate, o per altri reati molto minori. Venivano rilasciate dopo ventuno giorni per tornare dallo stesso padrone, e commettevano deliberatamente un altro reato in modo da poter essere rimesse in isolamento”. Ha aggiunto: “Questo mi ha fatto pensare: ‘Perché una donna farebbe una cosa del genere? Cosa c’era di così brutto in quella situazione da farle preferire la privazione totale?’ La risposta è stupro, percosse, abusi fisici e psicologici. Mentre prendeva forma nella mia testa, Clare emergeva come una donna che proveniva da un contesto molto, molto difficile. Essere poveri nell’era georgiana non era visto come un problema economico, ma come una debolezza morale. Quindi i detenuti erano visti con quasi nessuna compassione. E le detenute erano viste come peggiori dei detenuti maschi, perché le donne erano pensate per essere un simbolo di purezza. E gli irlandesi erano visti dagli inglesi come la “feccia della terra”, un gradino sopra gli aborigeni, che erano visti come animali. Quindi aveva senso per me che anche lei sarebbe stata irlandese.”
  • Al centro del film c’è il personaggio centrale della detenuta irlandese Clare (Aisling Franciosi). Le detenute provenivano generalmente da contesti terribilmente poveri e rubavano per sopravvivere. Il furto di una pagnotta di pane o di un cappotto poteva comportare la deportazione di una persona per sette anni, come schiava a contratto di un colono libero o di un soldato, e la loro povertà garantiva un esilio permanente. Le detenute erano spesso maltrattate dai loro padroni.

Fonte: IMDb

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