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Blue Caprice: Recensione in Anteprima

Un fatto di cronaca americana fa da sfondo a Blue Caprice, ritratto del rapporto tra un padre e un figlio entrambi collegati ad una serie di inspiegabili omicidi avvenuti poco più di dieci anni fa nei pressi di Washington D.C.

pubblicato 13 Dicembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 06:12

Immagini di repertorio ci mostrano il tragico risultato della furia omicida che nel 2002 scosse l’area di Washington D.C.: due persone all’interno di una Blue Caprice uccisero numerosi civili nel corso di quasi un mese, senza alcun target prestabilito e servendosi di un fucile da cecchino. Anche in questo caso, come in Devil’s Knot, un film tratto da fatti realmente accaduti. Anzi, non fatti ma misfatti. Dritti nel «cuore di tenebra» di un America oggettivamente inerme dinanzi a personaggi ed episodi così estremi; perché dovunque, ma forse di più negli Stati Uniti, l’idea di un elemento incontrollabile, che semina terrore senza palesarsi, rappresenta forse la paura più prossima.

Blue Caprice ci prova a ricostruire non tanto la vicenda in sé, quanto i profili dei due protagonisti. Senza pretendere di esaurire l’argomento, perché Moors è consapevole di quanto sia improponibile stipare tanta irrazionalità all’interno di un solo film. Ma a conti fatti il vero fulcro del film risiede nella relazione tra Lee Boyd Malvo e John Allen Muhammad, in questo loro percorso radicalmente perverso.

Lee è un giovane di sedici anni abbandonato dalla madre. Vive ad Antigua, dove incontra John, un cittadino americano rifugiatosi ai Caraibi insieme ai suoi figli, che a causa di un’ingiunzione non potrebbe più vedere. Finché John non decide porre fine al suo esilio forzato e tornare in patria, portando con sé Lee. Il loro è un rapporto che cresce e si articola mediante un registro atipico: Lee è il figlio, il fratello, il discepolo e l’allievo di John. È tutte queste cose insieme, perché il progetto di quest’ultimo ha un solo indirizzo.

L’intento dell’ex-militare, avvertita come una vocazione, è quello di seminare terrore a scopo didattico. Assistiamo a questo prendere forma della Bestia, all’inizio timidamente, perché quella è l’infanzia dell’intuizione di John. La sua mente deviata, eppure posata e disciplinata, comincia a riversare la propria creatività sul povero Lee, vittima e al tempo stesso carnefice inconsapevole ma non per questo incolpevole.

Blue Caprice poggia interamente sulle dinamiche che si vengono ad instaurare tra quelli che oramai avvertono la propria come una famiglia: il giovane, ritrovatosi con un padre senza nemmeno capire come, si limita ad assecondare ogni richiesta ed ambizione nutrita da quest’ultimo. Mentre John è dedito anima e corpo alla propria missione educativa, la sola preoccupazione di Lee è quella di compiacere l’unica persona che le è rimasta al mondo.

In tal senso è manifesta sin dall’inizio quale sia la sofferenza di Lee, che non sa come reagire alla fuga della madre e che teme la solitudine più di ogni altra cosa. Il ragazzo, sembra dirci Moors, si pone per certi aspetti al di sopra della morale. Dopo il primo omicidio Lee resta profondamente turbato, concependo l’assoluta gravità del suo gesto, senza però che tale consapevolezza abbia la meglio sul suo bisogno di una persona cara, che sia un amico o un padre.

Ecco, sta in questo l’apice dell’indagine, ossia nel voler se non riabilitare senz’altro attenuare le colpe di un figlio putativo che, almeno in principio, ha agito spinto da una forza vagamente riconducibile all’amore. Eppure l’implicita condanna non viene risparmiata a Lee, poiché Moors è bravo a darci un’idea circa quale tipo di amore abbia scatenato tutti quegli omicidi. Senza voler forzatamente accollare un giudizio al regista, che magari non intendeva neanche esprimerlo in maniera così netta, la mancata assoluzione è evidente. Non c’è infatti simpatia o tenerezza alcuna verso chi per paura di restare solo è stato capace di uccidere altre persone in maniera così deliberata. E questo non intacca la tendenza essenzialmente descrittiva, quindi improntata su un certo realismo, da parte di Moors, che a questo proposito non risparmia la sozzura di un ambiente degradato e degradante, vissuto più come uno stato mentale piuttosto che un semplice luogo in cui ci si trova.

Ancora un film sulla miseria pulsante in quei sobborghi americani oramai assurti a cornice preferenziale, sintomatica e metaforica di una realtà troppo complessa per non essere costantemente indagata. Perché il ricorso a certe zone periferiche, come più e più volte abbiamo avuto modo di constatare su queste pagine, altro non rappresenta che il desiderio di approntare una mappatura del corpo vivente USA, il quale al proprio interno, a dispetto della magnificenza con la quale continua a rivestirsi, cela un mondo di abiezione e furia incontrollata. Un’irrazionalità seria, che sfugge a qualsivoglia etichetta, sicché tanti volenterosi cineasti continuano ad indagare senza posa, partendo da avvenimenti reali per poi procedere attraverso ipotesi, speculazioni e quant’altro. Senza mai snobbare quella realtà che è in fondo il punto di partenza e di approdo al tempo stesso riguardo alla loro indagine.

Tutte cose che abbiamo già scritto e che tanti hanno già detto probabilmente. Ecco, Blue Caprice indugia su questo filone, che è poi la matrice comune di gran parte del cinema contemporaneo indipendente americano. Cinema che, quanto a forma, continua a procedere sul medesimo binario, fatto macchine traballanti, voci sovrapposte, inquadrature astratte etc. Pane per i denti di chi apprezza questo metodo investigativo, che si esplicita attraverso il mezzo che sempre più sembra essere proprio di questa sterminata nazione. Ed in tal senso Moors è abile a partire dal particolare per poi spostarsi spontaneamente al generale e viceversa, raccontando la storia di come un normale cittadino, persona ordinaria, tenta di riscattare il proprio anonimato esercitando la forma ultima e più ferale di potere di cui ciascun uomo dispone: quella di togliere la vita ai suoi simili.

Voto di Antonio: 7

Blue Caprice (USA, 2013) di Alexandre Moors. Con Joey Lauren Adams, Tim Blake Nelson, Al Sapienza, Isaiah Washington, Leo Fitzpatrick, Tequan Richmond, Cassandra Freeman, Bruce Kirkpatrick, Malik Hammond, Alexis Iacono, Gregory M. Brown, Cory Scarborough, J.W. Cortes ed Happy Anderson.