Bridget Jones’s Baby: Recensione in Anteprima
Renée Zellweger torna in sala con Bridget Jones’s Baby, 3° esilarante capitolo della saga.
Riaffidata la baracca a Sharon Maguire, regista del primo capitolo, la 43enne Bridget finalmente incinta della Zellweger ha però messo a tacere ogni funesta previsione critica, avendo dato vita al miglior sequel di stagione nonché al più divertente film di tutto il 2016. Impronosticabile, fino a pochi mesi fa, se non fosse che l’impossibile sia diventato realtà. Sceneggiato a quattro mani da Sharon Maguire e David Nicholls, Bridget Jones’s Baby è tanto prevedibile e innocuo quanto volutamente leggero e dannatamente esilarante. Una commedia romantica in salsa british come da tempo non se ne vedevano, che inizia con un funerale e finisce con un matrimonio, dopo aver seminato nel mezzo una quantità enorme di irriverente comicità, sboccata, cinica e ovviamente femminista.
Nuovamente single dopo essersi lasciata con l’eterno amore Mark Darcy, nel frattempo convolato a nozze con un’altra donna, Bridget spenge la 43esima candelina della propria esistenza in totale solitudine. Per questo, dopo aver salutato per un’ultima volta l’indimenticato Daniel Cleaver, scomparso in mare dopo un incidente aereo, cede all’insistenza di una collega e prende parte ad un festival musicale tutto sesso, alcol e rock and roll. Qui, travolta dal tasso alcolemico e dagli ormoni, finisce a letto con un affascinante americano di nome Jack. Una botta e via senza particolari conseguenze, se non fosse che pochi giorni dopo proprio Mr. Darcy rientri nella sua vita, durante un battesimo, con la Jones nuovamente tra le sue braccia. Poche settimane dopo, neanche a dirlo, sarà un test di gravidanza a sconvolgerle l’esistenza. Perché Bridget Jones è incinta. Ma di chi, di Jack o di Mark?
Soggetto apparentemente basico, tutt’altro che originale e privo di chissà quali spunti, eppure Bridget Jones’s Baby non ha attimi di stanca, procedendo a ritmo spedito per due ore di puro intrattenimento sentimentale. Perso per strada Hugh Grant, che ha rifiutato qualasiasi tipo di corteggiamento da parte dei produttori, Tim Bevan ed Eric Fellner hanno colto dal mazzo dei magnifici 50enni Patrick Dempsey, miliardario di fatto privo di difetti con cui Renee ha un’affinità ‘algoritmica’ ineccepibile (anche eccessiva, vista la rapidità con cui digerisce la notizia dell’ipotetica paternità). Ma l’amore, si sa, non conosce calcoli ne’ regole, con la Maguire estremamente capace nel gestire i due aspiranti ‘padri’ del nascituro. Dall’altra parte del ring, infatti, grande ritorno di Firth nei panni del mitologico Darcy, uomo sempre tutto d’un pezzo, stacanovista, accalamto avvocato evidentemente invecchiato ma ancora innamorato di colei che ha perso per strada 10 or sono. Ovvero Renée Zellweger, tanto mutata nei lineamenti del volto (checché ne dica lei) quanto ancora una volta impeccabile negli abiti della goffa, volgarotta, sfortunata e raggiante Bridget. Una zilf (in quanto zitella) finalmente diventata milf (ovvero madre), senza mai dover chiedere niente a nessuno e con l’invidiabile capacità di sapersi sempre reinventare. Palesemente legata al personaggio che l’ha resa celebre in tutto il mondo, la Zellweger ha con coraggio accettato di tornare a reinterpretarlo, vincendo una scommessa che si pensava onestamente persa in partenza. Perché la sua 43enne Jones è un vulcano di simpatia a cui è impossibile non voler bene, essendo un riflesso cinematografico della donna moderna, adorabile nella sua imperfezione, infaticabile lavoratrice, spesso single, madre e inguaribile sognatrice. Ritorni doverosi anche per Jim Broadbent, dolce papà di Bridget, e Gemma Jones, mamma bigotta pronta ad evolversi e ad entrare nel XXI° secolo dopo aver dovuto digerire la notizia di una figlia incinta di non si sa chi.
Come al suo solito trainato da un’eccellente colonna sonora pop che neanche a dirlo prende vita con l’immancabile All by Myself, Bridget Jones’s Baby ha un’altra piccola grande novità di casting: la divina Emma Thompson, due volte premio Oscar chiamata ad interpretare il ruolo di una spassosa ginecologa. Un ruolo minore eppure esplosivo per colei che è stata Tata Matilda, qui in grado di scatenare crampi dal ridere ad ogni battuta pronunciata e alla minima espressione del volto ostentata. Un personaggio tanto secondario eppure centrale nell’evoluzione della storia e a dir poco fondamentale nel riavviare puntualmente questa gioiosa nonché inattesa macchina di ilarità che ha la fortuna di non prendersi mai troppo sul serio. Orgogliosamente leggero come qualsiasi commedia sentimentale che si rispetti dovrebbe essere, con immancabile lieto fine e sorpresona legata al funerale iniziale, Bridget Jones 3 gioca intelligentemente con l’effetto nostalgia rilanciando con amabile capacità un personaggio che nel 2004, con il pessimo sequel di Beeban Kidron, si credeva finito. Ma gallina vecchia può fare ottimo brodo, come più e più volte sottolineato dalla Maguire e dalla Zellweger, inaspettatamente riuscite a cucinare e a servire il più gustoso, grazioso, poco esigente e accattivante ‘ritorno cinematografico’ degli ultimi anni.
[rating title=”Voto di Federico” value=”7″ layout=”left”]
Bridget Jones’s Baby (Uk, 2016, commedia) di Sharon Maguire; con Renée Zellweger, Colin Firth, Patrick Dempsey, Jim Broadbent, Gemma Jones, Emma Thompson, Celia Imrie, James Callis, Ed Sheeran, Lasco Atkins, Daniel Stisen, Enzo Cilenti, Sally Phillips, Brooke Dimmock, Joelle Koissi – uscita giovedì 22 settembre 2016.