BURQA: il ventennio Berlusconiano animato da Marco Pavone
Marco Pavone anima un thriller sull’ultimo ventennio di politica e malcostume italiano
Per non dimenticare e magari riflettere, con la necessaria ironia e sagacia, sull’ultimo ventennio di storia italiana e il rifiuto di guardare la realtà della classe politica che l’ha sostenuto, nutrito e fatto a pezzi, la penna di Marco Pavone (che ferisce più della spada) mette il Burqa a oscure presenze, animando una metafora degli ultimi 20 anni di vita italiana con cavalieri capaci di cavalcare impunemente inchieste e scandali.
Alan Burlesque, con un nome che è tutto un programma di avanspettacolo e la fisionomia palesemente riconoscibile, è infatti un capo di governo dalla notevole fame di potere, a prova di indagini giudiziarie, inchieste giornalistiche, ricatti di “amici”, nemici scomodi e scandali sessuali.
Un cavaliere senza paure e pudori sul quale, nonostante tutto, incombre una minacciosa presenza femminile oscura(ta) dal burqa armata di fatidica falce che minaccia e spaventa ben più di quella messa in croce dal martello.
Una grossa falce metaforicamente vicina all’immagine della morte che il ‘piccolo’ Alan non riesce proprio ad eliminare dalla propria vita e Marco Pavone, regista e sceneggiatore con Giuseppe Sepe, rende protagonista di una produzione indipendente italiana, realizzata con moderne tecniche di CG, senza fondi pubblici o Major alle spalle, già apprezzata nei festival e in pre-order su iTunes, in uscita il 06 luglio 2015 VM14, a chiusura della Trilogia dell’identità che annovera i precedenti lungometraggi d’animazione Zero Zero (2009) e Extra (2013).
Note di regia
«BURQA è un film che racconta gli ultimi venti anni di storia italiana, concentrandosi sul rifiuto della realtà di una classe dirigente affetta da narcisismo. Ma è soprattutto un atto d’accusa contro una società civile che ha permesso questo genere di degenerazione, e che oggi paga il prezzo di questa incoscienza. Il tutto attraverso un thriller psicologico teso che affonda lo sguardo nelle profondità della psiche malata e visionaria del protagonista».
Marco Pavone