Cannes 2011: Hors Satan di Bruno Dumont – Recensione in Anteprima
Hors Satan: recensione in anteprima da Cannes
Hors Satan (Francia, 2011), di Bruno Dumont. Con Aurore Broutin, David Dewaele, Alexandra Lematre, Valérie Mestdagh. Ieri, oltre che essere il gran giorno di The Tree of Life, ha esordito in quel di Cannes anche quest’ultimo film del regista francese Bruno Dumont. Una pellicola che ha diviso nettamente la sala, per via della sua particolarità, nonché della sua propensione alla sfera mistica e religiosa.
I protagonisti di Hors Satan (All’infuori di Satana) sono dei “senza-nome”. O meglio, quale che sia il loro nome, non abbiamo modo di sentirlo per l’intera durata del film. E, se vogliamo, tale scelta rispecchia un po’ tutta la struttura estremamente minimalista di questa pellicola. Dumont gioca d’astuzia, forse anche troppo, mostrando le proprie carte molto più in là con il dipanarsi della trama.
In un piccolo villaggio francese, una giovane ragazza ed un clochard condividono una strana e misteriosa amicizia. Lei sembra prendersi cura di lui in maniera del tutto disinteressata, specie in relazione all’apparente apatia dell’uomo. Questo loro rapporto passa essenzialmente attraverso una serie di piccole routine, che però coprono buona parte della giornata. Lei prepara a lui da mangiare, lui mostra a lei come si uccide un uomo e via discorrendo, fino a che non è ora di coricarsi. Cosa c’è che non va, quindi?
Bella domanda, alla quale riusciamo a dare una ragionevole risposta molto più in là dopo l’inizio del film. Inizio che non solo stenta a decollare, ma che ci attrae con sé verso il basso, in un baratro di apparente nonsense e brevissimi episodi dall’irritante monotonia. Intuiamo, questo è certo, che qualcosa abbia da accadere, ma dopo mezz’ora abbondante di stasi cominciamo a dubitarne.
Fino a questo punto tutto è fortemente incentrato sui due protagonisti, sullo scorrere lento ed inesorabile delle loro vite in quel luogo onirico, glaciale. E’ a dir poco inquietante prendere atto della nonchalance con cui i due trascorrono pressoché allo stesso modo lo scambio di un sandwich e l’uccisione di uomo. Specie per lui, implacabile, impassibile, mentre si limita a dire alla sua complice: “Non c’è altra scelta… quello che va fatto, va fatto“. Seppur non testuale, tale affermazione comincia ad incanalarci verso la strada giusta.
L’uomo sembra vivere in un proprio mondo, avulso dalla concezione di Bene e Male, come se la cosa non lo riguardasse. In questo scenario sembra essere colui che detiene le chiavi della Giustizia, concetto che trascende qualsiasi argomentazione vertente sulla morale. Lei, suo malgrado, si fida, nutrendo per lui una stima che, poco alla volta, muta in qualcosa di più intimo e profondo. Ma non fatevi fuorviare dalle nostre considerazioni: acquisire questo grado di consapevolezza riguardo a ciò che appare sullo schermo richiede tempo, né è così immediato.
Le carte vengono peraltro rimescolate allorquando il nullatenente si reca da una bimba, su insistente richiesta della madre. Le suppliche di quest’ultima vengono immediatamente accolte dal misterioso uomo, il quale prontamente si reca a casa della poveretta per soccorrere la piccola. E sapete che c’è? Non si capisce come, ma ci riesce. E’ stata la fede della madre a guarire la figlia? E’ possibile.
D’altro canto, durante lo svolgersi degli eventi, si assiste almeno ad un altro episodio a prima vista insensato. Come altro definireste la correlazione tra il camminare in bilico su una superficie, rischiando di cadere in acqua, con il fatto che un enorme incendio venga conseguentemente ed inspiegabilmente domato? Eppure è così. L’uomo dice alla ragazza che se solo attraversasse quella “piscina” potrebbe far scomparire le fiamme che divampano. In altre parole, le chiede un atto di Fede. Non senza esitazione, l’ignara giovane asseconda questo “stupido” gioco. Dopodiché… magia! L’incendio è scomparso, e con esso il fumo che copriva il cielo.
Adesso la domanda è lecita: chi abbiamo difronte? Un santo o un diavolo? Sì perché, a dispetto di una prima parte che arranca non poco, Hors Satan trasuda una particolare tensione mistica da tutti i pori. Potremmo definirlo un film non religioso incentrato però sulla religione. Tutto ci induce a pensarla in questo modo. E’ precetto evangelico quello secondo cui la purezza vada ricercata soprattutto nella semplicità. E, sotto questo specifico aspetto, il film è piuttosto “puro”. Non una soluzione stilistica che esuli dall’ordinaria amministrazione, né alcun sfondo musicale durante l’intera durata del film.
Hors Satan scorre così, lento come un macigno da trasportare in salita, ma tutt’altro che avaro alla fine della fiera. Certo, non fa sconti a chi è facilmente impressionabile, a coloro che potremmo definire “lenti agli scandali”. Ma, a conti fatti, l’intera vicenda che si svolge nei pressi di quello sperduto paesino della campagna francese è scandaloso. Se c’è una cosa che accomuna il Bene e il Male, forse, è proprio questa: entrambi non sono alla portata dei tiepidi. E chissà che Dumont, in un’ora e cinquanta, non abbia voluto trasmetterci proprio questo…
Voto Antonio: 7,5