Cannes 2012: le recensioni di Il Sospetto (The Hunt) e Like Someone in Love
Thomas Vinterberg e Abbas Kiarostami portano al Festival i loro ultimi film.
Il sospetto (The Hunt) – Thomas Vinterberg (Concorso)
Dopo un duro divorzio, il quarantenne Lucas ha trovato una nuova ragazza, un nuovo lavoro e sta riallacciando i rapporti con il figlio adolescente Marcus. Ma le cose non vanno per il verso giusto. Colpa di una bugia: durante le vacanze di Natale, questa bugia si diffonde come un virus. Il piccolo villaggio in cui abita Lucas incomincia a parlare, e l’uomo deve lottare da solo per la sua vita e la sua dignità.
Thomas Vinterberg è una delle grandi promesse mancate del cinema contemporaneo. Dopo aver firmato con l’amico e collega Lars Von Trier il manifesto del Dogma 95, e dopo essere stato consacrato proprio a Cannes con il suo spietato e discusso Festen, Premio della Giuria nel 1998, non ne ha azzeccata una.
Le forze del destino resta un lavoro inspiegabile, Dear Wendy aveva qualche cosa di interessante, ma forse solo grazie alla sceneggiatura provocatoria di Von Trier; Riunione di famiglia voleva tornare in zona Festen, ma era una commedia piatta e noiosa; Submarino doveva essere il film del rilancio, ma a Berlino se l’erano filato in pochi. Con queste “credenziali”, Vinterberg torna in concorso a Cannes con Jagten, e c’era curiosità nei suoi confronti, proprio per la sua carriera mai definitivamente decollata.
Risultato? Vista l’accoglienza, sopra le aspettative: si tratta di un dramma danese che cresce emotivamente di scena in scena, facendo fare al protagonista un percorso che sa di via crucis. Lucas è buono, un maestro perfetto che gioca con i suoi bambini e li rispetta. Un giorno accompagna a casa Klara, sua allieva di 5 anni e figlia del suo migliore amico, che si è persa. La bimba inizia ad avere una simpatia per il suo maestro, e un giorno gli regala un cuore; Lucas le consiglia però di regalarlo ad un compagno. La bambina si offende, e confessa con imbarazzo e smarrimento ad una maestra che Lucas le avrebbe fatto vedere il “willy” (ovvero, il “pisellino”).
Dicevamo, Jagten ha sorpreso molti, visto che nessuno si sarebbe aspettato un ritorno in forma di Vinterberg. C’è chi urla al capolavoro. Però, sinceramente, ci pare tutto molto esagerato. Il film “prende”, certo: con una tematica del genere, e uno svolgimento sempre più difficile e crudo per Lucas, come non potrebbe? Poi c’è una bella interpretazione del sempre bravo Mads Mikkelsen, che aiuta lo spettatore ad entrare subito in empatia con il protagonista. Insomma, tutto bene, tutto bello.
Ma la regia di Vinterberg è quasi “nulla”: del Dogma non ha ormai quasi più nulla, solo qualche zoom, spesso molto dolce. A volte è al limite del televisivo. Poco male, si dirà: Vinterberg si “annulla” per portare a casa nel modo più semplice possibile una storia già molto forte di per sé. Ma più va avanti, più The Hunt sa di programmatico, con alcune scene inserite nel posto giusto e nel momento giusto per “shockare” (lo sputo in faccia a Klara da parte di Marcus, la morte del cane).
Voto di Gabriele: 6
Jagten (Danimarca 2012 – Drammatico, 111 minuti) di Thomas Vinterberg, con Mads Mikkelsen, Thomas Bo Larsen, Annika Wedderkopp, Lasse Fogelstrøm, Susse Wold. Ecco il trailer.
Like Someone in Love – Abbas Kiarostami (Concorso)
Giorni nostri, in una grande città in Giappone. Una giovane ragazza si paga gli studi facendo la prostituta. Uno dei suoi clienti è un anziano e brillante professore universitario, con il quale la ragazza instaura anche una tenera amicizia… Intanto un ragazzo sta per esplodere di gelosia. I tre personaggi, nel giro di un giorno, avranno i destini legati.
Quando l’Iran incontra il Giappone. Era già successo l’anno scorso con Cut, ultimo, bellissimo lavoro di Amir Naderi, regista iraniano che si è trasferito negli States da più di vent’anni, per poi diventare una delle icone del cinema indipendente americano “di ferro”. La nota curiosità del regista, mista all’estrema e costante voglia di sfida, l’aveva fatto optare per lasciare l’America per la prima volta dopo anni, con il fine di girare un film in Giappone.
Il mix era riuscito molto bene in quel caso, anche perché Naderi è un apolide per natura: senza patria, forse, ma comunque con uno stile e una poetica ben marcati. La storia si ripete quest’anno con Like Someone in Love, ultimo film di Abbas Kiarostami. Che l’Iran lo ha “abbandonato” da poco, in realtà, visto che Shirin è opera (ultrateorica) ancora iraniana.
Due anni fa, però, in concorso a Cannes (dove il film ha regalato a Juliette Binoche il premio come miglior attrice), Kiarostami aveva portato Copia conforme, girato in Toscana, e con il quale tornava ad un cinema più narrativo, dopo alcune opere più sperimentali, senza rinunciare a ragionamenti filosofici sul mezzo. E, dopo l’Italia, ecco che, come l’amico Naderi, il regista approda in Giappone.
Kiarostami con Like Someone in Love si posiziona a metà strada tra le sue opere lineari e sperimentali: un po’ road movie (un road movie in stile Dieci), un po’ commedia, un po’ gioco di identità. La prima inquadratura è lunga, fissa e a suo modo magistrale. È un parziale dell’interno di un bar. All’interno si muovono più persone e non si sente un discorso chiaro e netto, e par proprio di essere lì dentro. Poi iniziano i controcampi, con la seconda inquadratura che ci fa vedere Akiko (Rin Takanashi), la protagonista del film.
Akiko lavora come prostituta a chiamata per il proprietario del bar, e, nonostante non abbia voglia di lavorare quella sera e stia litigando con il gelosissimo fidanzato Noriaki (Ryo Kase, visto in diversi film come Lettere da Iwo Jima, Outrage e L’amore che resta) al telefono, è costretta ad attraversare la città in taxi per andare a casa di un uomo. Qui conosce Takashi (Tadashi Okuno), il vecchio professore co-protagonista. Il mattino dopo incontreanno entrambi Noriaki, che ovviamente non sa nulla della doppia vita della fidanzata, e Takashi dovrà fingere di essere suo nonno…
Kiarostami ha detto che Like Someone in Love è, per certi versi, il film gemello di Copia Conforme. In parte è vero, visto che sin dalla prima scena il tema dell’identità è preponderante. I discorsi tra Akiko e il capo non ci fanno capire subito chi sono questi due personaggi, e solo dopo un po’ di dialogo si inizia a delineare la situazione. Allo stesso modo, Noriaki è convinto che Takashi sia davvero il nonno di Akiko, che è ovviamente preoccupatissima che la verità possa venire a galla.
Poco dialogato, con sequenze lunghissime, Like Someone in Love gode di un’ottima fotografia e di un lavoro sull’audio da parte del suo regista davvero superlativo (attenzione ai suoni on the air, ovvero trasmessi da apparecchi come radio, telefoni e altro). Il film è addirittura ipnotico inizialmente nel suo ritmo lento ma “sensuale”. Poi comincia a diventare sempre di più uno scherzo. Resta quindi un oggetto ben levigato e pure lussuoso, ma anche vuoto e autoreferenziale, e che per questa sua fragilità si può spezzare da un momento all’altro.
Voto di Gabriele: 5.5
Like Someone in Love (Francia / Giappone 2012 – Drammatico, 109 minuti) di Abbas Kiarostami, con Rin Takanashi, Tadashi Okuno e Ryo Kase. Ecco il trailer.