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Cannes 2013: tutti i voti ai film e commenti finali

Festival di Cannes 2013: si è conclusa la 66. edizione. Una gran quantità di opere notevoli, poche pellicole da stroncare e alcune sorprese. Cineblog tira le fila di questa edizione con tutti i voti ai film e i commenti finali.

pubblicato 27 Maggio 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 14:08

Pioggia battente e costante nella prima settimana, un vento e un freddo autunnali a tratti nella seconda. E tantissima, troppa gente accreditata: o almeno questa è l’impressione che in molti hanno avuto e lamentato. Risultato? Ore ed ore di fila per accedere alle proiezioni, sotto la pioggia battente o il freddo autunnale, che finivano nelle peggiori delle ipotesi nel nulla.

Da questo punto di vista il Festival di Cannes 2013 è stato un delirio, condito dalla presenza del team della Troma che, danzando sulla Croisette come nei sabba, promuoveva il prossimo documentario Occupy Cannes mentre protestava contro la dittatura delle major.

Aperto tra i fuochi d’artificio de Il Grande Gatsby, Cannes ha subito lasciato la stampa gelida proprio a causa del film di Luhrmann. Dalle premesse sembrava non sarebbe stata una gran festa come quelle di Gatsby: invece non è andata così, e dal punto di vista della qualità Cannes 2013 ha brillato come una delle edizioni più applaudite e meglio accolte degli ultimi anni.

Giusto per fare un esempio pratico: Mereghetti ha stroncato solo due film in concorso su venti. Noi contiamo sette bocciature, di cui solo tre abbastanza gravi e una pesantissima. Mentre i nostri osanna sono ben quattro, seguiti da una sfilza di ottimi voti. Un paio di numeri per dire che sì, Cannes quest’anno ha fatto il botto, e lo si poteva prevedere sin dalla presentazione del programma ufficiale.

Cosa ha funzionato del concorso. Diciamo che almeno metà competizione era notevole, e questo al di là delle personali preferenze sui diversi titoli. Ha funzionato all’unanimità La Vie d’Adèle di Abdellatif Kechiche, la Palma d’oro indiscutibile, il film da battere sin dal momento in cui è finita la prima proiezione stampa. Kechiche in 3 ore racconta episodi, momenti, sesso, umori, lacrime, risate, intimità, cene, feste, litigi della vita di una ragazzina che diventa adulta (anche) grazie alla compagna. Tre ore di vita come nessuno probabilmente sa raccontarle.

Inside Llewyn Davis (Gran Premio della Giuria) è un concentrato del cinema dei Coen. Segue il percorso di A Serious Man, con tanta musica come Fratello dove sei?, ed ha momenti alla Barton Fink e L’uomo che non c’era. Ci si diverte moltissimo, e – strano a dirsi, col cinema dei fratelli di Minneapolis – ci si commuove pure. Poco da aggiungere su The Past di Farhadi, più geometrico e trattenuto di Una separazione. Ma, come in quel caso, il film funziona come un diesel: e nel terzo atto l’aria asfissiante e la tensione sono palpabilissime. Bérénice Béjo ha vinto il premio come miglior attrice, due anni dopo la vittoria del suo partner di The Artist.

La grande bellezza è il film definitivo di Paolo Sorrentino: non possiamo quasi immaginare cosa potrà fare ora, dopo un progetto del genere. Così pieno, così sentito, così final. Un film che sta facendo discutere per la sua “assenza” di trama, lo stile che soffoca ogni intenzione di plot e le macchiette. Sapete già cosa ne penso, e il fatto che in sala stampa i giornalisti internazionali si chiedessero come mai Sorrentino non fosse presente nel palmares la dice lunga sull’accoglienza all’estero rispetto a quella italiana…

Ottimo il Kore-eda di Like father, Like son, storia giusta raccontata con stile corretto e delicato. Nel finale un paio di scelte arrivano dritte al cuore. Il film ha vinto il Premio della Giuria, e deve aver fatto impazzire Spielberg, sempre attento al mondo dell’infanzia. Ci piace non poco Nebraska di Alexander Payne, forse il suo film più personale: bianco e nero, logo Paramount vintage in apertura, un divertente road movie con una commovente e a tratti triste riflessione sulle radici degli States. Bruce Dern ha vinto il premio come miglior attore.

Sorprende l’inedito Jia Zhang-ke di A Touch of Sin, che con quattro episodi racconta una Cina divorata dalla corruzione e dalla violenza. Nel cinema di Jia si vede per la prima volta del sangue: ben venga. Il film ha vinto il premio per la sceneggiatura. Altra sorpresa che accogliamo a braccia aperte: Behind the Candelabra di Steven Soderbergh. Chi scrive ha sempre trovato il regista sinceramente piuttosto monotono, tutto concentrato sul lavoro di fotografia e uso dei colori (in quello è sempre bravissimo). Qui si abbandona ad una storia d’amore lineare che, sotto la patina kitsch e camp, nasconde un cuore di tenebra.

Irresistibili i vampiri innamorati di Jim Jarmusch in Only Lovers Left Alive, che resistono al tempo che passa, al contrario di Liberace e del suo amante. Hanno i loro trucchetti, evidentemente: forse li aiuta il fatto di vivere in due città diverse! E di amare la musica, la cultura, di bere del buon sangue…

Positivo il responso anche per François Ozon, che come Kechiche racconta con Jeune et jolie l’educazione sentimentale di una ragazza francese che, in questo caso, decide di prostituirsi. Lo fa attraverso la descrizione di un anno della sua vita, senza moralismi e scelte pruriginose. È un Polanski minore quello di Venere in pelliccia, distillato del suo cinema con solo due personaggi in scena in un gioco psicologico e sadomaso. Ma è pur sempre un Polanski.

Capitolo delusioni. Quella più grande è stata The Immigrant di James Gray, storia molto sentita dal regista, che come sempre ha uno stile classico, pulito e raffinato. Ma questa volta trattiene troppo le emozioni, che invece negli altri lavori esplodevano e facevano molto, molto male. Personale “mah” per Solo Dio perdona, col quale Nicolas Winding Refn si conferma regista dallo stile personale e spesso sopraffino, ma che questa volta in fondo non mi dice nulla e, cosa più sbalorditiva, non m’interessa granché.

Heli di Amat Escalante, premio per la regia, è brutale, rigoroso ed ha una scena shock (i genitali bruciati): può piacere e non piacere, raggelare il sangue o annoiare. Io resto piuttosto freddino. Borgman di Alex van der Warmerdam è l’ufo del festival: come se i Coen girassero Funny Games, ma non fossero propriamente ispirati. Michael Kohlhaas di Arnaud des Pallières è talmente corretto e giusto che ad un certo punto inizia a discutere di giustizia e moralità ed ammazza di noia lo spettatore.

Jimmy P. è l’Arnaud Desplechin che non ti aspetti: piatto e tedioso. Shield of straw è un Takashi Miike para-hollywoodiano: c’è chi lo difende, e io gli dico “coraggio!”. Infine, Grigris di Mahamat-Saleh Haroun è molto naïve e didascalico, Un château en Italie di Valeria Bruni Tedeschi (il peggior film in concorso) assai irritante.

Sono andate molto bene anche le altre sezioni, comprese quelle collaterali. Una sorpresa a testa per il fuori concorso, per l’Un Certain Regard e per le sezioni collaterali. All is Lost di J.C. Chandor, fuori concorso, è un film bellissimo che dimostra la bravura e la tecnica robusta del regista di Margin Call, e ci regala il miglior Robert Redford da anni. L’Inconnu du Lac di Alain Guiraudie è uno dei colpi di fulmine del sottoscritto: isola per cruising, tensione fra desiderio e morte, sesso esplicito, ironia e inquietudine. Un queer movie coraggiosissimo e meritatamente premiato con la Queer Palm (e col premio per la regia dell’Un Certain Regard).

Infine The Selfish Giant di Clio Barnard, visto nella Quinzaine, è il “tipico” ritratto dell’Inghilterra più brutta e povera, dove i ragazzini crescono tra pericoli e cattivi esempi. Un po’ una fusione di Ken Loach, Andrea Arnold e Peter Mullan: ma sembra qualcosa di nuovo e colpisce dritto a stomaco e cuore.

Di seguito tutti i voti definiti a tutti i film visti, senza mezzi voti, e i link con le recensioni.

Concorso

Behind the Candelabra – Steven Soderbergh
Voto: 8

Borgman – Alex van der Warmerdam
Voto: 5

Un château en Italie – Valeria Bruni Tedeschi
Voto: 3

La grande bellezza – Paolo Sorrentino
Voto: 9

Grigris – Mahamat-Saleh Haroun
Voto: 4

Heli – Amat Escalante
Voto: 5

The Immigrant – James Gray
Voto: 6

Inside Llewyn Davis – Joel e Ethan Coen
Voto: 9

Jeune et jolie – François Ozon
Voto: 8

Jimmy P. – Arnaud Desplechin
Voto: 4

Like father, Like son – Hirokazu Kore-Eda
Voto: 8

Michael Kohlhaas – Arnaud des Pallières
Voto: 5

Nebraska – Alexander Payne
Voto: 8

Only Lovers Left Alive – Jim Jarmusch
Voto: 8

The Past – Asghar Farhadi
Voto: 9

Shield of straw – Takashi Miike
Voto: 4

Solo Dio perdona – Nicolas Winding Refn
Voto: 6

A Touch of Sin – Jia Zhang-ke
Voto: 8

Venere in pelliccia – Roman Polanski
Voto: 7

La Vie d’Adèle – Abdellatif Kechiche
Voto: 10

Fuori concorso

All is lost – J.C. Chandor
Voto: 8

Blood Ties – Guillaume Canet
Voto: 4

Il grande Gatsby – Baz Luhrmann
Voto: 6

Un Certain Regard

The Bling Ring – Sofia Coppola
Voto: 6

Fruitvale Station – Ryan Coogler
Voto: 5

L’Inconnu du Lac – Alain Guiraudie
Voto: 9

Les salauds – Claire Denis
Voto: 8

Semaine de la Critique

Ain’t Them Bodies Saints – David Lowery
Voto: 7

Salvo – Fabio Grassadonia e Antonio Piazza
Voto: 7

Quinzaine des Réalisateurs

The Congress – Ari Folman
Voto: 7

La danza de la realidad – Alejandro Jodorowsky
Voto: 8

Les garçons et Guillaume, à table! – Guillaume Gallienne
Voto: 4

Magic Magic – Sebastián Silva
Voto: 6

On the Job – Erik Matti
Voto: 6

The Selfish Giant – Clio Barnard
Voto: 8

Nota bene: ricordate di recuperare il mio diario giornaliero dalla Croisette e di ripescare i vincitori. Grazie a tutti per avermi seguito e letto ogni giorno!

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