Cannes 2015: tutti i voti ai film di un festival un po’ sgangherato
Festival di Cannes 2015: a poche ore dalla premiazione e dalla consegna della Palma d’oro a Dheepan, facciamo un bilancio di questa 68. edizione. Tra italiani a bocca asciutta, francesi troppo presenti, scelte discutibili e, soprattutto, i film che abbiamo visto.
Come si può pensare di chiudere in bellezza un festival che di per sé è parso sgangherato a tutti? Come si può pensare che sia un palmares, con una giuria dalle personalità evidentemente diverse l’una dall’altra, a rimettere ordine in una rassegna che sin da subito è parsa a tutti parecchio confusionaria?
Per carità: dal Festival di Cannes 2015 ci porteremo via un sacco di bellissimi film, con punte davvero pazzesche. Non è questo il punto. Se si parla di tirare le fila del festival, Cannes 2015 non ha dato indicazioni. Ha invece fatto un po’ il gioco delle parti. Per la serie: se in concorso ci sono cinque film francesi, di cui almeno tre da gettare via, ovviamente bisogna premiarne qualcuno.
Premiarne tre però è diabolico: cosa che se facesse Venezia con gli italiani staremmo lì a montare le polemiche per giorni. Ma tant’è. A farne le spese sono Todd Haynes, relegato al premio come la miglior attrice (Rooney Mara, non Cate Blanchett: e l’ex-aequo, che c’è!, non la riguarda), e Hou Hsiao-Hsien, che evidentemente col suo film portava la scritta ‘miglior regia’ sin da subito.
La giuria credo a questo punto non li abbia mai davvero considerati per la Palma, e non è un pensiero che rincuora. Ho avuto l’onore e il piacere di presenziare alla cerimonia di chiusura con gente ‘esperta’ di Cannes e che partecipa al festival da anni: per loro si tratta del palmares più debole degli ultimi anni.
Non posso che essere d’accordo: una Palma che sul momento in pochi si aspettavano, strane combinazioni di premi, omissioni che pesano. E non è per fare i sciovinisti (mai pensato che le bandiere facessero bene ai festival), ma l’Italia a bocca asciutta ‘sto giro lascia un po’ di amaro in bocca. Non sono un fan dell’ultimo Sorrentino e non ho mai creduto che Garrone potesse puntare a qualche premio, però il film di Moretti poteva ambire a qualcosa. Soprattutto in un palmares del genere.
Vado quindi ad analizzare il concorso, dal mio preferito all’ultimo. Carol è il classico che diventa qualcosa di estremamente attuale e inedito; è il Todd Haynes che volevamo e anche di più. Se ci ripenso mi emoziono: ha un finale che resterà negli annali. The Assassin è la cosa più ‘bella’ che mi sia capitata di vedere da molto, molto tempo. Arte? Certo. Cinema? Allo stato puro. Non ridimensioniamolo però con poche frasi. Va visto su grande schermo, richiede pazienza e ricompensa più di quel che si crede.
Son of Saul è un’opera prima impressionante. Ci butta dentro (finalmente?) alla paura e all’orrore dei campi di concentramento, e ci fa vivere quella realtà come mai fino a oggi. Mia Madre è semplicemente il film del cuore. Mountains May Depart ha una sceneggiatura piena di sorprese e prosegue il discorso di Jia sulla Cina in modo sorprendente. Finora, nota bene, abbiamo quattro film su cinque con protagoniste femminili: sono tutti bellissimi personaggi.
Anche il personaggio principale di Sicario è donna, ma deve vedersela con un mondo di uomini, oltre che con quello dei cartelli della droga. Villeneuve firma il suo film migliore: il più cupo, per certi versi ‘astratto’. Dheepan, la Palma d’oro, è un film di Audiard e si vede: solo lui poteva elevare la materia da world cinema in questo modo, energico e mai patetico. The Lobster invece è un film di Lanthimos: e si vede. Inizia meravigliosamente, si trascina nella seconda parte, ma ha dietro un’idea originalissima.
Il Racconto dei Racconti è Pasolini che incontra Game of Thrones, ed è persino molto divertente: io sono grato a Garrone per questo film. Louder than Bombs non è esattamente il film che si voleva da Trier: troppo calcolato, troppo attaccato alla tradizione americana. Ma questo flusso continuo di storie intrecciate e ricordi può emozionare molto. Youth – La Giovinezza è invece Sorrentino che riesce in qualche modo a salvare un’operazione che poteva essere un This Must Be The Place parte 2.
Our Little Sister è un Kore-eda minore, molto semplice, molto lungo. Ha fatto di meglio. Macbeth è il tenativo di aggiornare Shakespeare al gusto visivamente moderno senza snaturarlo: tentativo poco riuscito, e alla seconda visione – lo confermo – tutto frana. La Loi du Marché piace perché è asciutto e ha una visione realista del mondo del lavoro: a me pare sia una copia dei Dardenne e finisca per indurre nello spettatore pietà piuttosto che empatia.
Ancora avanti, ancora peggio. Mon Roi ha sprazzi di verità, ma nel mezzo – soprattutto nella seconda parte – c’è tanta isteria, con scene fintissime. Chronic ha vinto il premio per la sceneggiatura: perché, di grazia, visto che a malapena c’è? Valley of Love può far simpatia per la questione ‘meta’ dei due attori (Depardieu e Huppert), ma è debole e anche ridicolo. Marguerite et Julien alla Donzelli faticheremo a perdonarlo. Faticheremo a perdonare di più The Sea of Trees a Van Sant, il suo film più allucinante e indifendibile.
Tolgo gli ultimi cinque titoli, davvero brutti, e ne metto alcuni che mi sembrano da concorso e che avrebbero giovato a rendere più equilibrata questa selezione. No, non sto parlando del capolavoro annunciato, quello di Miguel Gomes (Arabian Nights: con le sue 6 ore e passa spezzate in 3 film non sono riuscito a inserirlo in programma), e nemmeno di Apichatpong Weerasethakul (il suo film è bellissimo, ma francamente un po’ meno del precedente).
Primo: Inside Out. La Pixar che torna in grande stile, come mai avremmo pensato. Si tratta del miglior film del festival per chi scrive. Secondo: The Other Side. Minervini non possiamo tenercelo stretto, visto dove lavora e quel che racconta, ma il suo cinema è speciale. Terzo: Mad Max: Fury Road. Devo davvero scrivere il perché? Quarto: The Trasure. Porumboiu è tra le cose migliori uscite dal recente cinema rumeno. Quinto: My Golden Days. Potevo mettere anche il film di Garrel, che assieme a Desplechin meritava il concorso ben più di quattro selezionati.
Qui il diario a quattro mani dal festival. Qui il palmares completo, e qui la diretta. Qui il resoconto di Antonio. Di seguito invece tutti i miei voti ai film e le recensioni.
Concorso
The Assassin – Hou Hsiao-Hsien
Voto: 10 (recensione)
Carol – Todd Haynes
Voto: 10 (recensione)
Chronic – Michel Franco
Voto: 4 (recensione)
Dheepan – Jacques Audiard
Voto: 8 (recensione)
La Loi du Marché – Stéphane Brizé
Voto: 5 (recensione)
The Lobster – Yorgos Lanthimos
Voto: 8 (recensione)
Louder than Bombs – Joachim Trier
Voto: 7 (recensione)
Macbeth – Justin Kurzel
Voto: 5 (recensione)
Marguerite et Julien – Valérie Donzelli
Voto: 3 (recensione)
Mia Madre – Nanni Moretti
Voto: 9 (recensione)
Mon Roi – Maïwenn
Voto: 5 (recensione)
Mountains May Depart – Jia Zhang-ke
Voto: 8 (recensione)
Our Little Sister – Hirokazu Kore-eda
Voto: 6 (recensione)
Il Racconto dei Racconti – Matteo Garrone
Voto: 8 (recensione)
The Sea of Trees – Gus Van Sant
Voto: 1 (recensione)
Sicario – Denis Villeneuve
Voto: 8 (recensione)
Son of Saul – László Nemes
Voto: 9 (recensione)
Valley of Love – Guillame Nicloux
Voto: 4 (recensione)
Youth – La Giovinezza – Paolo Sorrentino
Voto: 7 (recensione)
Fuori concorso
Amnesia – Barbet Schroeder
Voto: 4
Ice and the Sky – Luc Jacquet
Voto: 6
Inside Out – Pete Docter
Voto: 10 (recensione 1 e recensione 2)
Irrational Man – Woody Allen
Voto: 7 (recensione)
The Little Prince – Mark Osborne
Voto: 6
Love – Gaspar Noé
Voto: 5 (recensione)
Mad Max: Fury Road – George Miller
Voto: 9 (recensione)
La tête haute – Emmanuelle Bercot
Voto: 6 (recensione)
Un Certain Regard
An – Naomi Kawase
Voto: 4
Cemetery of Splendour – Apichatpong Weerasethakul
Voto: 8
Journey to the Shore – Kiyoshi Kurosawa
Voto: 3
The Other Side – Roberto Minervini
Voto: 9 (recensione)
Taklub – Brillante Mendoza
Voto: 6
The Treasure – Corneliu Porumboiu
Voto: 8
Altre sezioni
The Brand New Testament – Jaco Van Dormael [Quinzaine des Réalisateurs]
Voto: 3 (recensione)
Dope – Rick Famuyiwa [Quinzaine des Réalisateurs]
Voto: 6
Green Room – Jeremy Saulnier [Quinzaine des Réalisateurs]
Voto: 7 (recensione)
In the Shadow of Women – Philippe Garrel
Voto: 8
Krisha – Trey Edward Shults [Semaine de la Critique]
Voto: 7
Mustang – Deniz Gamze Ergüven [Quinzaine des Réalisateurs]
Voto: 7
My Golden Days – Arnaud Desplechin [Quinzaine des Réalisateurs]
Voto: 8 (recensione)