Cannes 2016, Un padre, una figlia (Bacalaureat): recensione del film di Cristian Mungiu in Concorso
Festival di Cannes 2016: il disperato tentativo di un padre che vuole salvare la propria figlia da un ambiente regolato da compromessi e logiche asfissianti
In Un padre, una figlia (Bacalaureat) il dottor Romeo Aldea è un padre modello; adora sua figlia, Eliza, una brillante ragazzina che si accinge ad andare all’università, nel Regno Unito, lei che ha studiato in una scuola inglese e vanta tutti i crediti possibili per riuscirci. Mungiu oppone sin dalle prime battute il Romeo padre al marito, professionista e uomo, e la vicenda ad altro non mira che a dare ragione di questa schizofrenia.
La visione del regista di 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni è lucida, consapevole di un ambiente che intende descrivere nella maniera più aderente possibile alla realtà; quindi sì, ciò che vuole raccontare è decisamente la Romania di oggi, verso la quale però si dichiara implicitamente pessimista. A farne le spese sono le nuove generazioni, quelle che ancora non conoscono certe dinamiche.Un ambiente dal quale Romeo vuole preservare la sua amata prole. Quando all’inizio del film Eliza viene però aggredita, Romeo si rende conto che non c’è più tempo: deve farla scappare da lì. Il dilemma morale è centrale in Bacalaureat: Romeo conosce bene le dinamiche di quel posto, sa come muoversi, e sa che per ottenere qualcosa, non importa quanto piccola, deve adeguarsi. Tuttavia questo uscire dal seminato è sempre dettato dall’amore filiale, per il quale Romeo si spende senza calcolo.
Da un lato abbiamo perciò i compromessi del padre, che spesso e volentieri si muove non soltanto al confine con l’illegalità ma che si pone in diretto conflitto con ogni scelta di stampo etico; dall’altro la figlia, sottoposta ad una pressione troppo grande per la sua età, col padre che la incalza a scappare dal proprio Paese, perché lì non c’è futuro sembra dire. La bravura di Mungiu sta nel dare ad entrambi motivazioni più che valide malgrado gli interessi non convergano.
Costruendo personaggi complessi ma non complicati, muovendosi sempre sul filo dell’ambiguità morale anche laddove compiono azioni che è difficile difendere. In una rete articolata di favori che hanno delle ripercussioni a catena, positive e negative, alla quale però si tende a credere; senza eccedere in cinismo, malgrado l’atmosfera sia quella e non si può fare a meno di avvertire tale cappa.
Di contro, l’estrema semplicità e naturalezza con cui Mungiu filma il tutto, pur lungi da qualsivoglia deriva rigorista, tende un po’ a smorzare l’ampiezza di Bacalaureat. Voglio dire, se ne colgono le motivazioni, da rintracciare nell’intenzione di non distrarre dalle dinamiche e dalle ricadute di una trama piuttosto densa, ma questa resa ad una visione così monolitica e monocromatica alla lunga tende ad appesantire.
È perciò sceneggiatore a prevalere, e se c’è un limite che emerge con maggior risalto è proprio questo squilibrio tra una scrittura molto solida ed un qualcosa che somiglia ad una sorta di abiura alla regia: tanto denso perciò sulla carta, quanto ridotto all’osso su schermo. Una soluzione in cui Mungiu non incappa per caso ma che evidentemente difende poiché ritiene la migliore possibile. Fino a quel finale beffardo e amaro al tempo stesso, che non senza un pizzico di ironia pare chiedersi: perché ci complichiamo così tanto la vita, come se non lo fosse abbastanza di suo?
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”9″ layout=”left”]
Un padre, una figlia (Bacalaureat) (Romania, 2016) di Cristian Mungiu. Con Vlad Ivanov, Maria-Victoria Dragus, Ioachim Ciobanu, Adrian Titieni, Gheorghe Ifrim, Emanuel Parvu, Valeriu Andriuta, Claudia Susanu, Adrian Vancica, Liliana Mocanu, Lia Bugnar, Tudor Smoleanu, Andrei Morariu, Rares Andrici, Constantin Cojocaru, Robert Emanuel, Petronela Grigorescu, Claudiu Dumitru, Lucian Ifrim, Gelu Colceag, Orsolya Moldován, Eniko Benczo, Mihai Coroianu, Alexandra Davidescu, Mihai Giuritan, David Hodorog e Malina Manovici.