Cannes 2017: Geu-hu (The Day After) – recensione del film di Hong Sang-soo
Festival di Cannes 2017: non fa più nemmeno strano dirlo. Il solito Hong Sang-soo gira il proprio film, una soap opera elevata a qualcos’altro, in piena linea con i suoi numerosi lavori recenti
Cosa scrivere quando si parla di Hong Sang-soo senza incappare nel rischio di ripetersi, anche senza volerlo? Eppure in questa domanda sono implicitamente contemplate le ragioni della bravura del regista sudcoreano, uno dei pochi, veri maestri in circolazione. Il suo cinema è composto oramai di variazioni appena percettibili sul medesimo tema, ossia il tempo, seguendo uno schema a tal punto personale e specifico che certi suoi film sembrano quasi sovrapponibili, tutti simili eppure tutti così diversi. Ora, una cosa del genere può permettersela lui, che ne padroneggia gli ostacoli, che sa tenerne a bada i rischi, evitando di inciampare alla prima buca. Quando tocca parlarne, invece, il discorso si fa decisamente più complesso.
Allora cominciamo con il descrivere di che si tratta. Il protagonista, interpretato da Kwon Hae-hyo, è titolare di una piccola casa editrice. Ha un debole per le donne (chi non ce l’ha?), solo che il suo è un po’ più pronunciato: mentre pranza di gusto, come spesso accade nei film di Hong Sang-soo, la moglie fa notare di vederlo più magro, eppure l’appetito non gli manca. Da qui il discorso si sposta sull’attività fisica, nulla a che vedere con lo sport però; vuoi vedere che il nostro ha un’amante? Ci mette più di cinque minuti, tra un boccone e l’altro, ad ammettere che sì, l’amante c’è. Il giorno dopo la moglie si reca perciò presso l’ufficio del marito, ed anche se lui non c’è tanto meglio, giù di botte alla segretaria. Peccato che la vittima sia stata appena assunta e quello sia il suo primo giorno di lavoro; l’amante era quella che c’era prima, sostituita proprio per questo motivo.
Leggi questa premessa e pensi a una soap opera, con femmine che vengono alle mani, uomini, porci, che se ne stanno lì a guardare sorridendo ed in fondo pure un po’ compiaciuti delle loro prodezze. Ed invece nulla di tutto questo. Hong Sang-soo punta ad altro ed il suo ispiratore è ancora una volta Rohmer. Come potrebbe d’altronde essere altrimenti? La variazione sopra evocata è parte integrante del modo di fare cinema del regista sudcoreano, di pensarlo, di sistemarlo. Allora anche stavolta il gioco sta tutto lì, nel trafficare con questa componente, immaginando e lasciando immaginare scenari possibili, tra equivoci e fraintendimenti che non sono mai confusionari, frutto di un pretenzioso operare sulla trama e/o sui personaggi.
Non finisce infatti di stupire la quantità di storie che questo cineasta è in grado di raccontare, inserendole sempre nell’ambito di un quadro specifico e ben delineato, il suo. Non sono mai pesanti i film di Hong Sang-soo, eppure non sono nemmeno così leggeri; trasmettono un calore particolare, di cui nessun suo lavoro ormai da tempo è sprovvisto. The Day After è senz’altro più commedia di quanto non lo siano stati i suoi lavori più recenti, e forse il ricorso al bianco e nero si spiega pure in tal senso, ma questo non significa affatto che non riescano a farci ragionare, a circondarci con quel peculiare tepore che solo i suoi film riescono a generare.
Non solo. Tra una piega e l’altra emerge pure quel briciolo di malinconia con cui di solito le sue storie si concedono, senza buttarci giù, o per lo meno facendolo quanto basta per restare a mezz’aria, mentre al contempo veniamo sorretti. E la domanda che s’impone sempre, perentoria, è: poteva andare diversamente? Beh, con Right Now, Wrong Then (2015), per esempio, Hong Sang-soo si è espresso senza mezzi termini a tal proposito, producendosi in una risposta molto assertiva, per cui sì, ogni storia può sempre andare diversamente, e così accade. La realtà? Beh, quella è un’altra cosa. Da qualche parte, in qualche dimensione cinematografica parallela, dove un altro Hong Sang-soo è prolifico tanto quanto quello che conosciamo noi, moglie, marito e segretarie di The Day After (da notare il richiamo esplicito al tempo già nel titolo) si sono tutti mossi diversamente, ciascuno influenzando le decisioni dell’altro. Succede anche questo con i film di questo significativo cineasta: per quanti ne gira, di film, là fuori ci sono tutti quelli che non potrà mai girare, anche volendolo.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]
The Day After (Geu-hu, Corea del Sud, 2017) di Hong Sang-soo. Con Kim Min-hee e Kwon Hae-Hyo. Concorso.