Céline Sciamma difende Kechiche sulla questione dello sguardo
La regista dell’acclamato Portrait of a Lady on Fire riporta certa critica coi piedi per terra
Sono trascorsi mesi dalla bagarre cannense post-proiezione della seconda parte di Mektoub, My Love, il progetto che Abdellatif Kechiche ha inaugurato nel 2017 con Canto Uno. Contro il regista di origini tunisine si sono scagliati in parecchi, denunciando nel suo Intermezzo (che chi scrive ha invece parecchio apprezzato) uno sguardo irrispettoso, per usare un eufemismo, della donna.
Tutt’altra storia con Portrait of a Lady on Fire, il film di Céline Sciamma, che, al contrario, è stato non solo applaudito ma addirittura elevato ad antidoto contro il lavoro di Kechiche, per tanti letteralmente improponibile. Una posizione che da questa parte abbiamo immediatamente giudicato ideologica, oltre che miope e superficiale, rispetto ad un lavoro, Intermezzo, che, sebbene mediante misure che si pongono al di là di certi standard odierni, tendono invece all’esaltazione della figura femminile.
Finalmente la regista francese ha avuto modo d’intervenire in merito alla questione (via IW). Intervistata dal magazine So Film, infatti, la Sciamma ha mostrato un equilibrio e un’apertura, oltre che una comprensione, che a tanti tra i suoi ammiratori sono mancati e continuano a mancare.
È stato estremamente interessante avere avuto entrambi i film in Concorso. Grazie al film di Kechiche e a Portrait of a Lady on Fire, i critici francesi hanno dovuto confrontarsi con certe questioni inerenti allo sguardo maschile e femminile, con annessi problemi che emergono all’atto del guardare. Io e Kechiche facciamo film che sono manifesto in merito a certi argomenti. È totalmente stupido pensare che si possa amare solo uno ai danni dell’altro, quando è proprio il contrario.
Qui è dove certi critici francesi non stanno decostruendo abbastanza. Possiamo assolutamente amare entrambi i film. Non siamo all’altezza dell’entusiasamente natura di questo periodo se cominciamo a ridurre tutto a una questione di «buono o non buono; morale o immorale; voyeur o non voyeur», non è questo il punto. La chiave sta nel capire da cosa sono animate certe immagini, e cosa cercano di rivelare.
Una posizione ben più accettabile, non solo onesta ma anche in linea con quanto a uno spettatore viene richiesto, specie se chiamato per professione a discutere su certe cose. Prima di soffermarci un altro po’ su questo punto, ecco cosa la Sciamma ha pure dichiarato rispetto ad un altro film, questo invece stra-amato da quella critica che oggi stronca il cosiddetto male gaze di Kechiche.
Mi piace La vita d’Adele, per esempio, e penso che le scene di sesso lì ci stiano benissimo in relazione alla visione d’insieme di Kechiche: descrivere il suo rapporto con le sue attrici e quello loro una verso l’altra. È affascinante nella misura in cui resti attivo, che è elemento essenziale nel guardare i film di Kechiche. Dovremmo evitare i pregiudizi ed avere il coraggio di mettere in discussione lo sguardo – il nostro e quello del regista. Ma questo richiede un certo impegno da parte dello spettatore.
Ora, non che l’intervento della regista francese fosse indispensabile per dirimere la questione, ma è senz’altro significativo che debba intervenire un cineasta, un collega, per richiamare all’ordine quella parte di critica pigra, abbarbicata comodamente sui propri trespoli ideologici, una condizione che preclude qualsivoglia comprensione. Perché, sia chiaro, non sta scritto da nessuna parte che quanto Kechiche stia cercando di fare con il progetto Mektoub, My Love debba per forza di cose essere apprezzato. Discutibile, come minimo, è questa totale chiusura a fronte di un lavoro che ci vuole poco a capire vada ben al di là di una serata in discoteca o un lungo cunnilingus.
L’impressione è che nemmeno queste condivisibili considerazioni della Sciamma attecchiranno, a tal punto la schiera di detrattori si è rivelata impenetrabile in relazione a certe idee. Senza voler chiaramente accomunare sensibilità diverse: sappiamo infatti che tra chi non apprezza questo Kechiche c’è chi ha avuto modo di illustrare finanche con acume il proprio dissenso, pur costituendo questi una netta minoranza. Infatti qui non si dà addosso ai numeri ma a un’idea, che va rigettata nella misura in cui ostinatamente dettata da una visione del mondo così povera e mortificante, che da un lato dice di tenere alle differenze, mentre dall’altro non solo non le tollera ma le osteggia. Intanto Intermezzo è già uno dei titoli più rilevanti del 2019; ma già dalla prima proiezione a Cannes.