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Chi è senza colpa: recensione in anteprima

L’ultima apparizione di James Gandolfini sul grande schermo è la trasposizione di un racconto breve di Dennis Lehane (Mystic River, Shutter Island). Chi è senza colpa è l’esordio americano per Michaël R. Roskam, regista di Bullhead

pubblicato 17 Marzo 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 17:22

Solo a posteriori, a film bello che terminato e, volendo, assimilato, si riscontra in maniera oramai inequivocabile quale sia quello strano freno. Neanche tanto impercettibile, c’è un difetto che affligge Chi è senza colpa, uno di quelli che ciascuno può elaborare a proprio modo ma che chi scrive ha trovato anche troppo limitante. Il doppiaggio. Discorso che meriterebbe un articolo a parte, articolo che effettivamente da queste parti abbiamo anche provato a scrivere (lo trovate qui), e di cui questa nostra ristretta disamina potrebbe considerarsi in seppur minima parte un appendice.

Chi è senza colpa (concedeteci d’ora in avanti di chiamarlo col titolo originale, ossia The Drop) si sofferma su una pratica piuttosto diffusa nel sottobosco criminale di Brooklyn, per cui la malavita “posteggia” i proventi dei propri traffici presso bar e locali specifici, per poi raccoglierli in un secondo momento. La procedura è semplice: ogni barista sotto il bancone ha una cassaforte con una fessura in alto; ricevute le anonime buste da presunti clienti, il tutto viene accumulato in questa cassaforte nel corso della serata.

Uno di questi baristi è Bob (Tom Hardy), un tipo talmente calmo da destare sospetti dal primo istante: a tal punto il suo sguardo tradisce quella flemma e quell’accondiscendenza che il tipo manifesta ogni due per tre. Ci si mette poco a capire che è lui il vero protagonista di questa storia, non il cugino, Marv (James Gandolfini), proprietario del bar in cui lavora. Bob è un tipo alla mano, di quelli che offrono da bere e che non fanno mai pagare l’ubriacona che siede sempre a lato del bancone, perché non ha un centesimo e non le è rimasto che bere per non pensarci. Eppure Bob è solo. Veramente solo.

Finché un giorno non trova un cucciolo di pitbull nel cesto della spazzatura di Nadia (Noomi Rapace) e qualcosa comincia a cambiare. Bob comincia a cambiare. O così crede. La descrizione che il regista Roskam fa di quel mondo lì, ovvero la microcriminalità dei sobborghi di New York, appare, se non convincente, per lo meno attraente. Popolata di strani figuri, tutti aspiranti criminali che in fondo altro non sono che semplici lestofanti, bulli di quartiere talmente maldestri da rimetterci la pelle. Più che la storia seguiamo perciò le dinamiche; più che le dinamiche seguiamo la parabola di Bob. E qui torniamo alle considerazioni con cui abbiamo aperto questo scritto.

Il personaggio di Hardy non è un taciturno, ma nemmeno uno a cui piace sprecar fiato; il doppiaggio mortifica a tal punto la sua interpretazione che i conti tornano solo quando si realizza con certezza di cosa parla The Drop, da chi o cosa passa il suo senso (!). E poiché, senza stare lì a svelare chissà cosa, la figura di Bob è in qualche modo centrale, il fatto che quest’ultimo non renda a dovere finisce con l’incidere come raramente ci è capitato di osservare. Sappiate che il film è tratto da un racconto breve di Dennis Lehane, lo stesso di Mystic River, Gone Baby Gone e Shutter Island. Chi ha visto questi film, a prescindere dai giudizi di valore, non farà fatica ad immaginare una storia ambigua, che pone in rilievo le sfumature, in questo caso relegate ai personaggi, che sono e non sono ciò che sembrano. Il racconto gioca un po’ su questo.

Ne vengono fuori profili che devono se non confondere quantomeno apparire sfuggenti, interessanti fino al momento in cui, di botto, in un singolo episodio, tutto viene rivelato. Lo sforzo di Hardy appare allora depotenziato, svilito addirittura. Per un film che è ben lungi dalla perfezione, più che in altri contesti di genere analogo. Se i percorsi di Bob, Marv e Nadia non fanno breccia, risulta arduo riuscire a seguire con la giusta intensità una storia dove tutto o quasi è prevedibile, e la scelta (a nostro avviso saggia) di Roskam di liberare il campo da ogni possibile “distrazione”, lasciando che la vicenda prosegua tutto sommato liscia dall’inizio alla fine, da virtù che potrebbe essere muta in vizio.

Il danno del doppiaggio di Hardy fa per certi versi il paio con la traduzione del titolo, che svela anzitempo ciò che è ovvio dopo all’incirca un quarto d’ora di film, indirizzando in modo forzato lo spettatore ad indossare lenti che avrebbe dovuto scegliere da sé. Perché sì, il senso di colpa è uno dei leitmotiv di The Drop, ma non nel senso che intende il titolo, in questo caso pure inopportuno. Così come Bob è solo nella vita lo è interiormente, perciò non ha bisogno di alcun metro di paragone per valutare le proprie azioni; glaciale, diabolicamente assorbito da un’indole votata alla violenza, quella estemporanea, di chi è nato per fare quello e quello soltanto. È meno comune, ma succede, che un personaggio, pur scritto decentemente, stenti poi sullo schermo. E ripetiamo, non ce la sentiamo di dare in toto la colpa ad Hardy. Prendete Gandolfini: in italiano rende piuttosto bene, ed allora il suo impatto è diverso, magari anche perché più “familiare”, per così dire.

Ci è insomma sembrato opportuno evidenziare a chiare lettere tale aspetto, perché in The Drop si avverte qualcosa, ma al contempo non ci dà tregua l’idea che al passaggio qualcosa sia andato irrimediabilmente storto; ed è, come spero di essere riuscito a far capire, un “qualcosa” che attiene più alle impressioni, perciò razionalizzabile fino a un certo punto. Contiamo magari di vederlo di nuovo in originale quanto prima, anche perché a fronte di una sensazione così netta sarebbe interessante comprendere se si è presi una cantonata o se invece l’ipotesi «doppiaggio malvagio» abbia un suo fondamento. Per ora questo è quanto.

Voto di Antonio: 5½
Voto di Federico: 7
Voto di Gabriele: 7

Chi è senza colpa (The Drop, USA, 2014) di Michaël R. Roskam. Con Tom Hardy, Noomi Rapace, James Gandolfini, Matthias Schoenaerts, John Ortiz, Elizabeth Rodriguez, Michael Aronov, Morgan Spector, Michael Esper, Ross Bickell, James Frecheville, Tobias Segal, Patricia Squire, Ann Dowd, Chris Sullivan e Lucas Caleb Rooney. Nelle nostre sale da giovedì 19 marzo.

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