Child of God: recensione in anteprima del film di James Franco
Festival di Venezia 2013: terzo film diretto da James Franco nel 2013 dopo Interior. Leather Bar e As I Lay Dying, Child of God è la trasposizione del crudo Figlio di Dio di Cormac McCarthy. Imperfetto, radicale, estremo nella costruzione e a tratti un po’ noioso. Ma James Franco si conferma regista coraggioso, e Scott Haze è da Coppa Volpi grazie alla sua interpretazione “bestiale”.
In attesa che The Counselor di Ridley Scott, scritto proprio da Cormac McCarthy, arrivi nelle nostre sale, arriva sul grande schermo un’altra trasposizione cinematografica di uno dei suoi romanzi: Figlio di Dio. A prendersi la briga di questa complessa missione c’è James Franco, sempre più prolifico anche come regista.
Solo nel 2013 l’attore ha diretto tre film: il sottovalutato Interior. Leather Bar (co-diretto con Travis Mathews), presentato al Sundance e a Berlino; il discusso As I Lay Dying, tratto da William Faulkner e presentato a Cannes; e infine questo Child of God, che ha già infiammato il Lido tra sostenitori e detrattori.
C’è una cosa che però tutti dovrebbero ammettere, ed è il fatto che non solo James Franco si sceglie progetti rischiosi e difficili, ma anche che non scende mai a compromessi nel momento di girarli. Per dire: Interior. Leather Bar ragiona sulla distanza tra due mondi (etero e queer) sotto forma di (finto?) documentario, provando a ricostruire i minuti censurati e perduti di Cruising; As I Lay Dying mette in scena con realismo e un massiccio uso di split screen un’opera letteraria a prima vista infilmabile.
Child of God è una nuova sfida fin dalla trama: come riuscire ad affrescare una figura come quella di Lester Ballard? Come mettere in scena la violenza, la crudezza di certe situazioni e persino la necrofilia? Ambientato in Tennessee, nella montuosa contea di Sevier, Child of God vede per protagonista il già citato Lester, che è uno sfrattato dal carattere violento che viene definito all’inizio “un figlio di Dio, molto simile a te forse”.
La sua vita è un disastroso tentativo di esistere al di fuori dell’ordine sociale. Rimasto dapprima senza i genitori e poi privato della casa (cose che veniamo a sapere dalle voci off di alcuni personaggi che forse non vedremo mai sullo schermo), Ballard, al quale rimangono ben pochi altri legami, scende sia letteralmente sia simbolicamente al livello di un cavernicolo man mano che la sua vita sprofonda sempre più nella degenerazione e nel crimine.
Diviso in tre capitoli ed inizialmente “arricchito” da alcune frasi del libro (dal font improponibile, sinceramente), Child of God è un film estremo e radicale non tanto nella scelta di mettere in campo certe scene o momenti crudi – che ci sono, però senza troppe esagerazioni -, ma soprattutto nell’approccio che Franco ha rispetto alla materia. Non fa sconti a nessuno, e rischiando molto decide di seguire perennemente il suo personaggio, che alla fine è sempre in scena, nel rispetto di McCarthy.
Innegabilmente lo spirito dello scrittore c’è, e questa è la buona notizia. Il film è sporco e “cattivo”, non cerca spiegazioni sociologiche e non s’impunta nel voler per forza farci entrare in empatia con Ballard. Dall’altra parte però proprio questo approccio “freddo” fa scemare tutta la possibile intensità dell’opera, sprecando le potenzialità di romanzo e soggetto. Viene da chiedersi che cosa poteva scegliere di diverso Franco a livello registico pur restando fedele a McCarthy: e la risposta effettivamente non è facile…
Franco decide di montare diverse scene di “vita quotidiana” in cui il protagonista è sempre in scena, con dissolvenza in nero e stacco sulla nuova scena: Ballard che vince dei peluche al luna park, che si masturba guardando una coppia fare sesso, che fa la cacca nei boschi, fa sesso proprio con un cadavere di una ragazza che decide di portare in casa come se fosse la sua “ragazza”… Va avanti così fino al gran finale, che i lettori del romanzo ricorderanno bene.
Il quadro restituisce con ferocia animalesca la vita di Ballard, interpretato in modo eccellente da Scott Haze.
Bisogna quindi dare atto a Franco di non essere sceso a nessun compromesso, come sempre, e di aver diretto comunque un film tecnicamente di buon livello. Distaccato e pieno di imperfezioni, certo, persino noioso, ma non terribile. Poi Child of God ha una musica country fatta col banjo, e delle ambientazioni meravigliose, i boschi, le pianure, i ranch, gli sceriffi, le pistole e i fucili…
Voto di Gabriele: 6
Voto di Antonio: 4
Child of God (USA 2013, drammatico 104′) di James Franco; con Scott Haze, James Franco, Tim Blake Nelson, Jim Parrack, Elena McGhee, Fallon Goodson, Jeremy Ambler, Vince Jolivette, Brian Lally, Nina Ljeti.