Cinecittà in Mostra: il coraggio di raccontare una storia che non finirà mai…
Gli inquilini di Cinecittà, sorta nel 1937, sono stati migliaia e migliaia, il più famoso è Federico Fellini che voleva abitare lì con i suoi sogni e incubi di celluloide
Una volta a Cinecittà c’era un custode che si chiamava Pappalardo, grande, grosso, ciccione, dagli occhi severi e dal vocione potente. Pare. L’ho visto solo nei bellissimi filmati del Luce e me ne parlò l’attrice Lilia Silvi, oggi quasi dimenticata, quando la intervistai per un film a puntate degli anni Ottanta che feci proprio su Cinecittà il cui titolo è “Il castello di sabbia”. Lilia aveva quindici anni quando venne convocata per un provino. Aveva un’aria birichina e vivace, e si presentò accompagnata dalla madre. Ciò non bastò a rendere morbido Pappalardo nella sua intransigenza sugli ingressi di cui era tutore prima della seconda guerra mondiale (1939-45). Troppe erano le ragazzine e le mamme che sognavano un film da fare e si presentavano a centinaia, in un delirio che continuò dopo la guerra e fu raccontato da Luchino Visconti in Bellissima nel 1952, con Anna Magnani nel ruolo, eccolo di nuovo, di una mamma che pensava di accompagnare il “suo” personale sogno, scaricato sulla timida figlia poco propensa a fare del cinema.
La Silvi riuscì a convincere il Pappalardo con una certa intraprendenza (e con l’intervento della produzione che l’aveva convocata per il provino); da allora fu soprannominata Lilia, la Ragazza Terremoto. Se ne accorse uno dei più famosi divi di allora, Amedeo Nazzari, che dovette “subirla” in una commedia leggera ispirata a La bisbetica domata di Shakespeare, 1942. Riprese agitate, se non burrascose, e forse inventate a bella posta per fare un po’ di glamour prima dell’uscita del film nelle sale. Così del resto si usava anche a Hollywood, spesso senza la stessa vana leggerezza da bolla di sapone. Anche perché Lilia, come mi raccontò Roberto Villa, un altro divo dell’epoca, sempre nel “Castello di sabbia”, aveva ottenuto di inserire nel contratto firmato una clausola a cui teneva particolarmente. Questa: la macchina della produzione doveva andare a prenderla a casa e subito accompagnarla in chiesa poiché lei, la “ragazza terremoto”, voleva ogni giorno assistere alla santa messa.
Questo è uno dei tanti piccoli particolari, fra storia e costume, di una storia grande. La storia del progetto di Cinecittà in Mostra, un nuovo progetto destinato ad essere appunto permanente e alimentato di continuo da documenti, filmati di ieri ma anche di oggi, foto, manifesti, copertine di giornali e riviste, con molte sorpresa in elaborazione. Storia e costume, dalla nascita di Cinecittà ai giorni nostri. Un progetto di Giuseppe Basso, direttore dei Cinecittà Studios, a cura degli architetti scenografi costumisti Alida Cappellini e Giovanni Licheri, due nomi noti, carriere importanti.
Tre persone con cui sto collaborando. Un lavoro di consulenza storica e ricerca a largo raggio, che è iniziato da un paio di mesi e si rivela appassionante, coinvolgente già in questa fase. Naturalmente è un impegno colossale. Circa quattromila sono i film che sono stati prodotti, in un giro instancabile di attori e registi, tecnici, artigiani. Una grande avventura da documentare con precisione e senso del valore dei passaggi storici: il fermo durante la guerra, il cinema del neorealismo, la ripresa del dopoguerra intensa, fortissima.
Un racconto con autori del passato e del futuro, uno per tutti: Federico Fellini che se ne andò vent’anni fa, dopo aver preso poco prima l’Oscar alla carriera. Fellini che disse di aver spesso pensato di abitare in una casa dentro Cinecittà per raggiungere più rapidamente gli studi e forse, dico io, per condividere con quelle mura interamente sogni, desideri, visioni, incubi e ancora sogni. Quando Fellini pensava alla casetta-studio, Pappalardo non c’era più da tempo ai cancelli. Federico avrebbe potuto stare lì dentro, inquilino stabile nel moto perpetuo degli inquilini va e vieni, senza neppure fare il passi, dentro il ventre caldo delle sua creature di celluloide. Ne riparleremo. Questa è solo un’anticipazione-omaggio a chi ha preso l’ìniziativa di “riaprire” Cinecittà; e alla porta saranno sicuramente in tanti.