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Cinema in crisi: 23 milioni di italiani hanno disertano le sale

Al 20 ottobre 2013 sono stati venduti 68 milioni di biglietti, nello stesso periodo del 2012 erano stati 81. E la pirateria muove un giro d’affari calcolato in 500 milioni di euro.

pubblicato 22 Ottobre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 08:16

Ormai si parla di “stanare” il pubblico dalla proprie case, quasi fosse una preda spaventata. Si è da poco concluso il convegno Il cinema e i cinema del prossimo futuro, promosso dall’Anec, associazione nazionale esercenti cinema, presieduta da Lionello Cerri e con la partecipazione del Ministro Massimo Bray. Come anticipato pochi giorni fa dopo l’ultima ricerca di mercato voluta da Anica, il cinema italiano sta attraversando una profonda crisi economica e oggi si è ribadito il concetto.

Pirateria, sale disperse nelle periferie, concorrenza del digitale, film poco pubblicizzati: queste in soldoni le cause di un dramma che lo scorso anno ha visto circa 23 milioni di italiani disertare i nostri cinema ormai semi-deserti. Tirano le commedie, si diceva, come i blockbuster di produzione statunitense, non va il cinema cosiddetto “di qualità”. Il pubblico non può (o non vuole) spendere e se costretto a una scelta predilige l’intrattenimento spicciolo. Lionello Cerri ha dichiarato:

“Non vogliamo piangerci addosso, più che ragionare sull’attualità, dobbiamo individuare nuovi modelli operativi per la sala, che, per sopravvivere, deve trasformarsi in centro di aggregazione. I cinema, come le piazze dei centri commerciali, devono tornare ad essere un luogo di incontro. Gli esercenti sono chiamati a trasformarsi in imprenditori culturali: devono investire maggiormente sulla comunicazione; servirsi dei nuovi strumenti tecnologici; valorizzare i film interessanti, perché troppi titoli meritevoli passano in sala nella più assoluta indifferenza. Dimostrare al pubblico che la visione di un film al cinema è tutta un’altra cosa. È anche una questione di educazione e formazione. In altre parole bisogna individuare occasioni per stanare gli spettatori nelle loro case. La sala cinematografica non deve più avere al centro il film, bensì lo spettatore.”

Un programma interessante, parrebbe, con lo spettatore al centro dell’attenzione. Ma negli ultimi dieci anni hanno chiuso 712 sale, specialmente quelle storiche, spesso ubicate nei centri storici, mentre resistono i multisala, spesso confinati in centri commerciali periferici e più simili a fabbriche de consumismo più che a cinema.

L’interesse dovrebbe essere incentrato sul film, non sulle diverse qualità di bevande o snack consumabili durante le due ore di proiezione: il film, non lo spettatore è al centro dell’attenzione, il resto è contorno, un orpello magari piacevole ma non indispensabile. Andare al cinema è spesso logisticamente scomodo e non economico: pigrizia (giustificabile) e parsimonia (giustificata) fanno il resto e l’italiano medio predilige l’home video, i canali tematici digitali o satellitari o forme illegali di visione. Non sono solo più i giovani a scaricare illegalmente, ma anche gli adulti, il core business dell’industri cinematografica.

Il problema fondamentale è che lo spettatore è visto in un’ottica di consumatore, da “stanare” affinché spenda i propri soldi al cinema e non in altre attività ricreative. Ma senza film di qualità, prezzi concorrenziali (magari con biglietti gratuiti per i bambini) e sale facilmente raggiungibili, la soluzione sembra ben lungi dal poter essere trovata.