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Cinema italiano, registi in fuga?

Pasolini, Minervini, Chiarini e tutti gli altri: fuga di cervelli o espansione del nostro cinema all’estero?

pubblicato 2 Gennaio 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 05:38

Still Life, di Uberto Pasolini (nell’immagine), è già un caso. Si perché il plumbeo ma leggero dramma presentato all’ultimo Festival di Venezia (leggi la recensione), ha già conquistato la critica di mezzo mondo, realizzando un film di respiro “internazionale”, non britannico, né italiano, né statunitense.

Melting pot cinematografico dovuto alla globalizzazione o fuga di cervelli con i più promettenti registi italiani che abbandonano la terra natale avara di soddisfazioni (e sovvenzioni riservate ai soliti noti)? Difficile dirlo, ma se nel passato recente solo Muccino, già all’apice della fama, aveva scelto la via dell’esilio dorato, poi anche Sorrentino aveva tentato l’esterofilia con la sua produzione mista (anche italiana) This Must Be the Place. Casi, eccezioni.

Ma ora oltre e Pasolini abbiamo Roberto Minervini e il suo Stop the Pounding Heart (approdato al estival di Cannes), Anrea Pallaoro (Medeas), poi Duccio Chiarini, Alessio Cremonini con Border… I giovani registi italiani vengono apprezzati all’estero: Minervini è già stato definito il nuovo Rossellini, Pallaoro è stato premiato da Scorsese a Marrakech. Esterofilia ingiustificata o fuga di cervelli inevitabile? Entrambe le cose, probabilmente: in un Paese culturalmente immobile (o quasi), dove l’industria cinematografica si è praticamente fossilizzata sugli stilemi della nuova commedia all’italiana, che viene riproposta ormai all’infinito nelle sue varie declinazioni e dove vengono premiati sempre i soliti noti (anche economicamente), c’è chi ha deciso di tentare fortuna all’estero. Come il già citato Giacomo Cimini, romano trapiantato a Londra (dove ha studiato) e che sta girando un suo film di fantascienza (genere praticamente sconosciuto nel nostro paese).

Ben venga questa globalizzazione, questo scambio vivificante di influenze multiculturali, che consente a cineasti di diverse nazionalità di cimentarsi col cinema internazionale, partendo ovviamente da un parterre molto più ampio di quello nazionale. Dispiace, d’altro canto, sapere che molti hanno scelto l’estero perché in Italia non c’erano possibilità di emergere, quando ogni anno vengono devoluti dallo stato decine di milioni che finiscono per produrre le solite commediole che non avrebbero nemmeno bisogno, perché sbancano regolarmente i patrii botteghini. Comunque, visti i tempi, non si può certo dar loro torto…