Come un gatto in tangenziale 2: trailer, curiosità e anticipazioni su “Ritorno a Coccia di Morto”
Il 26 agosto debutta ufficialmente nei cinema d’Italia con Vision Distribution Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di morto.
Dopo le anteprime di Ferragosto, il 26 agosto debutta ufficialmente nei cinema d’Italia con Vision Distribution Come un gatto in tangenziale – Ritorno a Coccia di morto, sequel della commedia campione d’incassi del 2017 che vede Paola Cortellesi e Antonio Albanese ancora protagonisti e il ritorno del regista Riccardo Milani al timone. La storia riprende tre anni dopo gli eventi del primo film: a Roma Monica (Cortellesi) finisce in carcere per colpa delle gemelle che nascondevano merce rubata nei fusti dell’olio e chiama Giovanni (Albanese) in cerca di aiuto.
Trama e cast
La trama ufficiale: Tre anni dopo. Mentre Alessio e Agnese si rincontrano in un pub di Londra, a Roma Monica finisce in carcere per colpa delle gemelle che nascondevano merce rubata nei fusti dell’olio di “Pizza e Samosa”, e chiama Giovanni (Antonio Albanese) in cerca di aiuto. Il nostro “pensatore”, ora legato alla giovane e rampante Camilla (Sarah Felberbaum), è impegnato in un progetto di recupero di uno spazio in periferia. Per far uscire Monica di prigione, Giovanni riesce a far commutare la detenzione con un lavoro nella parrocchia di San Basilio guidata da Don Davide (Luca Argentero), tanto bello quanto pio. È così che le vite di Monica e Giovanni si intrecciano nuovamente ma questa volta, pur con le solite differenze del caso e i mille guai in cui si cacceranno, tra i due sembra nascere una vera storia d’amore. Intenzionati a rivelare al mondo la loro relazione, organizzano un pranzo a Coccia di Morto con tutta la famiglia, compresi Sergio (Claudio Amendola), Luce (Sonia Bergamasco) e ovviamente i due ragazzi. Ma è proprio qui che succede l’impensabile…
Come un gatto in tangenziale 2 – Trailer & Video
Spot tv ufficiale pubblicato il 4 agosto 2021
Trailer ufficiale pubblicato il 25 agosto 2021
Note di regia
Monica e Giovanni sono, e continuano ad essere, due anime dello stesso Paese. Il nostro. E sono per me il modo di raccontare, attraverso il filtro popolare della commedia, da una parte l’amarezza nel vedere il mio paese così spaccato, dall’altra il grande potenziale di condivisione e di senso della comunità che in esso vive e sopravvive, ed è lì pronto a esplodere anche più della rabbia sociale. Forse anche per questa consapevolezza c’è, forse ancora più forte, il desiderio di raccontare con affetto e partecipazione sia un fronte che l’altro. Torna in mente per Monica e Giovanni la lezione del primo film: ascoltare le ragioni dell’uno e le ragioni dell’altro. E oltre a questa, negli anni, forse un’altra lezione è arrivata a Monica e Giovanni, dal loro primo incontro: hanno imparato nel tempo a saper distinguere le cose giuste e quelle sbagliate non più a seconda di dove arrivino, ma per quello che sono oggettivamente: giuste o sbagliate- E anche se i motivi di scontro non mancano nemmeno stavolta, dalla cultura (la cultura che fa crescere le persone, i quartieri, le realtà di cui è composto il tessuto sociale profondo e reale del nostro Paese), al mondo cattolico (che sembra apparentemente lontano sia dall’una che dall’altro), quella tra Monica e Giovanni è una storia d’amore contrastata ma non più impossibile. Quella tra le due anime del Paese Italia. Un Paese sì, diviso, ma in cui può succedere che una storia come la loro possa durare magari un po’ più di un gatto in tangenziale. Entrambi percepiscono che c’è un Paese disponibile alla compattezza, alla condivisione di un problema mondiale. Un Paese che può, con la forza delle cose giuste, superare barriere che sembrano da molti decenni insormontabili. Così “gatto” torna in sala per ritrovare e parlare con il suo pubblico, fatto di persone molto diverse e distanti tra loro. Per ritrovare tanti Monica e Giovanni disposti a rivedersi sullo schermo e a divertirsi e a pensare all’altro con qualche pregiudizio in meno e la consapevolezza di appartenere alla stessa comunità per poter convivere più di un gatto in tangenziale…Stavolta, oltre a Bastogi, abbiamo volutamente coinvolto nelle riprese diverse periferie di questa città, a volte così diverse, a volte così tutte uguali, in cui aiutare a portare, anche se solo per un giorno, quella che dovrebbe essere una normale legalità. Ringrazio i produttori e i distributori che tanto hanno creduto nel film da scommetterci ancora e rilanciare. Ringrazio tutti gli attori, quelli del film precedente e quelli che sono entrati ora, da Luca Argentero, un sacerdote che non fa altro che il suo lavoro e proprio per questo viene ostacolato dai suoi stessi fedeli, a Sarah Felberbaum, la nuova compagna di Giovanni più aderente al suo mondo e ai suoi modelli di vita e forse proprio per questo così lontana e distante. Ringrazio gli sceneggiatori, Giulia, Paola e Furio, fondamentali nell’aiuto che mi hanno dato a passare dall’idea alla storia. E ringrazio la mia troupe. Stavolta più di altre. A noi il Covid 19 non ci ha divisi ma ci ha unito. Dovevamo stare bene e proteggere noi e le nostre famiglie sia dal pericolo del contagio che dal rischio della chiusura del set. Ne siamo usciti più forti. [Riccardo Milani]
Foto e poster
Interviste a cast e regista
Il regista Riccardo Milani racconta come è nato questo secondo capitolo del “Gatto in tangenziale” e cosa si vuol raccontare in questo secondo film.
Con questo nuovo Gatto, che credo sia ancora più divertente e aspro del precedente, abbiamo cercato di continuare a raccontare la complessità di un’Italia che non sembra troppo diversa da quella da noi descritta tre anni fa nel primo film. E che, anzi, forse si spinge verso una spaccatura ancora più marcata. Come si ricorderà i Monica e Giovanni di Paola Cortellesi e Antonio Albanese, i nostri due protagonisti, una volta vinti pregiudizi e diffidenze reciproche avevano iniziato a conoscersi e a dialogare assorbendo ognuno dall’altro quanto aveva di positivo fino a capire di non poter fare a meno l’uno dell’altra. Credo che il cuore di questo film rimanga questo: il desiderio che le persone si ascoltino e la consapevolezza che esiste comunque una possibilità di coesione, vicinanza e persino di affetto anche tra chi è diviso da un muro sociale e culturale. In una società civile che possa definirsi tale penso sia sempre più decisiva la necessità di comunicare con gli altri e di essere aperti, ricettivi e inclusivi. Seguendo una mia spinta personale cerco sempre attraverso il mio lavoro di comunicare con qualcuno che la pensa diversamente da me: quando giro dei film lo faccio per raggiungere soprattutto questa gente. Sono convinto che persone distanti tra loro per estrazione, ambiente e mentalità possano trovare sempre punti di incontro. Come sono convinto che chi fa il mio mestiere possa e debba parlare a chi la pensa in maniera opposta alla propria: non mi interessa raggiungere quelli con cui sono già d’accordo. E’ una culla fin troppo comoda. E’ importante invece cercare e coltivare la “scomodità” di parlare a chi ha punti di vista differenti.
Paola Cortellesi parla del film, del linguaggio e del nuovo incontro tra i due protagonisti.
L’ambizione è stata quella di raccontare quello che sta accadendo a una parte della nostra società, qualcosa di vero e reale che attraversa il Paese. Il primo “Come un gatto in tangenziale” portava in scena l’incomprensione tra ceti sociali opposti, questo nuovo film lo abbiamo scritto durante il lockdown ed è il frutto di una nostra riflessione su come nei momenti di emergenza passino inevitabilmente in secondo piano argomenti fondamentali, come l’accesso ad una vita culturale attiva, a uno stimolo di crescita individuale e di autonomia di pensiero critico. Non abbiamo avuto subito l’idea di un sequel del film precedente ma avevamo pensato di dar vita ad una storia di ripartenza che mettesse in scena la necessità di occuparsi sia di progetti a lungo termine sia di urgenze non rinviabili, come nella nostra nuova storia accade al personaggio di don Davide interpretato da Luca Argentero. Durante la scrittura del copione abbiamo poi considerato che sarebbe stato più semplice raccontare quello che volevamo attraverso due personaggi che conoscevamo bene e costantemente in contrasto, come la Monica e il Giovanni di “Come un gatto in tangenziale”, con lo scetticismo di lei, disillusa e facile preda di un certo qualunquismo e il pensiero più lungimirante di lui, manager sinceramente impegnato nel sociale che con il proprio lavoro sulle periferie vuole iniziare un discorso destinato a durare, con l’obiettivo di creare stimoli culturali e un’idea ampia di “bellezza” a disposizione di chi abita in luoghi troppo spesso dimenticati e lasciati a se stessi. Avevamo lasciato Monica e Giovanni nel finale del primo film con un punto di domanda sul destino del loro legame: la loro storia d’amore sarebbe durata “come un gatto in tangenziale”, ovvero pochissimo. Nella nuova storia abbiamo immaginato che il loro incontro dopo tre anni di lontananza avvenga per necessità: Giovanni deve tirar fuori Monica dagli “impicci” li ritroviamo alle prese con nuove vicende e con tutti i contrasti esplosi in passato ma ancora una volta, senza saperlo, uniti da un obiettivo comune. A mio parere il linguaggio umoristico è il miglior amico dei temi importanti. Attraverso un registro divertente si può raccontare la grettezza di slogan come “con la cultura non si mangia”, la necessità di considerare ogni giardino il proprio giardino e instillare il germe della partecipazione in chi non si è mai curato della cosa pubblica e dunque della propria crescita, il diritto di avere accesso all’arte, di farsi delle domande, di incuriosirsi, di coltivare un pensiero autonomo, libero.
Antonio Albanese parla del film e della scelta di narrare l’Italia odierna e temi importanti in una chiave di lettura divertente e accessibile.
Le commedie devono raccontare il tempo in cui sono ambientate e in cui nascono, nel nostro caso abbiamo mostrato da vicino certe verità, certi caratteri della realtà spesso descritti in maniera superficiale, penso alla borgata in cui vive Monica e alle mille culture diverse che convivono nelle nostre periferie. Riccardo Milani e gli altri sceneggiatori sono stati capaci di individuarle in maniera semplice ma molto efficace. Penso che per riflettere si debba sempre teorizzare e che sia necessario convivere con certe realtà del Paese anche se la nostra politica lo sta facendo sempre meno rispetto al passato. Io provengo da una periferia e resto convinto che si debba vivere il proprio tempo a 360 gradi e che sia importante confrontarsi con il linguaggio che cambia e l’impossibilità di sviluppare e realizzare i propri sogni e bisogni in mancanza di spazi e visioni adeguati. In certi ambienti difficili è necessario il coraggio di creare, dar vita a progetti concreti, scoprire talenti, sviluppare professioni diverse: io mi sono avvicinato al mio mestiere di attore grazie a una serie di incontri fortunati; dal mio piccolo paese vicino Lecco sono arrivato a Milano dove ho potuto frequentare la scuola di recitazione civica Paolo Grassi che all’epoca costava 400.000 lire per tutto l’anno, ma se – come spesso accadeva e accade – avessi dovuto spendere di più non avrei mai potuto sviluppare il mio talento. Sì e penso ad esempio che il nostro primo “Come un gatto in tangenziale” sia riuscito pienamente nell’intento. Nell’arte non ci sono regole, io ho frequentato l’Accademia d’arte drammatica e non pensavo di far ridere ma poi, per fortuna, ho scoperto la comicità, che è una delle forme d’arte più elevate in assoluto perché ti dà l’occasione di dialogare e convivere con il mondo che vuoi affrontare. La commedia ti offre la possibilità di captare un mondo reale che esiste, le fortune e le sfortune di una comunità, e riesce a mettere in evidenza certi argomenti importanti. L’ho sempre considerata un modo straordinario di raccontare un Paese, è un genere difficile da praticare ma se riesce a coinvolgere quasi a 360 gradi un mondo, il suo linguaggio, i colori, i suoni e i caratteri e riesce a trovare la via giusta può diventare straordinaria.