Corpo dei Marines: la loro storia in 5 film nell’anniversario della fondazione
Eroi o assassini? Guerrieri o automi? Ecco come il cinema dipinge i Marines.
Oggi 11 luglio, negli Stati Uniti e in decine di basi sparse per il pianeta, si celebra la nascita del Corpo dei Marines, fondato nel 1798, ma la cui storia affonda le radici fin alla guerra d’Indipendenza americana. Raccontare la storia di questo celebre corpo di fanti di marina richiederebbe un tomo di svariate centinaia di pagine: dal conflitto ispano-americano del 1898 alla guerra in Afghanistan, i marines sono sempre stati in prima fila (Semper fidelis!) e il cinema ne ha immortalato le gesta in decine di film. Inconsapevoli eroi strumentalizzati dalla propaganda come in Flags of ours Fathers, feroci stupratori come in Vittime di guerra, reduci alienati come in Nato il quattro luglio o carne da macello come in Hamburger Hill? Probabilmente tutte queste cose assieme, anche perché difficilmente la guerra tira fuori il meglio dalle persone. Elencare i migliori titoli su oltre 200 anni di imprese belliche sarebbe arduo, dal momento che sono innumerevoli e tantissimi i celebri registi che si sono cimentati sulle loro gesta, per cui ci limiteremo a proporvi cinque diversi film che coprano altrettante diverse guerre cui i marines hanno partecipato, dall’inizio del ‘900 ai giorni nostri.
Partiamo con Il vento e il leone, diretto nel 1975 da John Milius (Un mercoledì da leoni): nel 1904 una donna (Kandice Bergman) e suoi due figli residenti a Tangeri vengono rapiti da un feroce ma nobile capo berbero (Sean Connery), sullo sfondo delle tensioni internazionali che di lì a pochi anni avrebbero portato alla prima guerra mondiale. Saranno proprio i marines ad essere inviati dal bellicoso Presidente Roosvelt a risolvere la situazione e a liberare i cittadini rapiti. Epico, maestoso, romantico e prevedibile.
Dagli inizi del ‘900 spostiamoci direttamente alla Seconda Guerra Mondiale, dove il Corpo dei Marines scrisse le più gloriose pagine della propria storia, specialmente nella sanguinosa campagna del Pacifico. Avrei voluto citare, per questo periodo, La sottile linea rossa, di Terrence Malick, ma purtroppo le truppe protagoniste del film sono reparti dell’esercito, non della marina, ragion per cui ripieghiamo (per così dire) su Flags of our Fathers (2006), di Clint Eastwood, pellicola giustamente famosa per la sua complessità e veridicità nel narrare la cruenta battaglia di Iwo Jima. Peccato solo per il finale alla Spielberg, ma è un gran film.
Conflitto del Vietnam, a cavallo tra gli anni ’60 e i ’70: un’intera nazione perse il candore dell’infanzia e un’intera generazione rimase sconvolta da una guerra che in molti consideravano sbagliata. I film sulla tematica sono decine, ma solo un film parla non della guerra ma dei marines: Full Metal Jacket. Stanley Kubrick dirige nel 1987 uno dei suoi migliori capolavori, nonché un’opera che influenzerà decine di registi e sceneggiature, oltre a rimanere come pietra miliare nella cultura contemporanea. L’uomo e il suo fucile. Inutile dire di più, da rivedere e rivedere.
1983: il conflitto in Vietnam è finito e l’America fatica a riprendersi dalle ferite. Quale miglior cura di mandare un manipolo di marines comandati da un sergente mastino a conquistare l’isola di Grenada? Molti di voi avranno indovinato, stiamo parlando di Gunny, del 1986, diretto ed interpretato da Clint Eastwood. Una rozza elegia dei marines, un inno alla virilità fatta di botte, birra e storie da veterani. Clint era ben lontano dalla classe che avrebbe dimostrato come regista nei decenni successivi. Ma stiamo sempre parlando di Clint… Godibile.
Chiudiamo il nostro breve excursus con Il cacciatore dei nostri tempi, ossia Brothers, con Toby Maguire (2009, di Jim Sheridan) nei panni di un figlio modello e padre perfetto che parte in missione alla volta dell’Afghanistan, dove conoscerà l’orrore della guerra e della prigionia. Ad aspettarlo a casa la moglie (Natalie Portman), il fratello (Jake Gyllenhaal) e i genitori orgogliosi del figlio eroe. Ma niente sarà più come prima. Bello ma fuori tempo massimo: il già citato film di Cimino e Nato il quattro luglio narrano meglio l’impossibilità dei reduci a una vita normale e poco cambia se si tratti del Vietnam nel ’68 o dell’Afghanistan 30 anni dopo.