Crosscurrent: recensione in anteprima del film in Concorso a Berlino 2016
Un’odissea appassionante e ricca di fascino in una Cina mitica, che mette da parte la politica per far spazio alla poesia e al mistero. Crosscurrent è una delle cose migliori approdate a Berlino in questa edizione
[quote layout=”big”]Il tempo, come un fiume, scorre giorno e notte.[/quote]
Provate ad attraversare il fiume Yangtze. È quello che fa Gao Chun, giovane capitano di una minuscola nave cargo. Trasformate, per quanto possibile, questo viaggio nel Viaggio, quello di una vita. Yang Chao porta a Berlino uno dei film più ambiziosi ed evocativi di questa edizione, mescolando cultura, filosofia e religione e spingendo il tutto ad un livello molto alto.
Crosscurrent parla anche di una storia d’amore, anzi, come per il Viaggio, la Storia d’amore, con la maiuscola. Seguendo un poema in versi, Gao Chun risale lo Yangtze concedendosi delle tappe intermedie in cui incontra sempre lei, An Lu. Dolce An Lu. Relegare la vicenda a mero romanticismo o, peggio, sentimentalismo, sarebbe mortificante; lo sarebbe nell’ambito di un racconto in cui il confine tra la realtà ed il fantastico è perennemente sfumato.
Ma a far capo di tutto è sempre lui, il mistero. Crosscurrent è uno di quei film in cui una domanda è poca, due sono troppe. Al di là della distanza culturale, comprensibile per noi occidentali, vi è un ostinato rifiuto a voler far rientrare entro i binari di un percorso razionale. Che non significa giocare sporco tirando fuori la carta ambiguità per celare inconsistenza. Al contrario, la sintesi operata da Yang Chao è encomiabile poiché, malgrado tutto, riesce sistematicamente a fornirci degli appigli attraverso i quali seguire questa emozionante odissea personale.
Scelte che informano pressoché ogni aspetto del film, a partire dai sinuosi movimenti di camera per finire con l’intonazione dei versi, tutti contraddistinti da una placidità che induce davvero uno stato di pace. Quella quiete che è poi il fine al quale Gao Chun aspira senza nemmeno saperlo, rendendosi però conto di non potere mai fermarsi in un solo punto, poiché stasi uguale regresso; l’esatto contrario di Crosscurrent, che è invece il suggestivo resoconto di una crescita.
Deve partire, anche quando vorrebbe restare, anche se pure An Lu lo vorrebbe. Uno dei versi del poema recita che la «fede consiste nell’accettare senza paura l’incertezza», ed è esattamente quello che fa il protagonista, il quale tenta di mettere in pratica ogni singolo insegnamento, per quanto gli costi in termini di rinunce e sacrifici di ogni genere. Tuttavia non resta scosso, non troppo almeno, dai passi falsi, dalle contrarietà e le stranezze che di volta in volta incontra lungo il suo cammino. D’altronde il primo passo è accettarlo così per com’è, imperfetto ma personale, inalienabile.
È questa la prosa di Crosscurrent, prendere o lasciare. Un film che si misura costantemente con lo spettatore, spronandolo e provocandolo, non solo ad un livello puramente mentale; l’avventura del nostro protagonista, contraddistinta da situazioni ed eventi per lo più apparentemente irrilevanti, sa anche essere una lettera d’amore verso le capacità di questo medium, che qui vengono esplorate in lungo e in largo. Dando fiducia a chi lo segue, senza imboccarlo come si fa con gli incapaci. E vale davvero la pena darsi ad un così incantevole viaggio, senza tempo, che risuona alto, ma con docilità e umiltà. Finché anche ciascuno di noi non avrà più bisogno di attingere a quelle pagine e potrà disfarsene irrimediabilmente.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”8.5″ layout=”left”]
Crosscurrent (Chang Jiang Tu, Cina, 2016) di Yang Chao. Con Qin Hao, Xin Zhi Lei, Wu Lipeng, Wang Hongwei e Jiang Hualin.