Dietro i candelabri: le recensioni dagli Usa e dall’Italia
Cosa hanno scritto i critici Italiani e Americani su “Dietro i candelabri”?
Sono davvero curiosa di vedere Dietro i candelabri, voi l’avete già visto? Piaciuto o no? Nel frattempo vi segnalo la nostra recensione, l’omaggio grafico di Andrea Lupo e le recensioni Americane e Italiane che vi riporto qui sotto. Dietro i candelabri (Behind the Candelabra) è diretto da Steven Soderbergh ed interpretato da Matt Damon, Michael Douglas, Rob Lowe, Caroline Jaden Stussi, Dan Aykroyd, Max Napolitano, Boyd Holbrook, Scott Bakula, Debbie Reynolds e Cheyenne Jackson. Su Rotten, mentre scrivo, la percentuale delle recensioni positive è del 95%.
Jon Frosch – The Atlantic: dal ritmo vivace e costantemente divertente.
Robert Bianco – USA Today: il film è una festa visiva.
Joanne Ostrow – Denver Post: splendide e molto intime le performance di Michael Douglas e Matt Damon.
Washington Post: La storia raccontata è troppo deprimente, troppo vuota e, soprattutto, troppo morta e sepolta.
Mary McNamara – Los Angeles Times: Soderbergh è chiaramente affascinato, come siamo tutti, dal marciume sottostante lo sfarzo, ma anche con l’interpretazione di Michael Douglas, il film semplifica troppe cose.
Nancy DeWolf Smith – Wall Street Journal: Il glitter e il kitsch, e le sbalorditive performance di Michael Douglas e di Matt Damon, trasformano il film in una corsa sfrenata.
David Thomson – The New Republic: Michael Douglas è più che accettabile, ma Matt Damon ha creato un personaggio indimenticabile. Scott Thorson è sconosciuto e lui esce dal buio come la storia che deve essere raccontata.
Verne Gay – Newsday: morbosamente affascinante dall’inizio alla fine.
Willa Paskin – Salon.com: Soderbergh ritrae Liberace e Thorson come persone, non come stereotipi.
Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa: In una dosata miscela di commedia e dramma, la regia di Soderbergh assicura un’impeccabile intelaiatura formale in bilico fra vita e spettacolo, ma il valore assoluto della pellicola prodotta dalla televisiva HBO (e vincitrice di 11 Emmy) è la formidabile personificazione di Michael Douglas, che fra chimoni e parrucche fa emergere dell’istrionico professionista i contraddittori aspetti di genuina gentilezza e spietato calcolo. Nei panni del biondo, giovanissimo Scott, il quarantenne Matt Damon si intona al gioco indossando temerari slip di strass e grazie ai due attori, la discutibile storia d’amore diventa autentica e persino commovente.
Fabio Ferzetti – Il Messaggero: (…) Ultima star gay di un’epoca in cui la parola e la cultura “gay” proprio non esistevano.(…) Per capire perché Soderbergh ha dedicato un biopic insieme anomalo e classico ma tutto da godere a questo divo oggi dimenticato, bisogna aspettare il sottofinale.(…) film spesso esilarante e molto esplicito, sia pure senza insistenze sessuali.
Alberto Crespi – l’Unità: Molto divertente nella descrizione dello show business, diventa doloroso e commovente per come racconta la solitudine di un artista costretto a nascondere la propria identità profonda (…) è quasi un film di denuncia sulle storture dello star system. Douglas e Damon sono straordinari anche nelle roventi scene di sesso, e intorno a loro c’è un coro di caratteristi straordinari.
Maurizio Acerbi – il Giornale: E pensare che le major si erano rifiutate di produrlo, ritenendo il film “troppo gay”. A svelarlo è stato lo stesso Soderbergh e vengono i brividi al pensiero di quello che ci saremmo persi. (…) Sulla dissonanza tra camera da letto e palcoscenico, Soderbergh riesce a sviscerare un tema delicato, senza cadere in facili stereotipi. Oltretutto, usando due protagoniste che, nell’immaginario collettivo, sono l’emblema della mascolinità; il film deve tutto alla loro interpretazione, mai sopra le righe, eccellente in ogni sfaccettatura. E’ merito loro se vi calerete, rapiti, nel dramma di questa turbolenta relazione, comune, negli elementi scatenanti, a tante coppie, senza badare al sesso dei suoi protagonisti.
Roberto Nepoti – la Repubblica: Dietro i candelabri (…) non si può dire neppure un biopic. Liberace, infatti, è osservato attraverso gli occhi di un altro personaggio: Scott Thorson, giovane provinciale orfano che fu suo amante e convivente per cinque anni a partire dal 1977. (…) il film, sceneggiato da Richard LaGravenese sulla base del libro di memorie di Thorson, è una storia d’amore, intensa e con momenti di inaspettata dolcezza; e in cui la relazione omosessuale è trattata perfino con toni di prosaicità coniugale. Così sembra assurdo che gli studios hollywoodiani lo abbiano considerato “troppo gay”, rifiutando di produrlo; tanto che Soderbergh lo ha realizzato per la rete televisiva HBO (…) La cosa migliore di tutte, però, è l’equilibrio tra il rispetto per i personaggi (tanto più notevole trattandosi di gente dalle vite abnormi) e l’ironia che traversa la maggior parte delle scene; senza scadere nella caricatura ma tenendo la giusta distanza critica tra l’osservatore e il mondo che rappresenta, regno della superficialità e dell’apparenza più estreme. (…) D’obbligo spendere una parola sulle interpretazioni, che sono notevoli. Sia quella di Michael Douglas, capace di rendere umano e perfino simpatico un personaggio che, per le sue azioni, potrebbe risultare odioso. Sia quella di Matt Damon, che a quarant’anni suonati accetta la sfida di interpretare uno Scott molto più giovane (quando la relazione ebbe inizio aveva diciott’anni) senza che la cosa risulti mai ridicola.